19/05/2017 di Redazione

Net neutrality, passo avanti della Fcc verso la “restaurazione”

La Federal Communications Commission statunitense ha votato a favore della proposta di Ajit Pai, la quale dovrà però essere discussa nei prossimi tre mesi. Se passerà, si tornerà a un'accezione debole del principio di neutralità della rete. Per la gioia

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Nel turbine delle indiscrezioni su presunti legami illeciti con Mosca, il governo di Donald Trump ha tempo anche per pensare alla net neutrality. Più precisamente, ci pensa il nuovo presidente (di derivazione a trumpiana) della Federal Communications Commission, Ajit Pai, da mesi impegnato a cancellare quelli che a suo dire sarebbero stati gli “errori” di Barack Obama sul tema della neutralità della rete. Ovvero sul principio secondo cui i servizi di accesso e di utilizzo di Internet non possono creare corsie preferenziali, accelerando o rallentando la navigazione in base a logiche monetarie o di concorrenza. Ieri la Fcc ha approvato con una maggioranza di due terzi una modifica legislativa, ancora non effettiva ma soggetta a discussione per i prossimi tre mesi.

Niente di definitivo, ma un ulteriore passo avanti verso la restaurazione di un'accezione “debole” della net neutrality, intesa sì come garanzia di accesso alla Rete quanto più esteso possibile ma senza equiparare i service provider e le telco a fornitori di servizi essenziali, cioè alle utility. Qui sta il passaggio tecnico voluto da Obama nel 2015, quando appunto tali soggetti erano stati portati sotto l'ala del Title II del Communications Act. In termini pratici, per aziende come AT&T, Verizon e Comcast questo ha significato non poter differenziare l'offerta con canali “premium” e altri in cui la velocità di connessione fosse deliberatamente limitata (per esempio, per danneggiare servizi concorrenti o per spingere i clienti a pagare più del dovuto).

 

Ajit Pai, presidente della Federal Communications Commission

 

 

Secondo la visione di Ajit Pai, sostenuta dai repubblicani e dal mondo telco, l'accezione forte della net neutrality avrebbe rallentato gli investimenti e l'innovazione. Nella proposta votata ieri, invece, si vuol “mettere fine alla regolamentazione di Internet come utility”, con gli altisonanti obiettivi di “ripristinare la libertà in Rete e promuovere investimenti, innovazione e libertà di scelta”. Con efficace retorica, Pai ha detto in commissione di voler “mettere al centro del mondo online gli esperti di tecnologia e gli ingegneri, piuttosto che gli avvocati e i contabili”. Parole che giungono, con non eccessiva coerenza, da chi in passato ha lavorato come rappresentante legale di Verizon.

 

Accanto alle voci democratiche, l'opposizione al ritorno al passato si è levata dal mondo Ict. In aprile circa 800 startup hanno firmato una lettera aperta di protesta indirizzata al presidente della Fcc. Anche colossi come Alphabet (la società madre di Google), Facebook, Microsoft, LinkedIn, Twitter, eBay,Tripadvisor, Spotify e Uber hanno pubblicamente difeso il principio della net neutrality “forte”, sostenendone non solo la validità legislativa ma anche l'utilità per l'economia. Secondo i calcoli della Internet Association, non esiste prova che essa abbia rallentato gli investimenti in infrastrutture di Rete fissa e mobile, cresciuti anzi notevolmente negli ultimi anni.

 

 

 

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