18/11/2015 di Redazione

La lunga strada dei Paesi europei verso gli Open Data

I dati aperti sono cruciali per diversi settori, quello economico in primis: nei prossimi cinque anni porteranno a risparmi per le Pa pari a 1,7 miliardi di euro, con 75mila nuovi posti di lavoro. Ma tra i 28 Stati della Ue sussistono grandi differenze di

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Alcune cifre: riduzione del consumo di energia del 16%, risparmi per le pubbliche amministrazioni nei Paesi europei di 1,7 miliardi di euro, diminuzione del 5,5% di indicenti stradali fatali sulle strade. Questi sono soltanto alcuni dei vantaggi che potrebbe portare al “sistema Europa” un utilizzo efficiente degli Open Data: le informazioni raccolte, prodotte o pagate dagli enti pubblici che possono essere liberamente utilizzate, modificate e condivise da chiunque per qualsiasi scopo. Un mercato, quello dei dati aperti, che nei prossimi cinque genererà un valore diretto pari a 325 miliardi di euro, con i contributi principali derivanti in particolar modo dalla creazione di posti di lavoro, dal risparmio sui costi (182 milioni di euro solo in Italia) e da una maggiore efficienza generale. I dati provengono da due rapporti della Commissione Europea, condotti da Capgemini Consulting e intitolati “Creating Value through Open Data: Study on the Impact of Re-use of Public Data Resources” e “Open Data Maturity in Europe 2015: Insights into the European state of play”.

Per il primo studio, che riporta numeri e statistiche del mercato dei 28 Paesi Ue (più Islanda, Liechtenstein, Norvegia e Svizzera, definiti con la sigla Eu28+) nel 2016 verranno creati nel settore privato 75mila nuovi posti di lavoro, che diventeranno centomila nel 2020: una crescita del 32% in cinque anni, con un tasso medio annuale di 7,3 punti. A guidare la classifica la Germania, con circa 18mila posti, seguita dal Regno Unito (16mila) e dalla Francia (poco più di 12mila). Ai piedi del podio invece l’Italia, con quasi novemila nuovi assunti grazie agli Open Data.

Il settore che più beneficerà di un utilizzo corretto di queste informazioni sarà quello della Pubblica Amministrazione: il volume di mercato generato dai dati aperti varrà infatti per la Pa 22,1 miliardi di euro. A seguire, si trova il comparto industriale, con dieci miliardi, il commercio e i trasporti (9,9), il settore immobiliare (9) e i servizi professionali (8,3).

 

Fonte: Commissione Europea, Capgemini Consulting

 

Rilevante anche la crescita della portata degli Open Data sul prodotto interno lordo. Nel 2005, il loro impatto era pari allo 0,23% del Pil di tutta l’area Eu28+, per un valore di 12,1 miliardi di euro. Tra il 2006 e il 2015, il dato è cresciuto più rapidamente del Pil combinato di tutti i Paesi, grazie a un elevato tasso di maturità nel comparto dei membri dell’Unione Europea. Se nel 2015 la proiezione arriva allo 0,35%, nel 2020 si giungerà a quasi mezzo punto percentuale (0,47%).

Per misurare il grado di maturità degli Open Data, lo studio di Capgemini si è basato su due indicatori chiave: la disponibilità delle informazioni e la maturità dei singoli portali centralizzati. Questi fattori riguardano sia la maturità delle politiche nazionali a sostegno dei dati aperti, sia la valutazione delle funzioni messe a disposizione negli archivi nazionali. Il report dimostra che i Paesi EU28+, in media, hanno completato il 44% del percorso verso la piena maturità degli Open Data e che esistono grandi differenze tra i singoli Stati.

Un terzo di loro (32%) sta aprendo la strada adottando solide politiche, norme per la gestione delle licenze, buon traffico sul portale e numerose iniziative ed eventi locali per promuovere gli Open Data e il loro riutilizzo. Un comportamento virtuoso, riconosciuto a livello mondiale. Il primo Paese europeo a inaugurare un portale per i dati aperti è stata la Spagna, nel 2009, seguita un anno dopo da Slovenia e Regno Unito. L’Italia si è aggiunta all’elenco nel 2011, insieme a Belgio, Estonia, Francia, Paesi Bassi, Norvegia e Portogallo.

 

Fonte: Commissione Europea, Capgemini Consulting

 

Quello che resta da fare per la maturità completa

Ma, sottolinea il report, la strada per una piena maturità del comparto è ancora lunga, in particolare nelle aree del continente meno sviluppate dal punto di vista economico. Le raccomandazioni fornite da Capgemini Consulting, che ha contribuito all’implementazione del portale europeo insieme ad altre realtà pubbliche e private, includono per esempio una maggiore conoscenza di queste pratiche tra cittadini e aziende, lo sviluppo di linee guida nazionali per i domini di priorità e per la frequenza di rilascio dei dati, la misurazione del successo delle singole iniziative e, inoltre, l’aggiunta di funzionalità base ai portali per stimolarne e facilitarne l’utilizzo.

Quest’ultimo aspetto è cruciale, perché l’accesso alle informazioni è ovviamente agevolato dalla presenza di un portale centralizzato (presente nell’87% dei Paesi europei), anche se non necessariamente correlato. Secondo lo studio “Open Data Maturity in Europe 2015: Insights into the European state of play”, dei 17 Stati che hanno fornito i dati di accesso all’hub, il numero di visitatori mensili varia dai duecento (Austria) ai 175mila (Regno Unito), con una media di quasi 23mila accessi.

Al momento, sul portale europeo sono disponibili oltre 240mila dataset referenziati provenienti da 34 Paesi del Vecchio Continente. Attraverso l’hub è possibile accedere agevolmente ai dati pubblici di tutta Europa, con oltre 13 categorie di classificazione dei contenuti, che vanno dalla salute al trasporto, passando per istruzione, scienza e giustizia. Chiunque può cercare, accedere e riutilizzare informazioni complete per qualsiasi scopo. La gamma dei dati disponibili è estremamente ampia: dai record sulla criminalità a Helsinki, alla mobilità del lavoro nei Paesi Bassi, alle mappe forestali in Francia, all'impatto della digitalizzazione in Polonia.

 

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