10/02/2016 di Redazione

La ghigliottina francese cala su Facebook, non rispetta la privacy

Per il garante della data protection transalpino, il social network non rispetta la riservatezza degli Internauti, tracciando con i cookie anche chi non è iscritto o loggato, e fa un uso poco chiaro dei dati personali. Una vecchia questione, che torna all

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Diciassette pagine di critiche e una minaccia di multe fino a 150mila euro: è la “ghigliottina” che l’autorità per la protezione dei dati francesi, la Commission Nationale de l'Informatique et des Libertés (Cnil), fa pendere sul collo di Facebook. In un documento lungo 17 pagine l’ente ha spiegato perché, a suo dire, il social network violi in più punti i principi della privacy degli internauti, siano essi iscritti a Facebookv oppure no. Due le questioni sul piatto: il già noto problema del tracciamento della navigazione Web tramite cookie e la momentanea assenza di regole sul trasferimento dei dati fra Europa e Stati Uniti.

Formalmente, le regole ci sono: dopo mesi di trattative, la scorsa settimana è stato approvato il Privacy Shield, cioè il nuovo patto Usa-Ue che sostituisce il Safe Harbor. Lo “scudo” è progettato in modo da garantire maggiori tutele di riservatezza ai cittadini rispetto all’utilizzo che sia le aziende statunitensi, sia agenzie di intelligence (come la Nsa) potrebbero fare dei loro dati. Alla Francia tutto questo, evidentemente, non è bastato o forse il Cnil ha colto l’attimo per pronunciarsi prima che il Privacy Shield diventi operativo.

La seconda questione, quella del tracciamento degli utenti sul Web, era già nota e non si è risolta nemmeno con il cambio di regole imposto ai siti Web con la segnalazione obbligatoria dell’attività di raccolta dei cookie. Il Cnil, infatti, imputa a Facebook la scorrettezza di tracciare tramite cookie non solo gli iscritti al social network che interagiscono con la piattaforma, ma anche i non iscritti (o chi in un dato momento naviga senza aver fatto login). L’azienda di Zuckerberg, infatti, può tener traccia dei like e delle visite su pagine visibili a tutti, in cui l’utente può incappare attraverso una ricerca Web.

L’organismo transalpino, rappresentato da Falque-Pierrotin, critica la piattaforma perché “monitora le attività degli internauti anche su siti terzi, e anche quando non sono neppure su un proprio account Facebook”. A questa accusa se ne lega una, ulteriore, di mancata trasparenza: Facebook “non chiede il consenso per il trattamento di dati che riguardano opinioni politiche, religiose, orientamento sessuale”. E poi la stoccata finale: lo sfruttamento dei dati, sensibili o meno che siano, per fini pubblicitari avviene “senza rispettare in modo adeguato la privacy e senza spiegare in modo chiaro agli utenti come mettere un freno a queste pratiche”.

 

 

Intenzionata a proteggere i 30 milioni di francesi iscritti a Facebook, la Cnil ha lasciato tre mesi di tempo all’azienda di Menlo Park per adeguarsi alle richieste di maggiore trasparenza e rispetto della privacy, oltre che per trovare un accordo alternativo al Safe Harbor che regoli i trasferimenti dei dati verso gli States. Facebook non ha fatto mancare una risposta di rito, sottolineando che “la salvaguardia della privacy di chi usa Facebook è il cuore di tutte le nostre attività. Non vediamo l’ora di poterci confrontare con la Cnil per rispondere alle loro preoccupazioni”.

 

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