28/01/2012 di Redazione

Parlare al cellulare è un crimine di guerra, in Corea

In Corea del Nord è stata imposta la censura per cento giorni sull'uso dei telefoninii. Il motivo ufficiale? Il lutto per la scomparsa dell'ex leader Kim Jong-il. In realtà si cerca di bloccare la circolazione delle informazioni da e verso il Paese per ta

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Cento giorni consecutivi di blackout dei telefoni cellulari. Chi trasgredisce e usa il telefonino sarà accusato di crimini di guerra e sarà "punito di conseguenza". Succede in Corea del Nord, un Paese in lutto per la morte del capo di stato Kim Jong-il, deceduto a 69 anni lo scorso 17 dicembre. Le prime notizie frammentarie che sono circolate in Rete riferivano che nei cento giorni di lutto nazionale era stato imposto il blocco della telefonia mobile per rispetto al defunto.

Kim Jong-il è deceduto a 69 anni lo scorso 17 dicembre - La Corea del Nord ha vietato l'uso dei telefonini

Oggi il Telegraph pubblica tuttavia un'altra versione di questo singolare atto di contrizione: stando al quotidiano, alla morte di Kim orde di nordcoreani sono fuggiti dal Paese, cercando di sfuggire alla carestia e all'oppressione politica. Solo a questo punto sarebbe scattato il divieto di usare i telefonini, atto in realtà a tenere sotto controllo il flusso delle informazioni all'interno e all'esterno del Paese

La tesi del Telegraph è avvallata da un caso antecedente che risale al 2008, un periodo difficile per il Paese, segnato dalle tensioni fra Pyongyang (Corea del Nord) e Seoul (Corea del Sud) a causa dell'espulsione dalla Corea del Nord di alcuni funzionari sud-coreani e del successivo lancio di missili nel Mar Giallo "a scopo dimostrativo". In quell'occasione, ancora una volta per bloccare la circolazione delle informazioni, il governo oppressivo confiscò tutti i telefoni cellulari dei cittadini.

Sono in molti a temere che il provedimento questa volta non verrà revocato in cento giorni com'è stato predetto, perché nei palazzi del potere si teme che l'avvicendamento alla presidenza possa essere un'occasione per i cittadini oppressi di scatenare una protesta analoga alla primavera araba. Un bel guaio, dato che nel Paese c'è già l'accesso limitato a Internet.

Il guaio è che nel 2008 i telefoni erano pochi e l'epurazione era stata portata a termine in poco tempo. Oggi, stando a quanto scritto dalla Reuters, nel Paese c'è oltre 1 milione di persone con un telefonino in tasca. È vero che la cifra corrisponde solo al cinque per cento della popolazione del Paese, ma sarebbero comunque troppi da rintracciare. Cosa succederà a chi chiamerà a casa per dire che ritarda? Probabilmente campi di prigionia o esecuzioni, la stessa sorte capitata anni addietro a chi osava possedere un telefono. Benvenuti nel ventunesimo secolo!


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