29/09/2017 di Redazione

Le memorie di Toshiba trovano una casa con molti inquilini

Formalizzata la cessione del business di Tmc alla cordata guidata dal private equity Bain Capital, che metterà sul piatto 18 miliardi di dollari. Ma lo schema è complesso: il colosso giapponese manterrà il pacchetto di maggioranza, insieme ad Hoya, della

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La divisione chip di Toshiba diventa un patchwork. Il travagliato colosso giapponese ha ufficializzato la cessione della propria divisione Memory Corporation (Tmc) alla cordata guidata da Bain Capital Lp, per una cifra che si aggira attorno ai 18 miliardi di dollari. Un accordo arrivato dopo un tira e molla estenuante che ha visto da un lato il consorzio capitanato dal private equity statunitense e dall’altra Western Digital, con cui in teoria Toshiba aveva già trovato un’intesa preliminare (le due società hanno una joint venture in essere, chiamata Fast Forward). Poi evidentemente sfumata. Del gruppone di acquirenti fanno parte, tra gli altri, anche Apple, Dell Technologies, Kingston, Seagate ed Sk Hynix (sudcoreana). Il complicato schema d’acquisizione farà però sì che Tmc rimarrà sostanzialmente in mani giapponesi, con oltre il 50 per cento di quote. L’azienda sarà infatti governata da una nuova holding creata ad hoc, chiamata Pangea, che muoverà i fili del business.

Dietro le quinte rimarranno quindi la stessa Toshiba, che si è impegnata a reinvestire oltre tre miliardi di dollari, Hoya (attiva nel medicale) con 240 milioni e nomi sparsi del grande capitalismo nipponico, pubblico e privato: da Incj alla Development Bank of Japan. L’obiettivo di Toshiba sembra comunque essere raggiunto: la liquidità in arrivo servirà per coprire le perdite del business nucleare negli Usa e a evitare un disastroso delisting dalla Borsa di Tokyo.

L’accordo dovrebbe essere finalizzato entro il 31 marzo dell’anno prossimo e il gruppo giapponese ha pianificato di aggiustare i conti entro il termine dell’esercizio fiscale, che finisce proprio il 31 marzo. Fra i possibili ostacoli al semaforo verde si trovano l’authority antitrust del Sol Levante, anche se visti i dettagli del deal si dovrebbe trattare di un pericolo minore, oltre alla disputa legale avviata dalla “tradita” Western Digital.

Potrebbe essere questa la grana principale. Wd, infatti, era a un passo dall’intesa con Toshiba per l’acquisto della divisione che produce memorie flash, la seconda più grande del mondo per volumi, ma a metà settembre il colosso giapponese aveva firmato a sorpresa un memorandum d’intesa con Bain Capital. “Siamo delusi”, aveva spiegato Western Digital in una nota, “del fatto che Toshiba abbia compiuto questa scelta nonostante gli incessanti tentativi di Wd di raggiungere un accordo che sia nel migliore interessi di tutte le parti coinvolte”.

 

 

A esultare è però anche Apple. Per l’approvvigionamento dei chip di memoria, la Mela dipende fortemente da Samsung, che controlla circa il 40 per cento del mercato: il chaebol sudcoreano avrebbe potuto approfittare della crisi di Toshiba, suo diretto competitor, per allargare la propria presenza e intervenire eventualmente sui prezzi. Una posizione dominante che avrebbe ostacolato i giochi di Cupertino.

Secondo indiscrezioni, Apple avrebbe messo sul piatto ben sette miliardi di dollari. Il team di aziende statunitensi, insieme alla sudcoreana Sk Hynix (la quale non potrà accedere direttamente alle informazioni sensibili di Tmc e per dieci anni non potrà avere più del 15 per cento dei diritti di voto), non riceverà comunque azioni con diritto di voto. Come anticipato, Bain Capital deterrà il 49,9 per cento della holding, lasciando almeno formalmente il controllo del pacchetto di maggioranza a Toshiba e Hoya.

 

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