01/12/2017 di Redazione

Personalizzazione, la chiave per entrare nel cuore dei consumatori

Nell'era dei social media e dell'e-commerce, bisogna cercare di entrare nel cosiddetto “inner circle” e imparare a personalizzare l'offerta. Cecilie Sofie Anker Andersen, sales manager di Sitecore, ci spiega perché.

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Un oceano di offerte, informazioni, marchi, prezzi e messaggi si riversa quotidianamente sugli “utenti”, siano essi clienti fedeli, occasionali o ancora da conquistare. Si riversa attraverso i tradizionali canali (negozi, vetrine, volantini, advertising) ma anche tramite Web, social network, applicazioni. Necessariamente, le aziende di qualsiasi settore oggi tentano di personalizzare le proprie comunicazioni e proposte, ma questo sforzo non sempre produce buoni risultati: un incredibile 96% di consumatori, anzi, si dice insoddisfatto. Tale è la percentuale di coloro che, fra gli intervistati di uno studio sponsorizzato da Sitecore ed eseguito da Vanson Bourne, hanno detto di sentirsi spesso destinatario di una “cattiva personalizzazione”.

 

Che cosa significa? Molti marchi si basano su informazioni non aggiornate (ne ha parlato il 59% degli intervistati) o sbagliate (57%), oppure giungono a conclusioni affrettate in merito ai gusti e interessi degli utenti, basandosi su singole interazioni (54%). Il perché di tutto questo lo si comprende guardano le risposte fornite a Vanson Bourne dalle aziende coinvolte nello studio: in molti casi mancano competenze sul come analizzare i dati raccolti (31%), o su come integrare informazioni di varia provenienza (42%). E quasi mai (per il 12% delle aziende) si riesce a ottenere informazioni sul singolo consumatore. Chi vende prodotti o servizi, invece, deve spingere maggiormente sulla personalizzazione e puntare a entrare in quello che gli uomini del marketing chiamano “inner circle”. Ce ne parla Cecilie Sofie Anker Andersen, sales manager di Sitecore.

 

 

 

 

Com'è cambiata a causa della tecnologia la relazione fra aziende e consumatori?

 

Nell’era dei social media, per stare al passo con le aspettative dei consumatori, la relazione che i brand instaurano con clienti e prospect è radicalmente mutata. Per emergere e distinguersi rispetto all’enorme mole di informazioni a cui i consumatori vengono sottoposti, le aziende devono riuscire a creare contenuti di grande rilevanza e a sviluppare comunicazioni targettizzate per ciascun cliente. Per fare questo, quindi, i brand possono e devono essere in grado di sfruttare i Big Data, con l’obiettivo di sviluppare relazioni significative e “one-to-one” con il proprio pubblico.

 

Come possono le aziende assicurarsi la fedeltà del cliente, in un'epoca di sovrabbondanza dell'offerta?

Cinquant’anni fa l’aspettativa di vita di un’azienda nella Fortune 500 era di circa 75 anni. Oggi, invece, la stessa è inferiore a 15 anni, ed è in costante diminuzione!  Uno sconcertante 88% delle aziende che erano nella Fortune 500 nel 1955, oggi non ci sono più: sono andate in bancarotta, sono state acquisite, fuse, o, se ancora esistono, sono scivolate fuori dalla classifica. Che cosa accomuna tutti questi brand? Tutti hanno cercato di competere a livello di prodotti e prezzi, dando il massimo per offrire il prodotto di migliore qualità al miglior costo. Le aziende che attualmente definiscono lo standard, invece, sono riuscite a resistere e a emergere grazie al fatto di aver stabilito un chiaro scopo, quello di mettere al centro il cliente. Del resto, è provato come sia le società che acquistano software o servizi sia i consumatori che comprano un dispositivo o un’esperienza mantengano relazioni solo con le aziende che hanno scopi e obiettivi precisi: è questa la principale esigenza. A “vincere” sono quei brand che hanno lavorato per determinare un obiettivo più grande e che hanno saputo comunicarlo ai propri clienti, a prescindere da che cosa esso riguardasse, dl fatto che fosse un'innovazione di prodotto o di servizio. 

 

La “cerchia ristretta” di cui parlate rappresenta più un limite o un'opportunità?

Rispondo con una famosissima citazione di Aristotele: “Una persona è amica di un'altra per uno di questi tre motivi: perché è buona, piacevole o utile”. Nonostante siano passati qualcosa come 2400 anni da quando è stata pensata, questa frase continua a essere quanto mai attuale. E il concetto può essere applicato non solo alle persone, ma anche ai brand. La citazione si riferiva infatti ai rapporti umani, ma è possibile fare un’analogia: provate a pensare a quanti brand davvero amate, e al perché li amiate. Come rivelano alcune ricerche, tutti noi abbiamo una cerchia ristretta di amici più cari, in genere fra i tre e i sei, che consideriamo il nostro inner circle, e lo stesso accade nella nostra vita di consumatori. Permettiamo solo ad alcuni brand di entrare nel nostro inner circle, nella quale c’è spazio appunto solo per un numero finito di marchi. Tutto ciò rappresenta una grande opportunità per i brand: se i consumatori capiscono che la tua azienda ha degli obiettivi più ampi rispetto alla semplice ricerca di profitti, la strada verso il loro inner circle sarà più breve. Vale la pena di sottolineare che, da una recente ricerca, abbiamo scoperto che quasi i tre quarti dei professionisti del marketing ritengono che si rischi di perdere la customer loyalty quando non si offre ai clienti una specifica brand experience.

 

 

 

Quali tecnologie e servizi possono aiutare?

Per fare davvero un passo avanti nella gestione della relazione con i clienti, i brand dovrebbero adottare una piattaforma integrata per l’experience management: disporre e operare attraverso un solo strumento, all-in-one, contenuto, dati, vendita e consegna apporta un enorme valore competitivo. Questo approccio tecnologico è essenziale per garantire un significativo miglioramento della customer experience.

I brand devono fornire ai clienti esperienze personalmente rilevanti, aiutando i consumatori a raggiungere un obiettivo, spostandosi dalla semplice transazione e arrivando a rendere l’esperienza d’acquisto una parte integrante del raggiungimento delle ambizioni individuali. Per riuscire a fornire esperienze personalizzate e soddisfacenti è necessaria una trasformazione, una vera e propria rivoluzione tecnologica e strategica. Il primo passo in questa direzione è il radicale cambiamento del modo in cui i brand considerano sé stessi e ciò che offrono ai consumatori.

 

 

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