28/09/2018 di Redazione

Niente Internet né telefono: Assange cede il timone di Wikileaks

Dopo sei mesi senza connessione Web, il fondatore dell’organizzazione giornalistica ha deciso di incaricare il fidato portavoce Kristinn Hrafnsson come nuovo direttore. L’attività australiano rimarrà comunque l’editore del sito Web.

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Julian Assange ha lasciato la guida di Wikileaks. Il fondatore della celebre organizzazione ha deciso di affidare la carica di direttore del sito Web allo storico portavoce Kristinn Hrafnsson, giornalista investigativo islandese e suo strettissimo collaboratore. La nomina, secondo Wikileaks, si è resa inevitabile dall’isolamento totale in cui vive l’attivista australiano. Rifugiato da ben sei anni nell’ambasciata dell’Ecuador a Londra, Assange è privo da mesi di connessione Internet e non può avere alcun contatto telefonico o personale con figure esterne all’ambasciata, tranne che con i suoi avvocati. “Condanno il trattamento inflitto a Julian Assange che ha portato alla mia nomina”, ha commentato a caldo Hrafnsson, il quale si è impegnato a garantire la “continuità del lavoro” nel pieno rispetto “degli ideali” dell’organizzazione senza scopo di lucro nata nel 2006.

Lo status di rifugiato politico dell’attivista potrebbe essere messo in discussione da Lenin Moreno, eletto presidente dell’Ecuador l’anno scorso al posto di Rafael Correa: fu proprio Correa a ospitare Assange nell’ambasciata di Londra nel 2012, quando la Corte suprema britannica rigettò il ricorso contro l’estradizione del fondatore di Wikileaks, ricercato in Svezia con l’accusa di violenza sessuale.

Ma nei giorni scorsi Moreno, più sensibile alle pressioni degli Stati Uniti rispetto al suo predecessore (gli Usa vorrebbero processare il giornalista per spionaggio), ha parlato della ricerca di “una soluzione di garanzia” pur smentendo qualsiasi volontà di concedere l’estradizione. Il presidente ecuadoregno ha dichiarato che garantirà ad Assange le necessarie tutele, “fino a quando la sua vita sarà in pericolo”. Una frase molto vaga, che potrebbe aprire nuovi scenari sul futuro dell’attivista e hacker australiano.

 

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