18/01/2019 di Redazione

“La privacy deve essere on demand”, parola di Tim Cook

In un editoriale sul Time il Ceo di Apple chiede a gran voce al Congresso statunitense di approvare un’ampia riforma sulla tutela del privato, creando una stanza di compensazione per i broker di dati, in modo che i consumatori possano accedere in ogni mom

immagine.jpg

Tim Cook lancia un nuovo appello per proteggere la privacy di tutti. L’amministratore delegato di Apple ha pubblicato un editoriale sul Time, in cui chiede a tutti di “alzarsi in piedi” per reclamare a gran voce il diritto alla protezione dei dati personali. Secondo il Ceo gli Stati Uniti dovrebbero lavorare, iniziando da una legge a livello federale, per arrivare alla cosiddetta “privacy on demand”, che permetta agli utenti di tenere costantemente traccia delle informazioni in possesso delle aziende e di cancellarle in tempo reale. “I consumatori non dovrebbero tollerare un altro anno di società che ammassano in modo irresponsabile i profili utente, data breach che sembrano fuori controllo e l’evanescente possibilità di controllare le nostre vite digitali”, ha scritto Cook sul Time. Difficile non vedere un’aspra critica a chi, come Facebook, è stato protagonista nel 2018 di una lunga serie di scandali e vicende oscure riguardanti la tutela delle informazioni private.

Per Cook, comunque, la complicata situazione attuale rappresenta un non problema, definendola perfettamente “risolvibile, non è né troppo grande, né eccessivamente sfidante”. E, cosa più importante, c’è ancora tempo per agire. La soluzione va cercata nella tecnologia e nell’innovazione, che permetteranno di mettere nelle mani dei consumatori i giusti strumenti per regolare nei minimi dettagli le proprie vite digitali.

“Chiediamo a gran voce al Congresso di approvare un’ampia legislazione federale sulla privacy, che diventi un punto di riferimento”, ha sottolineato il Ceo, aggiungendo i quattro punti su cui dovrebbe basarsi la riforma. Innanzitutto, il diritto alla minimizzazione dei dati: le aziende dovrebbero ottenere solo le informazioni strettamente necessarie o, se possibile, evitarne completamente la raccolta.

Il secondo punto riguarda il diritto alla conoscenza: i consumatori dovrebbero sapere sempre quali dati vengono registrati e perché. Un pilastro che si ricollega alla terza e alla quarta questione fondamentale, vale a dire il diritto all’accesso (con la possibilità di correggere ed eliminare eventualmente i contenuti) e alla sicurezza.

Come fare quindi per risolvere i problemi attuali? Cook propone l’istituzione di una stanza di compensazione (clearinghouse) per i broker di dati, vale a dire tutte quelle realtà il cui unico scopo è ottenere informazioni dalle aziende che operano online, come le piattaforme di e-commerce, per poi rivenderle profilate a terzi. Un business che l’amministratore delegato di Apple ha definito “oscuro” e “ampiamente incontrollato”.

Tutti i broker dovrebbero quindi registrarsi alla stanza di compensazione, gestita dalla Federal Trade Commission (Ftc), dando così ai consumatori la possibilità di tracciare le transazioni con cui le loro informazioni sono state vendute e di cancellare i dati su richiesta, facilmente, online e una volta per tutte. La strada non appare semplice da percorrere, ma per Cook non c’è più tempo da perdere: “Non possiamo perdere di vista l’elettorato più importante: le persone che vogliono riappropriarsi della privacy […]. La tecnologia può cambiare il mondo in positivo, ma non ce la farà mai senza la piena fiducia della gente che la utilizza”.

 

ARTICOLI CORRELATI