14/03/2019 di Redazione

Messaggi privati e dati spiati da terzi: indagine penale su Facebook

Secondo il New York Times, le autorità federali stanno indagando sull’azienda di Zuckerberg per aver concesso ad aziende come Microsoft, Spotify e Netflix di accedere a informazioni riservate degli iscritti e, addirittura, alle conversazioni di Messenger.

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Ancora problemi seri per Facebook, più del blackout che ieri sera, a macchia di leopardo, ha interessato la piattaforma social, Messenger, Instagram e Whatsapp, impedendo a molti utenti l’uso dei servizi. La vera cattiva notizia, svelata dal New York Times, è quella di un’indagine penale in corso negli Stati Uniti, riguardante i permessi di accesso ai dati di cui godevano alcune società partner di Facebook. A dimostrazione dei presunti illeciti ci sarebbero “centinaia di pagine di documenti” raccolti dalla magistratura federale newyorkese e visionati dai giornalisti: documenti provenienti dalla stessa azienda di Menlo Park, che tenevano traccia degli accordi stretti con società partner nel 2017, e che rappresentano ad oggi la più completa fotografia delle pratiche di condivisione dati del social network.

I dati degli utenti, e ormai non ci stupiamo più, venivano trattati come moneta di scambio tra Facebook e i suoi partner. D’altra parte così fan tutti, ma dai documenti emergerebbe come le società terze abbiano avuto una visibilità su questi dati ancor maggiore di quanto emerso finora (per esempio da precedenti denunce del New York Times) e a dispetto delle impostazioni di privacy selezionate dagli utenti per il proprio profilo. Addirittura, alcuni avrebbero potuto leggere i messaggi privati scambiati tramite Messenger.

Ma chi sono i partner “privilegiati” su cui si indaga? Secondo chi ha visto i documenti, si tratterebbe di circa 150 aziende, tra le quali Amazon, Apple, Microsoft, Netflix, Sony, Spotify. La società di Menlo Park, scrive il NYT, “ha permesso al motore di ricerca di Microsoft, Bing, di vedere i nomi di potenzialmente tutti gli amici degli utenti senza il loro permesso, come mostrato dai documenti, e ha dato a Netflix e Spotify la capacità di leggere i messaggi privati degli utenti di Facebook”. A detta di due fonti confidenziali, sarebbero indagati anche due tra i principali produttori di smartphone e dispositivi tecnologici. Gli accordi di cui si parla erano certamente in vigore tra il 2010 e il 2017 (anno a cui risalgono i documenti), ma non è da escludere che alcuni lo siano ancora.

 

 

 

Come se non bastassero i guai newyorkesi, in California è ancora in corso un’altra indagine penale sul caso di Cambridge Analytica e sull’indebito accesso ai dati di 87 milioni di utenti concesso alla società di digital marketing britannica. Sul piano civile, invece, potrebbero giungere sazioni dalla Federal Trade Commission (Ftc) e dalla Security Exchange Commission (Sec), autorità di regolamentazione anch’esse impegnate a far luce sulla vicenda. Un portavoce ha replicato alla notizia di ieri facendo che la società sta “cooperando con gli inquirenti”, che “ha preso molto seriamente queste indagini” e “fornito testimonianze pubbliche, risposto a domande e si sia impegnata a continuare a farlo”. In ogni caso, alla luce di questi nuovi fatti, appare sempre meno credibile l’immagine di una Facebook futura “paladina della privacy”, come quella che ha cercato di dipingere recentemente Mark Zuckerberg.

 

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