13/09/2019 di Redazione

Le mancate tasse francesi costano a Google quasi un miliardo di euro

Con una multa da 500 milioni di euro e il recupero di 465 milioni di versamenti arretrati si chiude l’indagine avviata nel 2016 sui mancati versamenti di Google Irlanda alla Francia.

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La Francia si riprende da Google ciò che le spetta, oltre a un corposo risarcimento danni, per le tasse non pagate tra il 2011 e il 2016 da Google Irlanda al fisco francese. Si è chiusa con un patteggiamento del valore complessivo di quasi un miliardo di euro un'indagine avviata nel 2016 su presunti ammanchi fiscali: ricavi derivanti dall'erogazione di servizi vari (advertising, innanzitutto) diretti su utenti francesi, non dichiarati.

 

Ieri il pubblico ministero Pierre-Olivier Amadee-Manesme ha annunciato al Parquet National Financier (tribunale che giudica i presunti reati finanziari) che Google Irlanda pagherà una multa da 500 milioni di euro per chiudere la questione, nonché dovrà corrispondere anche 465 milioni di euro per saldare i mancati versamenti. Sommando multa e tasse arretrate, il conto arriva a 965 milioni di euro.

 

A Google è andata ancora bene, considerando la richiesta iniziale fatta dai Pm nel 2016 era di 1,6 miliardi di dollari. Di certo l’accaduto dimostra come Oltralpe il livello di guardia verso i colossi della Silicon Valley si sia ormai alzato irreversibilmente. All’azione giudiziaria fa da contrappeso quella legislativa: anche la Francia, al pari dell’Italia, ha recentemente varato una Web tax che trattiene il 3% dai profitti delle grandi società di servizi digitali e advertising ricavati nel Paese.

 

Negli ultimi anni le questioni fiscali sono diventate, insieme a quelle di antitrust e di privacy, una delle più dolorose spine nel fianco per colossi come Google, Amazon e Facebook: ormai non si contano le indagini europee e nazionali su presunte scorrettezze nei confronti del fisco, della concorrenza o degli utenti. Esemplare e ancora impareggiata resta la multa da 14,3 miliardi di euro inflitta a Apple nel 2016 dall'antitrust della Commissione Europea, per via dei mancati versamenti al (consenziente) fisco irlandese. Nella verde isola, come noto, le grandi società proprietarie di data center vengono tenute in palmo di mano in virtù dell’indotto e dei benefici occupazionali garantiti all’Irlanda, e dunque in quel caso il governo di Dublino è stato quasi costretto ad accettare il pagamento.

 

 

 

 

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