30/10/2017 di Redazione

Pubblicità, “Facebook non origlia le vostre conversazioni”

Il social network nega di utilizzare il microfono dello smartphone per ascoltare i discorsi degli utenti e proporre di conseguenza inserzioni mirate. L’azienda è intervenuta pubblicamente dopo che la teoria è stata riproposta in queste ore sul Web.

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Facebook ha smentito categoricamente le indiscrezioni sull’utilizzo dei microfoni dei dispositivi per scopi pubblicitari. Il social network ha deciso di prendere pubblicamente posizione per mettere a tacere un rumor che circolava da diverso tempo, alimentato nuovamente in queste ore da PJ Vogt, conduttore di un podcast chiamato Reply All. Secondo le voci di corridoio, infatti, il colosso di Menlo Park sfrutterebbe segretamente dello smartphone per ascoltare le conversazioni degli utenti e creare così inserzioni pubblicitarie mirate. Una pratica irrituale, se non addirittura illegale, ma che Facebook ha negato apertamente di seguire ricorrendo a un tweet di Rob Goldman, Vp Product, Ads & Pages del social network.

Eppure le esperienze degli iscritti alla piattaforma raccolte da Vogt sono numerose. E decisamente inquietanti. Un ascoltatore, ad esempio, ha telefonato per raccontare come, in seguito a una lieve scottatura nel bar in cui lavorava, si sia poi recato in un negozio per farsi consigliare una crema lenitiva. Dopo pochi minuti dall’acquisto l’utente ha visto comparire su Facebook un banner che reclamizzava lo stesso prodotto comprato.

L’ascoltatore ha aggiunto di aver parlato dell’incidente con il proprio collega, prima di uscire dal locale per andare ad acquistare la crema. E il barista ha giurato di non aver mai effettuato ricerche sul Web di quel prodotto. Goldman ha poi ribadito che il meccanismo di profilazione delle pubblicità sulla piattaforma di Menlo Park funziona esclusivamente sulle informazioni fornite (e poi eventualmente modificate) in fase di iscrizione e in base agli interessi dell’utente, come le ricerche effettuate sul social network.

Nessun segreto, quindi. Alcuni osservatori hanno provato a spiegare il fenomeno ricorrendo addirittura a teorie psicologiche, come il paradosso Baader-Meinhof, secondo cui dopo aver appreso un termine o un’informazione poco familiare ci si convince di incontrare quella parola molto di frequente in un lasso di tempo ridotto.

 

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