19/01/2017 di Redazione

Samsung, tribunale di Seul nega arresto vicepresidente Lee

Il numero due dell’azienda, accusato insieme ad altri dirigenti (anche di altre società sudcoreane) di corruzione, appropriazione indebita e spergiuro, per ora non andrà in carcere. Il chaebol si è dichiarato soddisfatto della decisione dei giudici. Il ca

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Per il momento Lee Jae-yong non andrà in prigione. Un tribunale di Seul ha deciso di non applicare alcuna misura restrittiva nei confronti del vicepresidente di Samsung, accusato di corruzione, appropriazione indebita e spergiuro in un’indagine collegata all’inchiesta in corso nei confronti della presidente sudcoreana, Park Geun-Hye, ora sotto impeachment. Ma il sollievo di Lee, sottolinea Reuters, potrebbe essere temporanea perché l’ufficio del procuratore speciale ha comunque deciso di continuare a seguire la situazione. Non è detto quindi che l’indagine non riservi futuri colpi di scena. “Apprezziamo il fatto che i risvolti di questo caso possano essere determinati senza ricorrere alla detenzione”, ha spiegato un portavoce dell’azienda.

Ma Lee, 48 anni e fino a qualche giorno fa dato per certo come prossimo numero uno del gruppo (il patron di Samsung, Lee Kun-hee, si è ritirato dalle scene nel 2014 dopo un infarto), non è l’unico dirigente indagato. Nel fascicolo del procuratore sono finiti anche il vice chairman Choi Gee-sung, il suo secondo, Chang Choong-ki, e l’executive di Samsung Electronics, Park Sang-jin.

Il pericolo per Lee sembra essere al momento scampato, ma l’inchiesta sta sconquassando i palazzi di Seul. La presidente Park, prima donna al vertice nella storia della Corea del Sud, è rimasta implicata in una brutta storia di presunta corruzione e favoritismi a diverse società nazionali, a causa della sinistra presenza di Choi Soon-Sil, già ribattezzata la “Rasputin” sudcoreana per la sua enorme influenza sulla presidente.

Secondo gli inquirenti Choi, figlia di un controverso santone, avrebbe avuto accesso a documenti top secret e sarebbe riuscita a condizionare la politica di Park, indirizzando donazioni milionarie verso le proprie fondazioni.  Oltre a Samsung, nell’elenco dei magistrati sono finite pure Hyundai, Sk, Lg e Lotte. Secondo il Wall Street Journal l’azienda di Lee avrebbe versato 36 milioni di dollari a queste fondazioni, allo scopo di convincere la presidente ad approvare una fusione di due divisioni interne, avvenuta nel 2015.

 

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