18/07/2013 di Redazione

Marketing multicanale, ma in carenza di intelligence

Un’indagine condotta a inizio 2013 da Teradata eCircle, in collaborazione con Human Highway ha svelato che per i direttori marketing italiani il mix di canali offline e online non è più un segreto. Quello che manca, per il 69% del campione, è la capacità

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Non è un segreto per nessuno che negli ultimi anni gli investimenti pubblicitari, un po’ in tutti i settori e per tutte le dimensioni di impresa, si siano spostati sempre più dai media tradizionali ai canali digitali. Oggi, tuttavia, non si può più parlare genericamente di pubbliciità e comunicazione sul Web. L’era dei social media e della mobilità ha aperto nuovi scenari in termini di relazioni con il cliente, possibilità di fidelizzazione e di misurazione dei risultati: eppure, proprio sotto questo ultimi aspetto in Italia siamo ancora a metà del percorso.

Dall'indagine di Teradata eCircle/Human Highway


I 50 fra direttori marketing e chief marketing officer intervistati a inizio di quest’anno da un’indagine di Teradata eCircle condotta in collaborazione con Human Highway (titolo L’evoluzione della Comunicazione Multicanale. Le nuove sfide e opportunità per i Chief Marketing Officer Italiani nel 2013) ne sono la prova. Di questo campione, selezionato da “alcune fra le più importanti aziende italiane”, ben il 92% ha dichiarato che il processo di esecuzione delle campagne non è strutturato, mentre il 25% non è in grado di misurare correttamente il Roi delle azioni di marketing intraprese.

La “base di partenza”, in termini di cultura del marketing e di azioni concrete, è buona: il 52% dei dirigenti intervisti considera la multicanalità come l’elemento chiave per raggiungere i propri obiettivi. In questo mix di canali, quelli non tradizionali sono certamente i più interessanti, e nello specifico soprattutto i social media e il mobile (con aumenti di budget nell’ordine dell’8%), seguiti dal Web (+4%) e dalla posta elettronica (+2%). L’email marketing, fra l’altro, pur non rappresentando certo l’utima frontiera rimane uno dei mezzi più stratetigici per sviluppare la relazione brand-cliente e incrementare la fidelizzazione.

“La nostra survey”, afferma Maurizio Alberti, managing director di Teradata eCircle Italia, “dimostra come il marketing data-driven oggi giochi un ruolo altamente strategico nel coinvolgere e conquistare nuovi clienti, che sono sempre più esperti ed esigenti. La molteplicità dei canali di comunicazione, oltre che di vendita e di servizio, trasforma le campagne di marketing in un continuo inseguimento del consumatore su una pluralità di touch point, sui quali è necessario essere presenti con gli opportuni codici espressivi e gli adeguati modelli d’ingaggio e stimolo dell’attenzione”.



I punti critici del marketing nostrano
Viste queste buone premesse, che cosa ancora non funziona, dunque? Come accennato, oltre nove chief marketing officer su dieci (92%) affermano che il processo di creazione, approvazione ed esecuzione delle campagne nella propria azienda avviene in modo destrutturato e senza l’ausilio di alcun tool specifico di marketing operation; inoltre, il 75% dei rispondenti dichiara di pianificare il proprio budget annuale semplicemente con riunioni e incontri, mentre il 56% utilizza ancora fogli Excel per gestire e monitorare l’utilizzo della somma a disposizione.

Inoltre, sono in molti a lamentarsi dell’insufficiente capacità di misurazione dei risultati ottenuti con le operazioni di marketing. A parte le carenze materiali (il 60% degli intervistati ha citato il problema del budget insufficiente), i principali ostacoli al raggiungimento degli obiettivi di marketing risultano essere l’arretratezza culturale dell’azienda nei confronti dei metodi innovativi e dei new media (ne parla il 27% del campione), la mancata misurazione dei risultati (25%), nonché una marketing intelligence troppo povera (21%). Inoltre, il 17% ha sottolineato la mancanza di integrazione fra canali online e offline e una pari percentuale ha puntato il dito contro l’assenza o scarsità di dati sullo scenario di marketing in cui si va a operare.

“La gestione destrutturata e disorganizzata di processi e attività comporta una costante dispersione delle risorse, sia in termini di budget che di personale”, aggiunge Alberti. “ Fortunatamente questi forti limiti vengono percepiti dai chief marketing officer italiani come i principali ostacoli nel raggiungimento degli obiettivi aziendali (vincoli di budget 60%, risorse limitate 15%), e la notizia positiva è che molti di loro sono finalmente pronti per intervenire”.



Un futuro più consapevole
La chiave per il successo, nei prossimi anni, sarà quella di sfruttare al meglio la gestione dei dati e dunque l’intelligenza derivabile da essi per attività di marketing più consapevoli: l’indagine le definisce “data-driven”, cioè nate su precisa indicazione dei dati (e del loro aggiornamento in tempo reale) e non su propositi astratti, e a caldeggiare per questo approccio è il 69% degli intervistati. L’accesso a dati, reportistica e informazioni da un unico sistema consentirebbe ai Cmi di acquisire vantaggio competitivo e di creare campagne più efficaci e performanti, in quanto basate su specifici criteri di segmentazione  ricalibrate in tempo reale in base alle reazioni dei consumatori.

Inoltre, l’adozione di un sistema puntuale e accurato per dimostrare il Romi (Return on marketing investment) sta diventando una necessità sempre più sentita. Più in generale, il 44% dei Cmo italiani interpellati da Teradata eCircle afferma di voler migliorare i processi di marketing all’interno dell’azienda per cui lavora. Marketing ad maiora, dunque, anche e soprattutto grazie alla tecnologia.

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