13/04/2007 di Redazione

Perchè Linux non può (ancora) sostituire Windows?

Linux riuscirà a diventare un sistema operativo di massa per i computer destkop?

Com'è facile Linux oggi!

La mia prima installazione di un sistema operativo basato su Linux risale a tanti anni fa e mi vedeva alle prese con un'edizione arcaica di Red Hat. Aveva un setup così "semplificato" che, per far funzionare il mio masterizzatore CD SCSI, ho dovuto inserire manualmente l'indirizzo esadecimale del controller.

User friendly? Non esattamente.

I miei primi anni con Linux sono proseguiti con me che installavo, configuravo alla perfezione il sistema e, quando tutto funzionava, compresi audio e grafica 3D formattavo e tornavo a lavorare su Windows. Fra una sessione e l'altra mi tagliavo la barba ovviamente.

Infatti la vera sfida non era tanto usare Linux, quanto configurare correttamente tutto l'hardware perché funzionasse a dovere. Una volta ascoltati un paio di MP3 e giocato qualche minuto a un gioco 3D la curiosità scemava.

Oggi le cose sono decisamente migliorate ma l'universo Linux ha ancora gli stessi problemi: si crogiola nella propria auto referenzialità, continua ad essere complicato da gestire e nel settore desktop offre una concorrenza minima a Windows.

Un mondo autoreferenziale e frammentato

L'auto referenzialità meriterebbe non un capitolo, ma un libro a parte. In poche parole, agli albori dell'era Linara gli utenti con i "piedi palmati" erano pochi e traevano forza dal fare gruppo. Si tratta fondamentalmente di un classico della Sociologia: un nemico comune aiuta la capacità di coesione.

Un po' come avviene per gli Spartani del sanguinoso film "300", i guerrieri del pinguino si scagliavano senza paura contro milioni di utenti Windows. Il motto era, pressappoco "Linux è bello perché è puro, e noi siamo tosti, coerenti e irreprensibili perché usiamo Linux”.

Auto referenziale, per l'appunto.

Dopo anni di combattimenti, una grande diffusione e, soprattutto, uno sfruttamento commerciale da far cascare la barba a Richard Stallman, agli utenti Linux è iniziato a mancare il brio degli scontri alla "Davide contro Golia". Del resto come puoi sentirti un piccolo eroe che combatte un gigante, quando nel tuo stesso schieramento ci sono colossi del calibro di Hp, IBM, Novell e Sun?

Il popolo di Linux probabilmente riteneva che un cammino in discesa equivalesse a una dimostrazione di debolezza. Ed ecco che, quando in molti ci aspettavamo il sistema operativo Linux universale, l'esperanto del pinguino, al contrario sono nate centinaia di piccole distribuzioni.

Il concetto stesso di "distribuzione" è più che nebuloso al grande pubblico. Una sorta di spazio di probabilità, dove anche l'elettrone di trova come nel salotto di casa. In parole molto povere, si tratta di un assemblaggio di varie componenti che "girano" sopra al kernel linux. Quest'ultimo è infatti la sola costante delle molte "distro" in circolazione, che sono di fatto completi sistemi operativi che variano per la scelta di componenti estetici, funzionali e perfino per scelte etico morali - esistenziali, di alimentazione e composizione melatoninica.

I linari aberrano la semplicità, ecco quindi che, all'interno della stessa distro nascono ulteriori biforcazioni. Per esempio, la popolare Ubuntu, derivata di Debian con infarinatura di Knoppix, ha a sua volta almeno tre fork, tra cui Kubuntu e Xubuntu. Le varianti di Knoppix, dal canto loro, superano di gran lunga le lingue parlate nell'antica Babele. Chi ha inventato la cucina fusion?

Se la comunità Linux, e in generale Open Source, fosse stata veramente unita, avrebbe potuto influenzare nientemeno che sua maestà Bill "Serse" Gates. Invece il colosso di Redmond, forte di una concorrenza nulla in ambito desktop, si è permesso di lanciare il più maestoso annichilitore di calcolatori mai creato finora.

Windows Vista sarà anche attaccabile su molti fronti ma ha due caratteristiche che purtroppo nessuna distribuzione Linux ancora vanta: è facile da usare e si usa esattamente come Windows.

E non citatemi Linspire, che è facile solo fin quando si accetta pedissequamente la configurazione di default.

La difficoltà diminuisce grazie a Internet

Per installare una distribuzione Linux di quelle ritenute "semplici", bisogna ancora essere esperti di Linux o, perlomeno impavidi. Le nuove "distro", come la citata Ubuntu, hanno sistemi d'installazione decisamente più amichevoli che in passato, ma sono ancora impervie se non pericolose in mano ai meno esperti.

Per esempio Ubuntu, tra le domande all'inizio dell'installazione, ancora non chiede qualcosa del genere: "vuoi installare Linux perché funzioni in contemporanea con Windows, senza danneggiare l'installazione di quest'ultimo?".

