08/06/2017 di Redazione

Schermi rotti meno esosi con la macchina che ripara l'iPhone

Secondo indiscrezioni, entro la fine dell'anno Apple renderà disponibile in quattrocento negozi di rivenditori terzi Horizon Machine, cioè la strumentazione necessaria a riparare gli schermi danneggiati dello smartphone. Non è noto il prezzo.

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Lo schermo rotto dell'iPhone potrebbe non essere più un dramma per il portafoglio: in circa quattrocento punti vendita autorizzati potrebbe arrivare entro la fine dell'anno e direttamente da Apple la Horizon Machine, cioè la “macchina ripara-iPhone” già impiegata internamente dalla società di Cupertino. Finora, con la logica autarchica che le appartiene, l'azienda del melafonino ha gestito personalmente le procedure di riparazione, garantendo sì un buon livello di servizio e controllo qualità, ma anche imponendo ai suoi clienti prezzi non leggeri. E la tecnologia proprietaria della Horizon Machine (la cui esistenza non è mai stata ufficialmente dichiarata) è rimasta confinata nei circa 500 fra centri di riparazione e negozi targati Mela. I possessori di iPhone danneggiati hanno potuto scegliere fra un canale ufficiale, decisamente costoso per i device non coperti da garanzia, e il ripiego di rivolgersi altrove.

Ma presto, secondo quanto riferito da un'esclusiva di Reuters, le cose cambieranno. Apple è intenzionata a vendere circa 400 macchine ad altrettanti rivenditori terzi e lo farà in due tranche (duecento più duecento) da completarsi entro la fine dell'anno. La copertura riguarderà 25 Paesi circa, includendo geografie come la Norvegia, la Colombia e la Corea del Sud, dove l'azienda di Tim Cook non vanta una presenza diretta.

Come si spiega il cambio di rotta? I giornalisti di Reuters hanno potuto visionare e fotografare alcune Horizon Machine in azione nel quartiere generale di Cupertino e hanno raccolto da Brian Naumann, senior director delle service operations, la dichiarazione secondo cui Apple starebbe cercando di raggiungere un maggior numero di utenti e di ridurre i tempi di attesa per le riparazioni. Secondo un'altra interpretazione, suggerita dalla stessa agenzia stampa, a influire sull'insolita scelta di apertura sarebbe stata una nuova normativa statunitense, il Fair Repair Act (ribattezzato dalla stampa come “right to repair”).

Entrata progressivamente in vigore da gennaio in poi in una manciata di stati federali, fra cui Kansas, Nebraska, Minnesota, Massachusetts e Stato di New York, la normativa prevede che i negozianti possano acquistare dai produttori di dispositivi elettronici (computer, telefoni, elettrodomestici) i componenti necessari a eseguire gli interventi. Prevede, inoltre, che abbiano accesso ai manuali di riparazione ufficiali. Secondo indiscrezioni riportate a suo tempo da Motherboard, fra gennaio e aprile scorsi Apple, Verizon e altre società tecnologiche avrebbero speso quasi 370mila dollari per ingraziarsi le lobby coinvolte, spingendole a osteggiare il Fair Repair Act.

 

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