31/10/2016 di Redazione

Red Hat esposta su più fronti per la trasformazione open

L’azienda ha annunciato una nuova collaborazione con Ericsson su tecnologie come Openstack, i container e tutta l’infrastruttura definita dal software. Ma ha anche presentato gli aggiornamenti della propria piattaforma di virtualizzazione, rimarcando il p

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Internet delle cose, reti 5G, infrastruttura definita dal software. E ovviamente il supporto della comunità che gravita attorno all’open source. Red Hat sta cercando di affrontare le sfide della trasformazione digitale con un approccio a 360 gradi, proponendo alle aziende clienti soluzioni riguardanti i “temi caldi” di oggi. Va per esempio in questa ottica il nuovo accordo siglato con Ericsson per l’offerta di soluzioni di comunicazione completamente aperte e pronte per la produzione, che coprono Openstack, il networking definito dal software più in generale tecnologie che regolino via software tutta l’infrastruttura It. Una collaborazione già in essere da tempo su prodotti come Red Hat Enterprise Linux e Jboss Middleware, estesa oggi ad altri ambiti come quelli già citati a cui si aggiungono anche le tecnologie di containerizzazione.

I container sono stati tra i protagonisti anche dell’ultimo Vmworld 2016 Europe di Barcellona, a cui Red Hat ha partecipato in qualità di partner storico dell’azienda focalizzata sulla virtualizzazione. “Lavoriamo su aree fondamentalmente diverse, ma che presentano importanti punti di contatto: Vmware fornisce per esempio pieno supporto alle nostre distribuzioni Linux di livello enterprise”, ha spiegato a Ictbusiness.it Scott Herold, software and systems architect di Red Hat, durante l’evento catalano.

“Stiamo seguendo gli stessi trend e aiutando le aziende a realizzare progetti analoghi e fondamentali, come la modernizzazione del data center e i container”, ha aggiunto Herold. “Si pensi ad esempio a Red Hat Enterprise Linux Atomic host, sistema operativo ottimizzato per l’esecuzione di container nel formato Docker. Una piattaforma con un’impronta minima, leggera ed efficiente e ovviamente pensato per il cloud”. A cui si unisce anche il fronte comune dello storage definito dal software (declinato nell’offerta Ceph).

Ma il vendor ha rilasciato da poco anche Red Hat Virtualization 4 (Rhv4), che include sia un hypervisor molto performante, frutto anche dell’intenso lavoro fatto dall’azienda sul fronte della tecnologia Kvm di Linux e un componente basato su Web per la gestione delle risorse virtualizzate. L’aggiornamento migliora l’automazione dei processi, offre maggiori sicurezza e introduce il pieno supporto a Openstack.

 

Scott Herold, software and systems architect di Red Hat

 

“Red Hat è l’autore del 60 per cento del codice accettato dalla community in Kvm e alle sue dipendenze lavorano moltissimi sviluppatori e contributori centrali del progetto”, ha sottolineato Herold. “È un grosso investimento, con la speranza di far crescere queste tecnologie e di portarle poi oltre. Con la quarta versione della nostra piattaforma di virtualizzazione abbiamo puntato molto sull’esperienza utente, un elemento centrale anche nell’enterprise”.

Perché il mercato della virtualizzazione è ormai maturo, ma Herold vede ancora importanti opportunità di crescita ed esigenze insoddisfatte, che l’open source è in grado di affrontare. “Come l’ambito DevOps, in cui siamo presenti con Openshift”, ha rimarcato il manager. “Un’offerta di tipo Platform-as-a-Service che può essere eseguita anche in ambienti Vmware, così come in Openstack o in Rhv4. Come sempre, siamo aperti a ogni tipo di piattaforma e possiamo fornire tecnologie per spazi fisici e virtuali, così come per il cloud pubblico o privato”.

Un circolo virtuoso composto dalla nuvola, da nuove modalità di sviluppo e dai container. “Questa è la prossima grande opportunità secondo noi”, ha spiegato Herold. “Il cambiamento è in corso e gli sviluppatori stanno cercando di creare applicazioni cloud native, pronte per la produzione nei data center moderni. E più lavoreranno in questa direzione e più tecnologie come la containerizzazione cresceranno”.

E il passo a cui lo scenario sta cambiando è sorprendente. “Cinque anni fa non era pensabile virtualizzare i carichi di lavoro di oggi: eppure oggi vediamo sistemi Erp, grandi database, sistemi per transazioni ad alta frequenza e così via. Ma gli smottamenti si verificano anche nel mid-market, un segmento centrale per noi, in cui possiamo crescere. In alcune aree europee, Italia compresa, abbiamo registrato successi chiave con alcuni clienti: e in Paesi come il vostro, quando la voce ‘gira’, il resto viene da sé”, ha concluso Herold.

 

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