19/05/2014 di Redazione

Mobilità: ci fa lavorare meglio o lavorare di più?

Diversi studi sottolineano il ruolo ambiguo delle nuove tecnologie negli equilibri fra tempo libero e lavorativo: da un lato sono strumenti di efficienza, dall’altro rendono sfumata la separazione fra la dimensione professionale e quella personale. Ce ne

immagine.jpg

Per non accorgersi di quanto smartphone e tablet abbiano colonizzato non solo il tempo libero, ma anche la vita lavorativa di centinaia di milioni di persone bisognerebbe aver vissuto sulla Luna almeno per gli ultimi cinque anni. Nonostante l'evidenza del “peso” (o invadenza) dei dispositivi mobili nella quotidianità degli utenti, rimane difficile valutare se questi siano più strumenti di efficienza in grado di far risparmiare tempo e fatica per molte attività lavorative – si pensi alla lettura delle email da smartphone, un tempo prerogativa dei BlackBerry e ora universalmente diffusa anche sui telefoni di fascia bassa – oppure se, al contrario, siano soprattutto strumenti che erodono ogni giorno minuti od ore di tempo libero.

Probabilmente, entrambe le cose. Qualche elemento più concreto, rispetto alla banale osservazione di ciò che accade nelle nostre giornate, arriva da alcuni studi realizzati da LinkedIn, da Accenture e da Regus. Nonché da una riflessione che Franco Gementi, regional sales Manager Italy di Cornerstone On Demand, ha voluto condividere con Ictbusiness.

Franco Gementi, regional sales Manager Italy di Cornerstone On Demand


Nel 2014, Linkedin ha coinvolto oltre 18mila persone in 26 Paesi in un sondaggio per capire quali fattori influissero sullo sviluppo di un soddisfacente percorso professionale. Significativo il fatto che al secondo posto tra i motivi più importanti per cambiare lavoro comparisse l’equilibrio tra lavoro e vita privata, (appena dopo la voce “compenso e benefit” ).
 
Le tecnologie mobili, secondo una ricerca di Accenture del marzo 2013, giocherebbero un ruolo importante nel realizzare l’equilibrio tra lavoro e vita privata, sebbene gli intervistati avessero espresso posizioni eterogenee rispetto all’impatto di tali tecnologie sulle loro vite. Il 77% riconosce il guadagno in flessibilità, che secondo l’80% degli intervistati è essenziale per un maggiore equilibrio tra vita personale e lavorativa, ma il 70% ammette anche che la tecnologia ha comportato l’incursione del lavoro nella loro vita privata.

Tutti desideriamo raggiungere un equilibrio ideale tra lavoro, famiglia e tempo libero; tuttavia apprezziamo il fatto che le tecnologie mobili ci permettono di rispondere rapidamente alle email, salvo poi lamentarci di dovere scrivere email la sera tardi. La soluzione, per quanto paradossale, potrebbe essere di scaricare una app che ci aiuti a trovare il giusto equilibrio tra lavoro e vita privata. La questione non è dunque se la tecnologia sia buona o cattiva, ma se la usiamo come un nuovo, potente strumento per lavorare e comunicare meglio, o se invece lasciamo che sia lei a decidere al nostro posto come organizzare le nostre vite.

La tecnologia è solo uno strumento
Regus ha effettuato un’indagine sull’equilibrio tra lavoro e vita privata nella quale “quasi un quarto degli intervistati ha affermato di utilizzare tecnologie e dispositivi mobili per lavoro al di fuori degli orari d’ufficio, perché il capo si aspettava che lo facesse, e quasi un quinto perché se lo aspettavano i clienti”. Ciò sembra logico: se la sera leggete un’email in cui il vostro capo si lamenta per un errore che avete fatto, non è così strano se poi non dormite bene. Ma, a parte le emergenze, dovete domandarvi se vi sia qualcosa che potete fare immediatamente per rimediare all’errore o se invece dovete godervi la serata e pensare al lavoro il giorno successivo dopo una rigenerante dormita. Naturalmente, la domanda successiva è se il vostro capo non potesse aspettare qualche ora prima di mandarvi la mail, o se non fosse più opportuno discutere la cosa con voi vis a vis.

