26/04/2013 di Redazione

Open data e PA: un percorso obbligato

L’accesso ai dati della Pubblica Amministrazione è parte fondamentale dell'Agenda Digitale, e per l’Unione Europea si stimano risparmi di 140 miliardi di euro l’anno. Fiducia e sicurezza, però, sono requisiti fondamentali. Ce ne parla Fredi Agolli, countr

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La trasparenza e l’accesso ai dati della Pubblica Amministrazione è uno degli elementi dell’e-government, a sua volta parte dell’Agenda Digitale che dovrà trasformare il rapporto fra utente comuni, aziende, enti pubblici e tecnologie. Dalle parole ai fatti, il percorso è spesso tortuoso, ma i primi esempi – italici e non – iniziano a vedersi.

Alla fine dello scorso anno, il governo del Regno Unito ha annunciato un investimento di 8 milioni di sterline, che serviranno per aiutare gli enti pubblici a rilasciare dati, al fine di supportare le aziende a sviluppare opportunità di business per la Pubblica Amministrazione. In Italia, invece, con la Legge Regionale N° 7 del 18/06/2012 sull’Open Data, la Regione Lazio ha di fatto promosso un modello di open government basato sul libero accesso ai dati pubblici e sulla forte interazione con cittadini e imprese. Dallo scorso marzo, inoltre, vale il principio dell’open data by default: tutti i dati e documenti che le pubbliche amministrazioni pubblicano con qualsiasi modalità, senza l’espressa adozione di una licenza d’uso, si intendono rilasciati come dati aperti.

Lo scopo ultimo di questo percorso, accanto a quello etico, è economico: basti pensare che nella sola Ue, secondo le stime della Commissione Europea, il volume d’affari sul riutilizzo dell’informazione pubblica si aggira intorno ai 140 miliardi di euro l’anno.

Ma quali sono le potenzialità di un effettivo incentivo allo sviluppo degli open data in Italia, in particolare per la Pubblica Amministrazione? Ne ha discusso Fredi Agolli, country manager di Informatica nel nostro Paese.




I dati sono una priorità per la Pubblica Amministrazione. Sia che le organizzazioni si stiano attivando per proteggere se stesse dal pericolo di violazioni ai dati, sia che cerchino di ottenere il massimo valore dal proprio patrimonio informativo, il mercato ha iniziato a capire cosa vuol dire operare in un’economia dell’informazione in costante cambiamento e sviluppo.

Recentemente, Gartner ha evidenziato la crescente esigenza di rendere disponibili le informazioni attraverso diversi canali, contemporaneamente e in tempo reale. Secondo la società di analisi, l’adozione di una moderna infrastruttura delle informazioni sarà fondamentale per supportare tale domanda nel 2013. Partendo da questa previsione, il settore pubblico italiano deve dotarsi di soluzioni tecnologiche in grado di rispondere alla sfida dell’integrazione dei dati eterogenei, ovunque si trovino: nel cloud oppure on-premise.
Solo queste tecnologie consentiranno loro di accedere a un’unica e affidabile vista delle informazioni. Allo stesso tempo, sarà altrettanto indispensabile mantenere sicuri e rilevanti questi dati attraverso aggiornamenti in tempo reale e strumenti di collaboration.

Prendiamo come esempio il mondo della sanità. Con risorse ridotte e costantemente sotto pressione, le organizzazioni sanitarie sono spinte a utilizzare le informazioni per ottenere una comprensione sull’andamento delle loro performance o su quali siano le migliori attività cliniche per fornire un servizio al cittadino basato sulla qualità e l’efficienza. In ogni modo, gli sforzi di queste realtà del settore sanitario sono quasi sempre vanificati da dati di scarsa qualità e dalla mancanza di informazioni attendibili, che consentano loro di avviare dettagliate processi di analisi e di operational intelligence.

Rendere i dati “open”
Alla fine dello scorso anno, il governo del Regno Unito ha annunciato un investimento di 8 milioni di sterline, che serviranno per aiutare gli enti pubblici a rilasciare dati al fine di supportare le aziende a sviluppare opportunità di business per la PA: è il concetto degli open data. Ma non è tutto. Quale parte di questo annuncio, è stato avviato un programma di 850mila sterline chiamato “Open Data Immersion Programme”, al quale le aziende possono attingere.

