Non è un segreto per nessuno che negli ultimi anni gli investimenti pubblicitari, un po’ in tutti i settori e per tutte le dimensioni di impresa, si siano spostati sempre più dai media tradizionali ai canali digitali. Oggi, tuttavia, non si può più parlare genericamente di pubbliciità e comunicazione sul Web. L’era dei social media e della mobilità ha aperto nuovi scenari in termini di relazioni con il cliente, possibilità di fidelizzazione e di misurazione dei risultati: eppure, proprio sotto questo ultimi aspetto in Italia siamo ancora a metà del percorso.
Dall'indagine di Teradata eCircle/Human Highway
I
50 fra direttori marketing e chief marketing officer intervistati a inizio di quest’anno da un’i
ndagine di Teradata eCircle condotta in collaborazione con Human Highway (titolo
L’evoluzione della Comunicazione Multicanale. Le nuove sfide e opportunità per i Chief Marketing Officer Italiani nel 2013) ne sono la prova. Di questo campione, selezionato da “alcune fra le più importanti aziende italiane”, ben il
92% ha dichiarato che
il processo di esecuzione delle campagne non è strutturato, mentre
il 25% non è in grado di misurare correttamente il Roi delle azioni di marketing intraprese.
La “base di partenza”, in termini di cultura del marketing e di azioni concrete, è buona: il 52% dei dirigenti intervisti considera la
multicanalità come l’elemento chiave per raggiungere i propri obiettivi. In questo mix di canali, quelli non tradizionali sono certamente i più interessanti, e nello specifico soprattutto i social media e il mobile (con aumenti di budget nell’ordine dell’8%), seguiti dal Web (+4%) e dalla posta elettronica (+2%). L’email marketing, fra l’altro, pur non rappresentando certo l’utima frontiera rimane uno dei mezzi più stratetigici per sviluppare la relazione brand-cliente e incrementare la fidelizzazione.
“La nostra survey”, afferma
Maurizio Alberti, managing director di Teradata eCircle Italia, “dimostra come il marketing data-driven oggi giochi un ruolo altamente strategico nel coinvolgere e conquistare nuovi clienti, che sono sempre più esperti ed esigenti. La molteplicità dei canali di comunicazione, oltre che di vendita e di servizio, trasforma le campagne di marketing in un continuo inseguimento del consumatore su una pluralità di touch point, sui quali è necessario essere presenti con gli opportuni codici espressivi e gli adeguati modelli d’ingaggio e stimolo dell’attenzione”.
I punti critici del marketing nostranoViste queste buone premesse, che cosa ancora non funziona, dunque? Come accennato, oltre nove chief marketing officer su dieci (92%) affermano che il processo di creazione, approvazione ed esecuzione delle campagne nella propria azienda avviene in modo destrutturato e senza l’ausilio di alcun tool specifico di marketing operation; inoltre, il 75% dei rispondenti dichiara di pianificare il proprio budget annuale semplicemente con riunioni e incontri, mentre il 56% utilizza ancora fogli Excel per gestire e monitorare l’utilizzo della somma a disposizione.
Inoltre, sono in molti a lamentarsi dell’insufficiente capacità di misurazione dei risultati ottenuti con le operazioni di marketing. A parte le carenze materiali (il 60% degli intervistati ha citato il problema del budget insufficiente), i principali ostacoli al raggiungimento degli obiettivi di marketing risultano essere l’
arretratezza culturale dell’azienda nei confronti dei metodi innovativi e dei new media (ne parla il 27% del campione), la
mancata misurazione dei risultati (25%), nonché una marketing intelligence troppo povera (21%). Inoltre, il 17% ha sottolineato la
mancanza di integrazione fra canali online e offline e una pari percentuale ha puntato il dito contro l’assenza o scarsità di dati sullo scenario di marketing in cui si va a operare.
“La gestione destrutturata e disorganizzata di processi e attività comporta una costante dispersione delle risorse, sia in termini di budget che di personale”, aggiunge Alberti. “ Fortunatamente questi forti limiti vengono percepiti dai chief marketing officer italiani come i principali ostacoli nel raggiungimento degli obiettivi aziendali (vincoli di budget 60%, risorse limitate 15%), e la notizia positiva è che molti di loro sono finalmente pronti per intervenire”.
Un futuro più consapevoleLa chiave per il successo, nei prossimi anni, sarà quella di sfruttare al meglio la gestione dei dati e dunque l’intelligenza derivabile da essi per attività di marketing più consapevoli: l’indagine le definisce
“data-driven”, cioè nate su precisa indicazione dei dati (e del loro aggiornamento in tempo reale) e non su propositi astratti, e a caldeggiare per questo approccio è il 69% degli intervistati. L’accesso a dati, reportistica e informazioni da un unico sistema consentirebbe ai Cmi di acquisire vantaggio competitivo e di creare campagne più efficaci e performanti, in quanto basate su specifici criteri di segmentazione ricalibrate in tempo reale in base alle reazioni dei consumatori.
Inoltre, l’adozione di un sistema puntuale e accurato per dimostrare il Romi (Return on marketing investment) sta diventando una necessità sempre più sentita. Più in generale, il 44% dei Cmo italiani interpellati da Teradata eCircle afferma di voler migliorare i processi di marketing all’interno dell’azienda per cui lavora. Marketing ad maiora, dunque, anche e soprattutto grazie alla tecnologia.