18/11/2016 di Redazione

LinkedIn bloccato in Russia, guai in vista per Facebook e Twitter?

Per volere del Roskomnadzor, il servizio di emanazione governativa con responsabilità sulle comunicazioni, milioni di iscritti non potranno più accedere al social network lavorativo. La “colpa” di LinkedIn è comune ad altri: non conserva i dati entro i co

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Guai a usare la parola “censura”: per il Cremlino, il blocco di LinkedIn è solo la conseguenza del mancato rispetto sulle regole nazionali in merito alla conservazione dei dati. In Russia è stato deciso il blocco del social network, senza specifiche sulle tempistiche di un eventuale ripristino, il che significa che gli iscritti al servizio residenti nel Paese non potranno più accedervi. Settimane fa il Roskomnadzor, cioè l’ente di emanazione governativa con responsabilità sulle comunicazioni, aveva esposto le proprie riserve, giungendo poi nella giornata di ieri all’annuncio. Le colpe di LinkedIn sarebbero due: quella di conservare i dati degli utenti all’estero (dunque non su server collocati all’interno dei confini russi, come invece previsto dalla legge locale) e quella di raccogliere e utilizzare informazioni su chi transita dalle sue pagine, anche se non iscritto alla piattaforma social.

Già in agosto un tribunale di Mosca aveva giudicato colpevole LinkedIn di questi due capi d’accusa. Il Roskomnadzor aveva poi annunciato possibili mosse in direzione di un blocco del servizio. E a nulla era servito il tentativo di ricorso della società californiana, respinto qualche giorno fa dal tribunale. Dunque al momento si è optato per il blocco, non senza il sospetto (specie fra i commentatori statunitensi) che alla base esistano motivazioni ulteriori rispetto alle preoccupazioni di privacy.

“La visione di LinkedIn”, recita la nota ufficiale rilasciata dall’azienda, “è quella di creare opportunità economiche per i lavoratori di tutto il mondo. Stiamo ricevendo segnalazioni da nostri iscritti in Russia che non riescono più ad accedere. L’azioni di blocco di LinkedIn voluta dal Roskomnadzor nega la possibilità di accesso i milioni di nostri iscritti in Russia e alle aziende che utilizzano LinkedIn per far crescere il proprio business. Continuiamo a voler incontrare il Roskomnadzor per discutere le sue richieste sulla localizzazione dei dati”.

 

Il tenore di molti commenti su Twitter: si allude alla censura

 

Come fatto notare da Engadget, risiedono nella patria di Putin appena cinque dei 467 milioni di iscritti alla piattaforma. Perché prendersela proprio con questo bersaglio, quando social network come Facebook e Twitter portano avanti le medesime pratiche di trattamento dei dati e su numeri ben superiori? Da un lato, potrebbero aver pesato i precedenti: le scaramucce fra il Cremlino e LinkedIn erano iniziate già nel 2010, in seguito a un episodio di data loss per cui da Mosca erano partite richieste di spiegazione, mai soddisfatte, sulle modalità di trattamento e conservazione delle informazioni. Un’altra teoria è che la Russia se la sia presa con un sito relativamente piccolo per mettere in guardia quelli più grandi sul fatto che con la legge locale non si scherza. Se così fosse, Facebook e Twitter dovrebbero iniziare a preoccuparsi.

Come noto, LinkedIn attende di poter essere acquisita da Microsoft, non senza affrontare qualche difficoltà: l’accordo da 26,2 miliardi di dollari, firmato in estate, deve passare l’esame della Commissione Europea, che è preoccupata di possibili alterazioni della concorrenza e di eccessive ingerenze nella privacy degli iscritti al social network da parte della casa di Redmond. Intanto il business galoppa: il fatturato del terzo trimestre, 960 milioni di dollari, ha superato le stime degli analisti e segnato una crescita del 23% anno su anno.

 

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