Nonostante fondi, strategie e incentivi del governo britannico abbiano confermato che si è sulla strada giusta, c’è ancora molto da fare affinché l’obiettivo degli open data venga raggiunto: le informazioni devono essere rese disponibili, ma anche essere gestite in modo efficace. Quello del Regno Unito rappresenta, a ogni modo, un primo e significativo passo verso una nuova visione del rapporto tra Pubblica Amministrazione e cittadino.

Il caso Italia
Nella Pubblica Amministrazione centrale italiana esistono oltre un migliaio di data center di diverse dimensioni distribuiti su tutto il territorio, che ospitano più di 10mila server, per un costo annuo complessivo per la sola gestione di circa 450 milioni di euro. Questi data center sono spesso duplicati nelle funzioni e privi di una visione organica attraverso la quale attuare sinergie basate sulla standardizzazione, l’interoperabilità, l’evoluzione tecnologica, la condivisione delle risorse e strategie di acquisto coordinate.

Il rischio di inefficienza, dovuta alla dispersione tecnologica, prodotto da uno scenario del genere è evidente. E questa situazione, oltre ad assorbire ingenti risorse economiche, rappresenta un ostacolo per l’introduzione di tecnologie e servizi ad alto valore, che contribuirebbero all’innovazione della Pubblica Amministrazione e del sistema Paese nel suo complesso.

Rispondere alle esigenze degli open data è una sfida impellente anche per il settore pubblico italiano. La condivisione e lo scambio di informazioni nella società odierna è di vitale importanza. Promette di migliorare l’efficienza dei sistemi e dei servizi al cittadino e alle imprese, fornendo vantaggi concreti e tangibili. I risultati potrebbero essere sorprendenti: aiutare gli enti a gestire pensioni e indennità, fare richiesta di lavoro o per ottenere una cattedra, pagare le imposte comunali e prenotare appuntamenti medici.

Il luogo dove accadrà tutto questo è Internet: attraverso questo canale il settore pubblico potrà ricercare e trovare ciò di cui necessita. E poiché le informazioni sono sempre più online, diventa più che mai importante gestire e presentare i dati in un modo che aiuti i cittadini a prendere decisioni migliori. La chiave di tutto è la fiducia, legata alla precisione dei dati o alla loro sicurezza. Se manca la fiducia, lo sforzo di ottenere informazioni online e di accedervi è inutile.

Il cloud e gli open data dovrebbero essere tra i primi obiettivi per la Pubblica Amministrazione italiana, poiché le consentirebbero di riposizionare il comparto It da “gestore del sistema” a “gestore del servizio”.E dunque liberare, grazie ad una razionalizzazione tecnologica, i costi che non generano valore permetterebbe di investire in servizi per i cittadini.

Indirizzare la sicurezza dei dati
E mentre il settore pubblico sta diventando sempre più “information-centric”, nasce il bisogno di comprendere il valore di questi dati e i rischi correlati alla loro gestione. La sicurezza dei dati continua a essere un tema caldo che sta a cuore sia al settore pubblico, sia al privato. Con l’implementazione di qualsiasi programma “open data”, è fondamentale che vengano messi in atto i giusti processi per proteggere le informazioni da perdite accidentali o da attività malevole.

Con la diffusione dei servizi cloud nella PA, è importante che i processi per la sicurezza dei dati vengano implementati esattamente là dove le informazioni sono conservate e là dove vi si accede. Rendere disponibili e accessibili le informazioni da parte del settore pubblico, se fatto in modo corretto e sicuro, può offrire il valore atteso. La Pubblica Amministrazione deve adottare tecnologie e standard efficaci per qualsiasi aspetto che riguarda i dati. Questo garantirà che qualità e valore dei dati disponibili siano costantemente gestiti e conservati, trasformandoli in un asset strategico sia per l’ente pubblico sia per il cittadino stesso.

Il settore pubblico sta vivendo un momento di cambiamento. Il governo sta puntando su Agenda Digitale, innovazione e start up. Sono diverse le misure prese per facilitare la consultazione e aumentare il livello di consapevolezza e trasparenza tra la PA e cittadini. Ottenere un controllo su come le risorse informative possano essere utilizzate appieno, insieme alla capacità di renderle sicure, è un passo cruciale per la Pubblica Amministrazione verso il raggiungimento di un modello “open data”.

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