13/07/2018 di Redazione

ServiceNow scommette su chatbot e metodo DevOps

La piattaforma d’intermediazione di servizi in cloud allarga il raggio d’azione verso settori aziendali diversi dall’It e dalle risorse umane. Queste ultime appaiono in evoluzione, ma con riserve ancora da sciogliere.

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C’è un punto fermo nella strategia di ServiceNow in questi anni recenti di forte crescita, e lo ribadisce Rodolfo Falcone, a bordo della società da circa un anno con la carica di Mediterranean Area Vice President and Italian Country Leader: “La nostra piattaforma SaaS di gestione dei servizi It e di business intende accompagnare la trasformazione digitale delle aziende”. Al di là di questo elemento portante, negli ultimi tre anni il vendor ha seguito un rapido percorso evolutivo, che ha portato a un sostanziale allargamento della copertura funzionale, con la proposta di servizi SaaS ai dipartimenti delle risorse umane, della security e, a breve, anche della logistica e della gestione finanziaria.

 

Si spiega anche in questo modo l’obiettivo di raggiungere i 4 miliardi di dollari di fatturato nel 2020, quando nel 2017 il risultato è stato di 1,93 miliardi. D’altra parte, ricorda Falcone: “La piattaforma si è orientata inizialmente verso l’IT Service Management, ma l’approccio trasversale era chiaro fin dalle origini”.

 

L'evoluzione di ServiceNow è confermata non solo dalle pure cifre, ma anche dalle strategie in corso. “Tradizionalmente, veniamo da un posizionamento sulla fascia medio-alta del mercato con una soglia minima di 800 dipendenti”, commenta Nicola Attico, solution consultant manager, “ma ora stiamo consolidando la rete dei partner e questo ci permetterà di abbassare il livello dimensionale. D’altra parte, il customer service management serve a tutti e noi abbiamo un modello che si basa su una piattaforma unica, nella quale si innestano varie suite, in modo da costruire una roadmap ideale per innovare l’offerta di servizi”.

 

Più “intelligenza” con l'analisi semantica

Dal punto di vista tecnologico, diverse sono le novità integrate o prospettate di recente. La recente acquisizione della start up Parlo, in particolare, consentirà a ServiceNow di aggiungere uno strato di analisi semantica ai propri prodotti con la release Madrid, prevista nel primo trimestre 2019. Più immediata è la disponibilità del chatbot Virtual Agent, che permette di supportare il lavoro delle figure di business con una serie di scenari predefiniti nel campo dell’Itsm e delle risorse umane. Nei mesi a venire, l’agente sarà esteso ad altre figure professionali.

 

Agent Workspace, invece, si propone di far ripensare lo spazio di lavoro dei back-office, con un’interfaccia che aggrega diverse fonti informative. per esempio per collegare il profilo di un dipendente o di un cliente alle discussioni realizzate o ai reclami. L’interfaccia è configurabile in base alle necessità dei servizi e sarà l’Itsm a beneficiarne per primo, con le risorse umane a seguire sulla release Madrid.

 

Un’evoluzione rilevante, sempre integrata in Madrid, riguarda Enterprise DevOps, che arriverà con connettori per diverse piattaforme, per esempio GitHub, per aiutare le imprese a sviluppare applicazioni sul PaaS di ServiceNow e alimentare l’ecosistema associato. Il modello è quello del marketplace già sperimentato da Salesforce, ormai un esempio per altre realtà del mercato SaaS.

 

 Rodolfo Falcone, Mediterranean Area Vice President and Italian Country Leader di ServiceNow

 

L’evoluzione dei responsabili delle risorse umane

Sulle risorse umane e sulla figura di responsabilità, il chief human resources officer, ServiceNow ha realizzato uno studio su scala globale per dimostrare come si tratti di un ruolo rapidamente destinato a diventare un acceleratore della trasformazione digitale. Da qui passa l’adozione di tecnologie che servono a potenziare l’esperienza dei dipendenti, umanizzare il posto di lavoro, automatizzare diversi task, facilitare partnership e collaborazione tra diverse funzioni e fornire insight utili per migliorare strategie e decisioni sull’ingaggio dei talenti.

 

L’Europa, tuttavia, appare più indietro rispetto a Nordamerica e Asia-Pacifico nell’adozione di strategie di trasformazione delle risorse umane, presentando un 55% di aziende che ancora utilizza applicazioni Hr single-purpose (negli Usa siamo al 22%), un 32% che prevede di implementare una piattaforma per automatizzare e digitalizzare attività Hr nei prossimi tre anni (52% in Asia e 73% in Nordamerica) e un 30% che si sposterà sul cloud (qui il gap è meno pronunciato, visto che il resto del mondo è attestato sul 44%).

 

L’Italia brilla in modo particolare nella convinzione che i talenti siano una priorità strategica (84% del campione, la percentuale più alta d’Europa) e nella costruzione di squadre di lavoratori capaci di affrontare le future necessità del business (58%). Non siamo messi male, in generale, rispetto al resto del Continente, ma quando si arriva al computo di quante realtà si collochino al “livello tre”, quello massimo nella scala di crescita dei Chro, solo il 9% rientra nella definizione, peraltro alle spalle solamente di Francia e Germania.

 

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