07/07/2015 di Redazione

Pirati contro pirati: Hacking Team perde 400 GB di file riservati

Bucato il profilo Twitter dell’azienda milanese che sviluppa software di spionaggio “legale” per governi e autorità. Gli hacker hanno pubblicato migliaia di documenti “top secret”. Nel 2011 la società è finita nelle carte di Wikileaks: avrebbe collaborato

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L’Italia torna al centro della scena internazionale, non per meriti particolari ma per una oscura vicenda di attacchi informatici. L’Hacking Team, azienda milanese che da anni realizza software di “spionaggio legale” per governi e autorità di mezzo mondo, è stata colpita da un’incursione proveniente dal Web. Un gruppo di hacker ha infatti bucato il profilo Twitter della compagnia, cambiandone il nome in “Hacked Team”. Se i pirati si fossero limitati a questo, il danno sarebbe anche rimasto circoscritto a un grande e giustificato imbarazzo. Ma, ovviamente, i cybercriminali sono andati oltre: in pochi minuti sono partiti alcuni tweet contenenti link con cui scaricare materiale e documenti riservati dell’azienda, oltre a mail dei dipendenti e immagini. In totale, gli hacker hanno reso disponibili oltre quattrocento gigabyte di file. Una falla del genere, per una società che ha fatto dell’hacking la propria ragione di vita, è ovviamente molto grave.

L’incursione non è ancora stata rivendicata da un gruppo specifico, né si conoscono i veri motivi dell’attacco. Ma, probabilmente, le ragioni risiedono proprio nel core business di Hacking Team: lo spionaggio. Si sa, i pirati informatici e i cosiddetti “hacktivisti” sono genericamente allergici al controllo della Rete da parte delle autorità e, forse in misura ancora maggiore, mal sopportano tutte quelle realtà che collaborano con i governi per questo fine.

In più, quattro anni fa l’azienda milanese finì nel polverone sollevato dalle rivelazioni di Julian Assange e dello scandalo Wikileaks. La compagnia guidata dall’amministrator delegato David Vincenzetti, infatti, ha sempre dichiarato di non aver mai fornito software e servizi a dittature e a Paesi caratterizzati da regimi non democratici. Ma sembra che le carte diffuse da Assange raccontassero una storia ben diversa.

Dai documenti circolati in Rete si apprende come Hacking Team abbia collaborato con diverse Nazioni decisamente borderline, tra cui Kazakistan, Arabia Saudita, Oman, Sudan, Russia, Turchia, Bahrain, Emirati Arabi Uniti e così via. Gli accusatori sostengono che l’azienda abbia fornito software per permettere ai governi di tenere sott’occhio non solo potenziali criminali o terroristi, ma anche politici, attivisti e giornalisti.

 

I pirati informatici hanno cambiato l'immagine Twitter dell'azienda, scrivendo "Hacked Team"

 

I maligni, però, hanno proposto in queste ore una teoria alternativa. L’incursione degli hacker avrebbe ben poco a che fare con l’attivismo. Secondo alcuni, infatti, l’attacco sarebbe stato scagliato da altre realtà competitor di Hacking Team, per screditare l’organizzazione milanese e attrarre così gli eventuali clienti che scapperanno a gambe levate, perché terrorizzati da una società che non riesce a difendere in modo efficace i propri sistemi It. Fantamercato o dura realtà?

 

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