30/05/2019 di Redazione

Per Huawei la “lista nera” del governo Trump è incostituzionale

La società di Shenzhen ha presentato una mozione per chiedere che parte del National Defense Authorization Act del 2019 (la normativa che vieta i rapporti commerciali con agenzie e contractor federali) sia dichiarata incostituzionale.

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La telenovela della complicata relazione tra Huawei e il governo di Donald Trump ha una nuova puntata: la società cinese chiede che il  National Defense Authorization Act del 2019 sia dichiarato incostituzionale. Si tratta di una normativa che vieta alle agenzie e ai contractor federali di acquistare tecnologie da Huawei e Zte, e che un paio di settimane fa è stata ampliata con un ordine esecutivo in base al quale nemmeno le aziende private statunitensi potranno più intrattenere rapporti commerciali con Huawei, né in qualità di fornitori né di clienti. Visti gli impatti che la messa al bando avrebbe avuto sulla supply chain degli smartphone e delle infrastrutture di rete (società come Google, Intel, Qualcomm, Arm hanno da subito dichiarato di volersi adeguare all’ordine esecutivo), pochi giorni dopo il Dipartimento del Commercio ha voluto sospenderlo per novanta giorni, fino al 19 agosto. Ma la questione resta aperta.

 

Ora Huawei si è rivolta a una Corte Distrettuale del Texas (Eastern District) presentando una mozione in cui si chiede che la Sezione 889 del National Defense Authorization Act del 2019 sia dichiarata incostituzionale: in questo passaggio del testo non soltanto si impedisce alle agenzie governative statunitensi di comprare da Huawei apparecchiature e servizi , ma anche si vieta di stipulare contratti e di concedere sovvenzioni o prestiti a soggetti terzi che acquistino da lei attrezzature o servizi. Il divieto vale anche se tali soggetti non hanno alcun rapporto diretto o indiretto con il governo statunitense.

 

La società di Shenzhen non ha fatto mancare pesanti commenti a margine dell’azione legale. A detta del chief law officer dell’azienda, Song Liuping, bandire Huawei dal mercato "non aiuterà a rendere le reti più sicure. Questi provvedimenti non fanno altro che dare un falso senso di sicurezza, distogliendo l'attenzione dalle vere sfide che dobbiamo affrontare". Il rappresentante legale è stato ancora più esplicito nell’affermare che “i politici degli Stati Uniti stanno utilizzando la forza di un'intera nazione per perseguire una società privata. Questo non è normale”.

 

"Il governo degli Stati Uniti non ha fornito alcuna prova per dimostrare che Huawei è una minaccia per la sicurezza. Non ci sono pistole fumanti,  solo speculazioni", ha aggiunto Song. L’attacco a Huawei, a suo dire, minaccia anche la concorrenza e i consumatori. Il fatto che due settimane fa il Dipartimento del Commercio statunitense abbia inserito la società nella propria “lista nera” (Entity List) “stabilisce un pericoloso precedente. Oggi si tratta delle telecomunicazioni e di Huawei. Domani potrebbe riguardare un qualsiasi settore, azienda, o consumatore”, ha detto Song Liuping, prima di specificare che “Huawei ha fiducia nell'indipendenza e integrità del sistema giudiziario statunitense. Speriamo che gli errori nella NDAA possano essere emendati dal tribunale”.

 

 

Non la pensa così il Segretario di Stato Mike Pompeo, che ieri in un’intervista concessa a Fox Business Network ha definito Huawei come “uno strumento del governo cinese [...]. C’è tra loro legame profondo, qualcosa che per gli americani è difficile da capire”. Mentre negli Stati Uniti c’è una naturale collaborazione tra società private e governo, ha spiegato Pompeo, le aziende cinesi “operano secondo regole diverse”, assoggettata alla dirigenza dello Stato.

 

 

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