29/06/2017 di Redazione

Omnicanalità, cinque strategie tecnologiche per raggiungerla

Giulio Ballarini, vicepresidente di Axway Italia, spiega perché è importante non limitare la raccolta e l’analisi dei dati all’interno dei confini aziendali, ed elenca cinque consigli pratici. Creare delle “reti di customer experience” permette di allarga

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Come non essere d’accordo con la logica dell’omnicanalità? Oggi non si può non comprendere il vantaggio di assicurare ai clienti, effettivi o potenziali che siano, esperienze di interazione col marchio coerenti su tutti i canali di acquisto e contatto: dall’e-commerce via Web alle app, dai social network all’assistenza da remoto, fino ai negozi fisici. Meno scontata è la strategia tecnologica necessaria a raggiungere l’omnicanalità. L’utilizzo dei dati è ancora un tallone d’Achille per molte aziende, ma in cinque mosse è possibile affrontare questo e altri problemi. Ce ne parla Giulio Ballarini, vicepresidente di Axway Italia, spiegando perché è importante non limitarsi ai dati interni o a quelli che riguardano direttamente un prodotto: meglio allargare l’orizzonte, integrando fonti varie e creando delle “reti di customer experience”.

 

 

Anche se il cliente rappresenta da sempre il perno attorno al quale ruota il business, le soluzioni e le infrastrutture con le quali vengono sviluppati i prodotti e ci si rivolge ai clienti oggi sono ancora implementate focalizzando l’attenzione solo sulla propria azienda.  Le interazioni con i clienti sono registrate e valutate e gli sviluppatori ottimizzano i prodotti in base ai dati sulle vendite, agli sviluppi del mercato e al feedback dei clienti. Successivamente gli esperti di marketing pianificano misure a supporto delle vendite per ottenere la massima visibilità e i manager ideano strategie di vendita e puntano sui modelli omnicanale. Infine, il team It applica le misure a livello tecnico, collega i canali di e-commerce alla banca dati dei prodotti e integra i fornitori nella supply chain garantendo l’accesso al cloud. Tutte queste attività sono importanti, ma purtroppo sono ancora focalizzate solo sulla singola realtà di business e manca loro l’apporto di una base dati standardizzata.

 

Una rete di “esperienze”

Nell’ambito della digitalizzazione non è solo cambiato il comportamento dei clienti, che agiscono in modo sempre più mobile e spinti dalle proprie necessità specifiche. Sono cambiate anche le relazioni commerciali, oggi gestite in modo più flessibile. I modelli commerciali digitali e i processi automatizzati consentono ai partner di essere in contatto più velocemente all’interno dell’ecosistema, ottimizzando le esigenze e i costi. Tale condizione implica un continuo cambiamento dei requisiti, ma le aziende che si concentrano solo sui propri prodotti ragionano troppo a breve termine per poterlo fare. L’ecosistema formato dai partner commerciali non è più sufficiente e diventa necessario pensare a categorie più grandi, come i customer experience network.

 

Per garantire una customer experience digitale ottimizzata, infatti, le organizzazioni devono ottenere di più dai propri dati, devono gestire il loro flusso oltre i confini aziendali e integrare le fonti che non hanno direttamente a che fare con il proprio prodotto, guardando quale sia la prospettiva del cliente. Può trattarsi di dati anonimi che riguardano altri operatori del mercato, di piattaforme pubbliche o di statistiche e, idealmente, di tutti i servizi e i dispositivi connessi a Internet. Si tratta quindi di una sfida enorme, soprattutto se si pensa che spesso in azienda manca addirittura una base dati standardizzata.

 

Secondo un recente studio di Idc promosso da Axway, nelle aziende già si assiste a uno spostamento dell’attenzione dalla gestione interna delle risorse verso l’osservazione della customer experience esterna. Questo sta già avvenendo, allmeno concettualmente: il 71% delle 602 aziende con oltre mille dipendenti che abbiamo intervistato ha indicato come motivazione principale del loro impegno digitale la volontà di migliorare la customer experience. Una parte cospicua di esse, inoltre, sta già lavorando per realizzare iniziative utili a perseguire questo scopo: il 43% ha dichiarato di stare introducendo misure concrete proprio in questo momento, mentre il 31% ritiene di avere già una visione ottima e ampia dell’esperienza del cliente e il 33% sta mettendo in atto un’iniziativa di customer journey.

