09/08/2016 di Redazione

Nuove polemiche su Tesla: il pilota automatico si può hackerare

Ricercatori universitari cinesi e statunitensi, insieme a un esperto di Qihoo 360, hanno dimostrato come sia possibile manomettere il sistema Autopilot della berlina elettrica Model S, già oggetto di un’investigazione a causa dell’incidente mortale dello

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Mentre l’Italia che viaggia su quattro ruote pensa alle partenze intelligenti per raggiungere le mete vacanziere, negli Usa continua a non esserci pace per i produttori di automotive più innovativi. Dopo l’ennesimo hackeraggio di una Jeep Cherokee di Fca, è ora la volta di Tesla: una società di sicurezza cinese ha puntato il dito contro il sistema Autopilot della berlina Model S, elegante modello a trazione elettrica dell’azienda di Elon Musk. Il medesimo sistema di guida assistita che lo scorso giugno aveva causato la morte di un suo fan accanito, Joshua Brown.

Il pilota automatico permette all’auto di rimanere nella propria corsia, di cambiarla se si inserisce la freccia e di variare velocità grazie al cruise control (che si adatta al traffico). Permette, inoltre, di controllare digitalmente i motori, i freni e il volante, di individuare il parcheggio libero più vicino e di eseguire la manovra senza dover muovere un dito.

Vero è, come sottolineato da Tesla, che quello di Joshua Brown è stato il primo incidente mortale su oltre 130 milioni di miglia percorse dalle sue vetture con pilota automatico attivato, ma nondimeno l’episodio ha generato allarmismo e l’avvio di un’investigazione della National Highway Traffic Safety Administration statunitense. Un secondo fascicolo è poi stato aperto a inizio luglio per un secondo incidente non mortale avvenuto in Pennsylvania: l’Autopilot ha condotto una Tesla Model X a schiantarsi contro un guard rail. In base alla segnalazione automatica inviata all’apertura dell’airbag, Tesla sostiene che non ci siano prove dell’attivazione dell’Autopilot al momento dello schianto.

 

Tesla Model S

 

In ogni caso, aggiungendo a questi episodi quello della Jeep Cherokee, non si può dire i sistemi di guida semi-assistita e più in generale i servizi basati su connettività Web e IoT su quattro ruote stiano godendo di massima popolarità. A piovere sul bagnato è arrivato adesso un esperimento condotto da un “hacker professionista” della società di sicurezza cinese Qihoo 360, aiutato da ricercatori accademici dell’Università di Zhejiang e della University of South Carolina. Fra l’altro non è la prima volta che accade qualcosa di simile: già due estati fa proprio Qihoo 360 aveva condotto alcuni test di hackeraggio sulla Tesla S, andati a buon fine.

Come dettagliato da Forbes, il nuovo esperimento ha portato a realizzare un triplice attacco, rivolto ai sensori ultrasonici (utilizzati dalla vettura per individuare oggetti vicini ed eseguire manovre di parcheggio), ai radar a onde millimetriche e alle fotocamere della Tesla S. Utilizzando un generatore di ultrasuoni “fai-da-te”, programmato con Arduino, i ricercatori sono stati in grado di “confondere” i sensori della Tesla, impedendo loro di rilevare la presenza di un ostacolo o di un’altra automobile. La dimostrazione nel video qui sotto.

Prima di cadere nell'allarmismo, va ricordato che i sistemi di guida automatica oggi vanno ancora intesi come un supporto a chi sta al volante, con la responsabilità di supervisionare l'operatore dei software. Il sogno di spostamenti sicuri e governati dalla tecnologia non si interrompe, ma necessita certo di ulteriore lavoro. Fra chi sta investendo risorse massicce, in denaro, assunzione di talenti e attività di ricerca&sviluppo, oggi spiccano i nomi di Google, Apple e Uber.

 

 

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