08/08/2017 di Redazione

La Francia vuole tasse più severe e uniformi per i colossi del Web

Aziende come Google, Apple, Facebook, Amazon e Netflix presto potrebbero non godere più di tassazioni agevolate in alcuni Paesi europei. Il governo di Macron presenterà una nuova proposta per regole più semplici e armoniche nell'eurozona.

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Nel mirino dell'Europa, e in particolare della Francia, c'è (anche, e di nuovo) il gruppetto dei Faang, ovvero Facebook, Amazon, Apple, Netflix e Google, e con lui gli altri protagonisti del Web nordamericani, che fanno profitti nel Vecchio Continente con i propri social network, applicazioni e servizi. Nuove proposte di leggi fiscali, realizzate con la collaborazione del governo tedesco e di “altri partner”, sono in arrivo dal governo di Macron, secondo quanto riferito a Bloomberg dal ministro dell'Economia e delle Finanze francese, Bruno Le Maire: il testo prevede nuove “regole più semplici” e una “tassazione reale”, che sappia difendere gli interessi dell'Europa, terra di conquista per molte tech company statunitensi le quali però non corrispondono adeguati versamenti fiscali.

L'Europa”, ha dichiarato Le Maire ai giornalisti dal suo ufficio parigino, “deve imparare a difendere i propri interessi in modo molto più deciso. La Cina lo fa, gli Stati Uniti lo fanno. Non si possono ottenere vantaggi facendo business in Francia o in Europa senza pagare le tasse che le altre aziende, francesi o europee, pagano”. La lamentela riguarda un problema più volte emerso, e sempre negato o giustificato dalle multinazionali nordamericane: strutturando il business su più società controllate, si contabilizzano i profitti derivati dai clienti europei nel modo più vantaggioso dal punto di vista fiscale. Oppure si scelgono nazioni come l'Irlanda e Cipro, dove le aliquote imposte alle società estere sono notevolmente più basse.

Senza dimenticare casi più specifici, come i favori fiscali (sempre negati dalle due parti) che il fisco irlandese avrebbe concesso a Apple per più di un decennio, e che lo scorso anno sono sfociati nella maxi multa da 13 miliardi di euro. Il tema è controverso perché da un lato le società tecnologiche a stelle e strisce creano occupazione e indotto nei Paesi del Vecchio continente, aprendo filiali commerciali e data center, ma dall'altro monetizzano vendendo prodotti e servizi e raccogliendo dati dagli utenti europei.

Serva a mo' di esempio quanto scritto da Tim Cook, non senza retorica, un anno fa in una lettera aperta ai clienti della Mela: “Come azienda ci comportiamo da cittadini responsabili e siamo altrettanto orgogliosi di contribuire al benessere delle economie locali in tutta Europa e delle collettività in tutto il mondo. Crescendo anno dopo anno, siamo diventati il maggior contribuente in Irlanda, il maggior contribuente negli Stati Uniti e il maggior contribuente al mondo”.

 

(Foto: Apple)

 

 

La proposta francese sarà discussa a metà settembre in un incontro fra vertici dell'Unione Europea in programma a Tallin, Estonia, ed è parte di un più ampio progetto di armonizzazione fiscale che il governo di Macron vorrebbe si estendesse ai 19 Paesi dell'eurozona. La necessità di regole comuni, che facciano giocare ad armi pari gli Stati membri dell'Ue, appare evidente di fronte alle attuali discrepanze in materia di tassazione delle aziende estere: l'Irlanda e Cipro, con un'aliquota del 12,5%, rappresentano per la società straniere un eldorado fiscale allettante.

 

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