È difficile oggi immaginare una vita senza le tecnologie mobili. Neil Postman, il teorico dei media, disse nel 1995: “Ogni tecnologia rappresenta un patto col diavolo: ci offre qualcosa di importante ma allo stesso tempo ci toglie qualcosa di importante”. Nel caso delle tecnologie mobili, abbiamo certamente guadagnato molto in flessibilità, capacità di relazione e accesso istantaneo alla conoscenza (in funzione della velocità della rete…). Il prezzo da pagare è il nostro essere sempre  immediatamente disponibili, proprio come ci aspettiamo che lo siano gli altri. 

La flessibilità nei tempi e negli spazi del lavoro è un buon esempio di come la tecnologia possa aiutare a essere più produttivi, senza danneggiare l’equilibrio tra lavoro e vita personale.  È un fatto che tutti hanno già sperimentato: se dobbiamo completare un lavoro che richiede la massima concentrazione, senza essere disturbati da colleghi, telefonate e altre interruzioni, la possibilità di poterlo fare da casa, o comunque fuori dall’ufficio, è impagabile. Questo vale per le attività impiegatizie, ma potrebbe valere anche per ambienti di produzione, per esempio per la formazione: alcuni tablet vengono messi a disposizione negli spazi comuni per poter seguire specifiche sessioni di formazione. Il cloud computing associato alla formazione mobile permette al lavoratore di accedere alla propria pagina in un ambiente rilassato, lontano dal rumore della fabbrica.  Senza trascurare la possibilità di studiare nei tempi morti, per esempio nel tragitto da casa al posto di lavoro.

È inutile ricordare che l’approccio qui dipende in larga misura da questioni generazionali. La generazione Y è cresciuta col pollice sul cellulare, guadagnandosi il soprannome di “petite poucette” (pollicina, nella traduzione del saggio in italiano ) coniato dal sociologo francese Michel Serres, che paragona questa evoluzione alla rivoluzione del Neolitico o all’invenzione della stampa. Le aziende, in pratica, devono essere capaci di gestire modi di lavorare estremamente differenti tra baby boomer, ormai prossimi alla pensione, e millenial.



La mobilità deve essere gestita
Il filosofo austriaco Thomas Vašek adotta un atteggiamento estremo quando, nel suo polemico libro
Work/Life Bullshit scrive che “separare la vita personale dal lavoro è sbagliato”. Egli afferma che il lavoro è quello che fa di noi ciò che siamo. Un buon lavoro deve essere basato sul conferimento di responsabilità alle persone, mettendole nelle condizioni di assumere rischi. La tecnologia dovrebbe aprire la strada a un lavoro migliore. Perciò il lavoro deve essere considerato una componente della nostra vita, non qualcosa che deve essere subìto e contrapposto alla vita “vera”.

Questo è probabilmente il modo corretto di considerare le tecnologie mobili, come uno strumento fantastico che dovremmo usare per lavorare meglio, godendone i vantaggi, ma senza diventarne dipendenti o, peggio, schiavi. La sfida sarà quindi di integrare le nostre vite lavorative e personali, ed è ciò che facciamo quando usiamo i nostri dispositivi mobili: poche persone hanno due telefoni, uno con i contatti di lavoro e uno con quelli privati. Anche Linkedin e Facebook hanno funzioni diverse; ciononostante ci capita di avere amici collegati su Linkedin e colleghi su Facebook. Questo è lo stesso tipo di atteggiamento che dobbiamo avere verso la tecnologia. Dobbiamo decidere cosa è importante per noi in quali momenti della giornata, della settimana o dell’anno e comportarci di conseguenza.  Se ci troviamo a una cena in famiglia, o quando pratichiamo uno sport, non dovremmo avere lo smartphone a portata di mano. Tuttavia, non dobbiamo sentirci colpevoli se la sera, guardando la tv, diamo un’occhiata all’email, se ci va di farlo. Può aiutarci ad arrivare più tranquilli l’indomani in ufficio, senza arretrati da smaltire. Naturalmente, dobbiamo anche avere la libertà di spegnere notebook e cellulare se vogliamo una qualtità migliore del del tempo che passiamo con i nostri cari.

Come afferma Fiona O’Hara, responsabile capitale umano e diversity di Accenture, “per quanto la tecnologia debba essere gestita con attenzione, esistono tantissimi modi con i quali essa può migliorare la nostra vita lavorativa, se si definiscono dei confini. Le aziende che sapranno fornire gli strumenti e la cultura per aiutare i dipendenti a trovare il giusto equilibrio tra vita e lavoro saranno quelle che riusciranno ad attirare e trattenere il personale migliore”.


scopri altri contenuti su

ARTICOLI CORRELATI