07/02/2017 di Redazione

Pubblicità presa a pesci in faccia: spopolano gli ad blocker

Secondo Pagefair nel 2016 l’11% degli utenti del Web ha utilizzato software per bloccare le inserzioni. Il danno economico per gli editori è di decine di miliardi di dollari. Il Paese con la maggior diffusione di questi componenti è l’Indonesia (58%), l’I

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Nel 2016 un “navigante” del Web su dieci ha utilizzato un ad blocker, vale a dire quei programmi e componenti aggiuntivi che bloccano banner e pubblicità su Internet. Cifre in crescita del 30 per cento e che grosso modo equivalgono a 615 milioni di dispositivi connessi, dagli smartphone ai computer. Le statistiche sono state pubblicate dalla startup Pagefair, nata proprio per aiutare le imprese a recuperare gli introiti persi dalle inserzioni cancellate dagli ad blocker. Sì, perché la questione gira tutta attorno al danno economico, calcolato ormai in diverse decine di miliardi di dollari (erano 22 già nel 2015). Secondo i numeri resi noti da Pagefair, i device mobili che utilizzano ad blocker da mobile sono cresciuti da 272 a 380 milioni, mentre i desktop sono passati da 202 a 236 milioni.

Dal punto di vista geografico, i software per eliminare la pubblicità dalle pagine Web stanno letteralmente spopolando in Paesi come l’Indonesia, dove sono utilizzati dal 58 per cento della popolazione, Grecia e Irlanda (39%), Polonia (33%), Pakistan (32%) e India (28%). L’Italia si ferma invece al 17 per cento, per circa 6,5 milioni di utilizzatori. Osservando la mappa di Pagefair, si fa fatica a delineare un trend geografico ben preciso, ma sembra che generalmente i Paesi in via di sviluppo siano in prima linea nell’adozione degli ad blocker.

“Abbiamo registrato un aumento incredibile in queste Nazioni, che nessuno aveva previsto”, ha spiegato al New York Times Sean Blanchfield, chief executive della startup. “Nell’immediato futuro ci aspettiamo che la stessa tendenza si verifichi improvvisamente anche in Occidente”. Analizzato il problema, è possibile trovare una soluzione?

 

 

Dipende. Va detto che inserzionisti ed editori, in particolar modo in seguito alla diffusione del mobile, hanno probabilmente esagerato nell’infarcire i siti di forme pubblicitarie sempre più invasive: banner, pop-up, video in autoplay e così via. Questo ha portato alla reazione di netto rifiuto degli utenti, basata anche sull’antico adagio che il Web debba essere per forza gratuito.

“Bloccare la pubblicità rappresenta un danno enorme per tutto l’ecosistema”, ha sottolineato Paul Verna, analista di eMarketer. “Il modo migliore che il settore ha per affrontare il problema è realizzare inserzioni convincenti e gradevoli, che non portino i consumatori” a fuggire installando degli ad blocker.

 

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