19/07/2014 di Redazione

Per LinkedIn, chi trova un collega trova un tesoro

Una ricerca condotta su scala globale dalla piattaforma di social networking svela come fra le generazioni più giovani prevalga la tendenza a mescolare vita privata e professionale. I colleghi possono diventare amici, ma la metà degli utenti mette al prim

immagine.jpg

Chi trova un collega trova un tesoro. Così si potrebbero riassumere i risultati di un sondaggio, Relatioships @ Work, realizzato su scala globale da LinkedIn con lo scopo di fotografare le relazioni di lavoro ai tempi dei social media. Alcuni dei risultati sono interessanti a prescindere dal rapporto fra carriere e tecnologie 2.0, mentre altri fanno riflettere su quanto la propensione a condividere informazioni personali, esperienze e – perché no – amicizie sia legata anche a fattori generazionali che distinguono i “nativi digitali” (o Millennial, considerati in questa ricerca come i giovani dai 18 ai 24 anni) dai più attempati baby boomer (55-65enni).

L’indagine, realizzata da CensusWide nel mese di aprile, ha coinvolto oltre 11.500 professionisti full-time di età compresa fra i 18 e i 65 anni, residenti in 14 Paesi.

Lo sconfinamento tra sfera professionale e personale è, chiaramente, un dato preesistente ai social network, ma altrettanto chiaramente favorito dall’ascesa di Facebook, Twitter, LinkedIn, Instagram e via dicendo. Poco più o poco meno di un terzo degli intervistati, a seconda della specifica domanda, sembra propenso a mescolare queste due sfere: il 30% ammette che la maggior parte dei propri amici attuali sono o sono stati colleghi di lavoro; il 36% socializza con i colleghi anche al di fuori dell'orario lavorativo; il 31% si è spinto a invitare i proprio capo a connettersi con lui sui social.

C’è poi un 20% che addirittura si sente meglio compreso dal proprio vicino di scrivania piuttosto che dagli amici, mentre in Italia un lavoratore su cinque afferma di avere un collega, uomo o donna, che si prende cura di lui come se fosse il proprio partner o come fosse un genitore.

Per circa metà degli interpellati, tuttavia, quando questa apparente celebrazione delle buone relazioni in ufficio si scontra con gli interessi personali, a prevalere sono questi ultimi: il 48% degli uomini e il 54% delle donne hanno ammesso che sacrificherebbero l’amicizia con un collega per ottenere una promozione. È qui, però, che le differenze generazionali iniziano a farsi sentire: in Italia mentre fra i baby boomer la percentuale dei “carrieristi” si ferma al 48%, tra i giovanissimi raggiunge il 68%.

In relazione all’avvento dei social media, c'è un altro aspetto che separa la “generazione Y” degli under-25 dai lavoratori senior: la propensione a mettere in piazza le proprie vite private. E il pensiero va al modo, quasi una radicale trasformazione, in cui Facebook e gli altri social ci hanno abituati a pubblicare contenuti anche strettamente personali, che un tempo sarebbero rimasti confinati dentro a discussioni faccia a faccia.

Secondo la ricerca, i più giovani si sentono maggiormente a loro agio nel parlare di questioni personali con i colleghi in ufficio: quasi la metà (49%) dei Millennial discuterebbe dello stipendio, cosa che solo il 31% dei baby boomer è disposta a fare; il 53% dei più giovani non rifiuterebbe di offrire ai colleghi consigli su questioni sentimentali, mentre meno di un quarto (23%) dei baby boomer lo farebbe. Su un fatto, in ogni caso, il 46% dei più o meno giovani è d’accordo: un’amicizia sul posto di lavoro rende generalmente più motivati, felici e produttivi.
 

scopri altri contenuti su

ARTICOLI CORRELATI