08/02/2016 di Redazione

Marketplace di applicazioni, il mercato della disuguaglianza

Un’indagine di Mozilla e Caribou Digital svela la geografia della “app economy”, un mappamondo ancora tutto sbilanciato a favore degli Stati più ricchi. Il 95% del giro d’affari è spartito fra soli dieci Paesi, e l’81% degli sviluppatori risiede in nazion

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Il valore dell’uguaglianza fatica a trovare spazio nella cosiddetta “app economy”. Da una ricerca sponsorizzata da Mozilla e condotta dal gruppo britannico Caribou Digital emerge uno scenario di forte disequilibrio: il 95% del giro d’affari di Google Play e App Store è concentrato in soli dieci Paesi. E le economie ricche danno i natali all’81% degli sviluppatori che pubblicano i loro prodotti sui due store per Android e iOS.

Più che di uguaglianza è dunque corretto parlare di pari opportunità di accesso alle occasioni di guadagno offerte dai marketplace agli sviluppatori. Sebbene l’uguaglianza teorica sia garantita, nella pratica chi risiede in un Paese emergente o in un’economia svantaggiata fa più fatica sia a rendere visibili, sia a far fruttare le proprie app con download a pagamento o altre forme di monetizzazione. Nel suo studio, Caribou Digital ha preso in esame i prodotti degli ottomila sviluppatori (di 37 nazionalità) ai vertici delle classifiche di Google Play e di App Store; ha poi analizzato, per entrambi i negozi digitali, le 500 app più scaricate e le 500 più redditizie.

 

I Paesi considerati nell'analisi

 

Export, che fatica
Con queste variabili è stato, dunque, possibile valutare il successo delle 37 nazioni nell’app economy sia in base al numero di applicazioni e di download realizzati, sia in base alla capacità di “esportazione” in altri Paesi. “L’analisi”, scrivono i ricercatori, “rivela che, nonostante l’appeal egalitario dell’app economy, la partecipazione degli sviluppatori a questa economia tende pesantemente verso le nazioni più grandi e più ricche, in testa gli Stati Uniti, il Giappone e la Cina”.

I mercati emergenti convogliano, invece, appena l’1% del giro d’affari generato su App Store e Google Play. Fra i motivi dello scarsi successo c’è la fatica a esportare: che sia essa dovuta a barriere linguistiche, alla scarsa visibilità o alla semplice abitudine degli utenti a rivolgersi naturalmente ai top developer (che dunque rientrano nella rosa dei mercati già ricchi), questa fatica si legge chiaramente nei numeri. Nei Paesi a basso reddito, la percentuale di sviluppatori che non riesce a vendere bene la propria app all’estero è del 69%, mentre nei Paesi ad alto reddito si ferma al 29%. Al contrario, Stati Uniti Cina, Giappone, Corea del Sud e Taiwan spopolano non solo nel mercato interno ma anche su quelli stranieri.

 

 

La modesta posizione italiana
La posizione dei developer italiani è duplice. Da un lato, lo Stivale si colloca al diciannovesimo posto nella classifica dei Paesi con il maggior numero di sviluppatori “top”: detto altrimenti, nelle top-500 di Google Play e App Store (per numero di download e ricavi) l’1,9% degli autori di app è italiano. Ma ci limitiamo comunque a generare soltanto lo 0,1% del valore complessivo del mercato.

Ben altri numeri può vantare il Regno Unito, i cui ideatori di app (certo facilitati anche da motivi linguistici) sono il gruppo nazionale più numeroso in Europa e il terzo nel mondo dopo Stati Uniti e Cina. E non solo il 6,3% degli sviluppatori “top” proviene dai qui, ma i britannici detengono il 6,8% del giro d’affari. Come si nota, rispetto all’Italia il rapporto fra popolarità delle app e monetizzazione è ben più bilanciato.

La Germania è settima, con una percentuale di sviluppatori “top” pari al 4,1% e un giro d’affari corrispondente all0’1,6% del totale. Decimo posto per la Spagna se si guarda al numero di sviluppatori in classifica, il 3,2%, ma ben più piccola (appena lo 0,4%) è la fetta fi fatturato; situazione speculare per la Francia, undicesima con il 3% ma ben posizionata in quanto a “esportazioni” e capace di generare il 2,5% del valore del mercato.

 

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