Io stesso per evitare di rischiare l'eliminazione del mio Windows XP ho optato per il partizionamento manuale. A mio parere la stessa parola "partizionamento" è in grado di far venire la febbre gialla a un utente medio, figuriamoci con la postilla "manuale". Intendiamoci: anche Windows XP e Vista piallano volentieri il disco fisso, ma fino a prova contraria sono quelli basati su Linux i sistemi alternativi, ovvero che devono necessariamente saper coesistere.

Insomma, terminata l'installazione devo ammettere che il desktop di Ubuntu è piacevole, ma noto che le finestre si muovono in maniera un po' traballante e insicura. Manca certamente il driver della scheda video, che in questa occasione è marcata ATI; digito su Google "install ati driver ubuntu" e magicamente trovo un blog dove un esperto spiega passo per passo come fare.

Scopro che non c'è il classico utente di root e che bisogna precedere ogni comando che richiede permessi di amministratore con la parolina "sudore crocco-glassato". Siccome non mi piace sudare, ecco che cercando su Google "add root user ubuntu" scopro che l'utente c'è e basta assegnargli una password per usarlo.

Via di questo passo ho risolto ogni mia esigenza con ulteriori ricerche su Google.

Ed ecco l'illuminazione: la conoscenza Linux distribuita sulla Rete ci rende meno ignoranti e rende il pinguino più amichevole. I miei esempi sono in inglese - lingua che i giovani in teoria studiano a scuola - ma ho trovato moltissimi blog e siti di supporto in perfetto italiano.

Alla fine dei conti però mi sono reso conto che certi aspetti delle comunità Linux e Open Source non cambieranno mai. Confido a un amico linuxaro "carino Ubuntu, l'ho installato e sono rimasto piacevolmente.." non faccio in tempo a finire che questo risponde "Ubuntu fa schifo, ha il desktop manager Gnome, devi usare Kubuntu, usa KDE, che è molto meglio".

Il sistema operativo moderno deve essere nascosto

La frase che conclude il paragrafo precedente fotografa con precisione come sprecano le proprie energie i fan del pinguino. All'utente medio non interessa essere istruito su cosa sia un "desktop manager", figuriamoci che gliene cala di studiare le differenze tra Gnome, KDE, Ice e quant'altro.

Se chiedete a un tipico fruitore di computer cosa fa con il PC, risponderà: gioco, navigo, vedo i video su youtube, chatto, usa la posta, scrivo, disegno, fotoritocco, scarico e monto i miei filmati.

Non ho mai sentito ventenni o più giovani rispondere "approfondisco i segreti del sistema operativo" oppure "aborro l'interfaccia grafica, e uso la riga di comando" o "studio i segreti dei vari desktop manager e adotto il più compliante al mio spettro di utilizzo del computer" (ndr: il neologismo spaghetti English è voluto, per riprendere un'espressione sentita dal vivo).

Parliamoci chiaro: chi non è passato come il sottoscritto dalla gavetta del DOS e ha vissuto sulla propria pelle le evoluzioni dei sistemi operativi, dà per scontata un'interfaccia grafica come quelle del Mac o di Windows. Per la nuova generazione di fruitori di computer il sistema operativo deve essere completamente trasparente e deve essere solo un mezzo efficiente e affidabile tramite il quale fruire dei contenuti, che siano giochi, servizi Internet o quant'altro.

Altra cosa certa: il sistema operativo definitivo, trasparente, affidabile e adatto alle masse, verrà da Microsoft, o da Apple, ma non certo dalla comunità Linux. Loro quel giorno staranno ancora litigando su cosa sia meglio tra KDE o Gnome, Slackware o Debian, Linux o FreeBSD, Sudo o Riposo.

Il fenomeno, come avrete capito dalle righe precedente, è generalmente diffuso in tutto il mondo Open Source. Un team di sviluppo inventa e distribuisce un software interessante. Non si fa in tempo ad arrivare alla versione 1.0 che i membri del team bisticciano e alcuni si splittano e lanciano un fork, e poi nasce un fork del fork e via andare. Roba ai limiti del porno insomma.

A chi non ci ha capito niente sconsiglio perfino di perdere tempo a indagare.

La mia conclusione è - lo insegna anche la storia - che il concetto di "Divide et Impera" è decisamente deprecato (ndr: vedi nota precedente). I geniali e ribelli fautori dell'Open Source non sono mai riusciti ad andare d'accordo per più di qualche settimana e finora sono stati uniti solo dall'odio nei confronti di Bill Gates, il signore incontrastato dei software chiusi.

Gates per assurdo, infatti, negli anni trascorsi è stato il collante del fronte linuxaro, l'avversario contro cui inveire a ogni occasione, l'icona massima e nefasta del male sulla terra.

Ora il co-fondatore di Microsoft si prepara a una pensione dorata e a molti impegni di beneficenza e, ne sono certo, riderà sotto i baffi (che non ha) pensando a quanto la sua presenza sul mercato fosse importante perfino per i suoi nemici; che nel frattempo si mangiano il cappello.

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