 

I dati non bastano, bisogna saperli usare

Per incrementare il potenziale offerto dai dati ritengo fondamentale focalizzarsi su cinque misure specifiche. Numero uno: offrire accesso ai dati a tutti, in azienda, come servizio condiviso e DevOps-ready. Per lavorare in modo più efficace, occorre eliminare i silos di dati e gestire il loro flusso in modo mirato, sia in azienda sia esternamente. Ciò significa che le interfacce di programmazione delle applicativa (Api), il trasferimento dei dati come tale e i processi commerciali devono essere ampiamente automatizzati e standardizzati, consentendo alle singole business unit di agire autonomamente senza creare silos di dati. Modelli come il DevOps, che avvicinano lo sviluppo e le operations consentendo così cicli di innovazione più brevi, risultano utili nella trasformazione digitale ma necessitano di dati validi e trasversali a supporto. I dati devono essere un servizio al quale poter accedere in base alla necessità e con il grado di autorizzazione corrispondente.

 

In secondo luogo, bisogna gestire il ciclo completo di vita delle Api. Ogni fonte dati e ogni applicazione necessita di un’interfaccia per integrarsi con gli altri sistemi. L’accesso sicuro ai dati è possibile solo se le Api vengono gestite e adattate reciprocamente. A questo proposito non è sufficiente configurare un’Api una sola volta, perché ogni modifica nell’ecosistema varia il contesto redendo necessario, ad esempio, configurare un ponte per i dati e l’utente tra i servizi on-premise e quelli cloud. Le Api dei diversi canali a disposizione dei clienti vengono utilizzate in sicurezza in modo completamente diverso tra loro, generando dati del tutto differenti. Inoltre, queste interfacce non devono di certo essere la porta di accesso degli attacchi informatici.

 

Il terzo passaggio necessario è quello di promuovere comunità dinamiche di dipendenti, fornitori, partner e sviluppatori. La digitalizzazione ha contribuito sensibilmente a velocizzare le attività commerciali e a ridurre il time-to-market, perché le aziende che integrano dati esterni conformemente nelle proprie osservazioni mettono a disposizione nuove idee, innovazioni e strategie al servizio di tutti i team, potendo così lanciare sul mercato prodotti e servizi in modo sensibilmente più rapido. In questo contesto l’adozione di processi di on-boarding e workflow semplici e automatizzati, come i portali self-service, è molto utile perché consente ai partner commerciali di gestire servizi specifici in modo rapido e personalizzato. Riuscire a ottenere una visione in tempo reale delle attività di tutti i partner commerciali e degli sviluppatori permette di garantire la qualità globale e di rispondere tempestivamente ai trend emergenti, compiendo un passo enormemente verso l’ottimizzazione dell’esperienza del cliente.

 

In quarto luogo, è necessario  sviluppare applicazioni omnicanale. L’omnicanalità resta una delle misure più importanti all’interno dei customer experience network, ma da sola non è una strategia sufficiente. È importante integrare nel sistema commerciale i canali di e-commerce non solo perché bisogna essere in grado di offrirli ma pensando a una prospettiva di integrazione completa dei dati, per due motivi. Da una parte, il cliente necessita di tutte le informazioni per lui importanti sul canale da lui scelto, portando a termine subito l’acquisto o successivamente su un altro canale, Dall’altra , solo in questo modo diventa possibile ottenere veramente una visione “a 360 gradi” dell’esperienza del cliente.

 

Infine, è utile sperimentare con i Big Data. Nell’ampia mole di dati resi disponibili da un customer experience network si cela un incredibile potenziale. Quando si riesce a integrare fonti esterne di dati dai partner commerciali o dai fornitori pubblici è possibile riconoscere nuove e fondamentali relazioni, perché troppo spesso i dati interni di un’azienda non sono sufficienti a chiarire le motivazioni di un calo di fatturato di un prodotto o a valutare correttamente i trend in arrivo. Sul mercato esistono numerosi strumenti professionali di analisi dei dati, con cui è possibile mettere in relazione le misure finora ignorate. Le aziende oggi sono in grado di gestire tale potenziale più apertamente rispetto a prima e le tecniche quali il data mining, la data analysis o il machine Learning consentono di farlo in modo sempre più innovativo.

 
 

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