08/02/2018 di Redazione

Notizie spazzatura, i sostenitori di Donald Trump fanno propaganda

Uno studio dell'Università di Oxford ha dimostrato che su Twitter e su Facebook i supporter convinti del presidente e gli estremisti di destra sono i più attivi nel diffondere “junk news”, cioè bufale, propaganda e sensazionalismo.

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Chi apprezza i modi, l'ideologia e le promesse di Donald Trump è più incline a condividere notizie bufala, che sia per ingenuità, ignoranza o volontà di propaganda. Un nuovo studio dell'Università di Oxford, realizzato da un gruppo internazionale di giovani ricercatori, ha analizzato le attività in Rete di alcune migliaia di persone, scoprendo nei supporter del presidente una particolare tendenza a propagare fake news.

 

Lo studio ha incluso 13.500 profili Twitter di utenti politicamente attivi e 48.000 account di Facebook. Per ciascuno di questi utenti, durante il mese di gennaio i ricercatori hanno monitorato quanti e quali link a pagine di siti Web esterni venissero condividisi sui profili social. I temi più discussi dagli utenti hanno poi determinato il loro inserimento in categorie: “media conservatori”, “sostenitori di Trump” (un sottogruppo del più ampio insieme degli elettori repubblicani), “resistenza”, “conservatori estremisti”, “diritti delle donne”, “armi e mondo militare”, e via dicendo.

 

I ricercatori hanno considerato una selezione di una novantina di siti Web confezionatori di “notizie spazzatura”, definizione in cui rientrano le bufale vere e proprie, gli articoli sensazionalistici, la propaganda camuffata sotto un velo di cronaca, il cospirazionismo e l'estremismo. Hanno poi conteggiato quante volte questi contenuti comparissero in tweet e retweet, e per opera di quali utenti. Ebbene, è stato possibile dimostrare che “un gruppo di supporter di Trump condivide la più ampia gamma di fonti accertate di notizie spazzatura, e fa circolare più junk news di quanto non facciano tutti gli altri gruppi messi insieme”, spiegano i ricercatori della Oxford University. E lo stesso si può dire del gruppo che su Facebook è stato etichettato come “destra estremista” (“hard right”), che non è totalmente sovrapponibile al più ampio pubblico di simpatizzanti repubblicani. La tentazione di facili analisi sociologiche è dietro l'angolo, mentre la (attualissima) parola “populismo” viene subito in mente. Difficile, però, distinguere quanti elettori repubblicani abbiano diffuso disinformazione in buona fede, dimostrandosi solo dei creduloni disinteressati al controllo delle fonti, e quanti invece siano fautori di consapevole e disonesta propaganda.

 

 

 

È da oltre un anno, ormai, che Facebook ha dichiarato guerra alla disinformazione, introducendo progressivamente strumenti di controllo e segnalazione delle bufale, modifiche dell'algoritmo e verifiche eseguite da esperti di fact-checking, senza trascurare le collaborazioni con altri colossi del Web. Ciononostante, la piattaforma social di Mark Zuckerberg, al pari di Twitter, è ancora terreno fertile per i coltivatori di notizie spazzatura e, come noto, si è resa inconsapevole complice dei burattinai del Russiagate. Da verifiche dell'azienda di Menlo Park si è scoperto che almeno 126 milioni di iscritti hanno visualizzato contenuti di propaganda e disinformazione, confezionati da soggetti forse legati al Cremlino e certamente avversi all'ipotesi di una vittoria elettorale di Hillary Clinton.

 

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