14/08/2018 di Redazione

Musk parla con gli arabi, ma gli azionisti fanno causa

Il Ceo di Tesla ha confermato l’estremo interesse del fondo sovrano saudita nella privatizzazione dell’azienda, ma due investitori non hanno gradito le dichiarazioni via Twitter del Ceo e hanno depositato denunce per aggiotaggio.

immagine.jpg

Elon Musk si è messo nei guai per un tweet. Una cinquantina di caratteri pubblicati sul sito di microblogging lo scorso 7 agosto è infatti costata due denunce per aggiotaggio al numero uno della casa automobilistica, il quale la scorsa settimana aveva twittato un messaggio abbastanza forte: “Sto considerando di far tornare Tesla privata a 420 dollari. I fondi sono già stati assicurati”. Una dichiarazione di peso, che aveva contribuito a far schizzare il valore delle azioni di diverse decine di dollari in pochi minuti, per un guadagno anche del 13 per cento. Due investitori di Tesla non sembrano aver preso alla leggera le parole di Musk e hanno deciso di presentare denuncia per aggiotaggio al Tribunale federale di San Francisco. Secondo gli accusatori, la società avrebbe violato la legge comunicando liberamente ai mercati false informazioni, con l’effetto di manipolare indirettamente il valore delle azioni.

Kalman Isaacs, uno dei due protagonisti della vicenda, ha dichiarato di essere stato costretto ad acquistare circa tremila azioni di Tesla per “limitare i danni”, in quanto la dichiarazione del Ceo ha fatto gonfiare il valore del titolo e, in secondo luogo, la casa automobilistica non ha poi in alcun modo smentito la dichiarazione. Segno che l’eccentrico imprenditore di origine sudafricana voglia fare sul serio?

È ormai certo. È da tempo che nei corridoi di Wall Street si vocifera del possibile delisting di Tesla dalla Borsa, il cui titolo in queste ore passa di mano a circa 356 dollari. E ieri Musk ha confermato di essere in contatto con il fondo sovrano dell’Arabia Saudita. “Sto considerando di far tornare Tesla privata perché credo che possa essere una buona cosa per i nostri azionisti e possa consentirci di lavorare al meglio”.

Il delisting permetterebbe infatti alla società di sganciarsi dalla soddisfazione immediata degli azionisti in Borsa, investendo su piani di sviluppo di lungo periodo che non debbano rispondere al valzer delle trimestrali. “Negli ultimi due anni”, ha scritto il Ceo, “il fondo sovrano dell’Arabia Saudita mi ha contattato più volte per parlare della privatizzazione di Tesla (allo scopo di diversificare dal business del petrolio, ndr).

“Di recente, il fondo saudita ha rilevato circa il 5 per cento delle azioni della società tramite il mercato, e mi ha chiesto un ulteriore incontro avvenuto il 31 luglio”, ha spiegato il patron dell’azienda, il quale ha sottolineato l’estrema urgenza degli arabi nel procedere con l’operazione. La velocità con cui il fondo vorrebbe operare, e la determinazione dei sauditi, ha indotto così Musk a scrivere quel tweet per cui ora potrebbe rispondere direttamente in tribunale.

 

Elon Musk, Ceo di Tesla

 

Questo, però, non significa che l’accordo sia concluso. “Un altro punto cruciale da chiarire è che, prima di qualsiasi operazione, forniremo tutti i dettagli del piano, inclusa la natura dei capitali che verranno impiegati. Ma al momento è ancora prematuro. Continuerò a discutere con il fondo saudita e con altri investitori interessanti al progetto, un qualcosa che ho sempre avuto bene in mente perché vorrei che Tesla continuasse ad avere una base ampia di azionisti”.

Infine, parlando di cifre, Musk ha spiegato che i 70 miliardi di dollari che secondo le indiscrezioni servirebbero per far diventare l’azienda privata, sono “sensibilmente gonfiati” rispetto al capitale che servirebbe raccogliere. “Il prezzo di acquisto di 420 dollari verrà fissato soltanto per gli azionisti che non vorranno rimanere con noi. Secondo le mie stime, al momento circa i due terzi delle quote possedute dagli investitori attuali verranno ‘riversati’ nella Tesla privata”.

 

ARTICOLI CORRELATI