22/04/2016 di Redazione

Non solo Linux: Red Hat rilancia sul cloud open source

L’azienda ha presentato Cloud Suite e Openstack Platform 8, con cui vuole creare un ecosistema completo e integrato per la gestione delle nuvole private: si va dallo storage definito dal software di Ceph a funzionalità avanzate di analytics e di sorveglia

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Red Hat strizza per forza di cose sempre più l’occhio al cloud, settore in cui vuole lasciare il segno soprattutto nell’ambito delle soluzioni private. Pur non dimenticando affatto quello che tuttora è il suo business principale, vale a dire Red Hat Enterprise Linux, l’azienda ha deciso di accelerare nel mondo della nuvola rilasciando in contemporanea Cloud Suite e Openstack Platform 8, in modo da ottenere così uno stack completo che poggi su componenti perfettamente integrati tra loro: una piattaforma per la containerizzazione delle applicazioni (Openshift by Red Hat), un’infrastruttura scalabile (Openstack Platform 8) e strumenti di gestione unificati (Cloudforms), tutti accessibili separatamente o attraverso la nuova Cloud Suite.

L’aggiornamento dell’ecosistema basato su Openstack offre adesso uno storage definito dal software ottimizzato grazie all’inclusione nativa di Red Hat Ceph Storage, oltre a nuove funzionalità di gestione tramite Cloudforms. In questo modo, invece di sfruttare soluzioni distinte per la complessa gestione dei dati archiviati, si può sfruttare un’unica piattaforma fornita direttamente dal vendor.

La nuova versione di Openstack Platform è stata sviluppata attorno a Liberty, l’ultima release (la 12esima) del sistema operativo cloud open source, che ha fatto la sua comparsa l’anno scorso. Per realizzare l’update, il colosso dell’open source si è concentrato anche sulle necessità di aziende come le telco: realtà che hanno bisogno di un supporto di rilievo nelle operazioni di networking e che stanno valutando, in molti casi, la possibilità di spostarsi su Openstack per virtualizzare le funzioni di rete. Un business miliardario che farebbe gola anche a Red Hat.

La Cloud Suite, invece, “consente di accelerare lo sviluppo e l’implementazione di nuovi servizi e applicazioni basati su cloud privati, ottimizzando al contempo i carichi di lavoro esistenti tramite una virtualizzazione più efficiente”, fa sapere il vendor. Il “pacchetto” include una serie di tool e funzionalità per aumentare ulteriormente le possibilità di gestione dell’infrastruttura, tra cui Red Hat Satellite, che permette tra le altre cose di seguire con più facilità la distribuzione di patch e aggiornamenti

 

Fonte: Red Hat. Diagramma dell'architettura di Red Hat Open Stack Platform

 

Insight, invece, è un servizio di gestione delle operazioni che consente di raccogliere analytics a livello dell’infrastruttura per prevedere eventuali malfunzionamenti prima che impattino sui processi. La suite del vendor include anche una piattaforma di virtualizzazione su Kvm (Kernel-based Virtual Machine), chiamata Red Hat Enterprise Virtualization, che offre un meccanismo semplificato di migrazione tra le varie istanze delle macchine virtuali attive.

Ma questo spostamento di baricentro verso Openstack non fa correre il rischio alla stessa azienda di perdere il ruolo di intermediario tra la complessità del mondo open source e il mercato? Secondo Radhesh Balakrishnan, general manager, OpenStack di Red Hat, la risposta è no. Interpellato dalla testata The Register, ha dichiarato: “Possiamo fare affidamento su solide relazioni basate sul valore che forniamo, (le aziende, ndr) erano abituate alla proposizione di Rhel e vedono questo spostamento come un viaggio verso Openstack Platform”.

 

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