I servizi segreti statunitensi e britannici hanno rubato i codici crittografici delle Sim realizzate da Gemalto, mettendone a repentaglio la sicurezza: la notizia, davvero scioccante, è stata pubblicata qualche giorno fa dal sito The Intercept. “No, i nostri prodotti non sono compromessi”, ha ribattuto ieri l’azienda olandese. Continua quindi la saga delle schede telefoniche fabbricate dal colosso europeo che, secondo i documenti forniti da Edward Snowden, la “talpa” dello scandalo Datagate, sarebbero state hackerate dalla National Security Agency statunitense e dal Government Communications Headquarters di Sua Maestà.
Per capire la portata dell’eventuale danno, basti considerare la quantità di lavoro smaltita da Gemalto, che è il primo produttore al mondo di Sim (due miliardi l’anno), opera in 85 Paesi ed è il fornitore di oltre tremila banche e 450 operatori telefonici. L’allarme lanciato da The Intercept è già costato al colosso 500 milioni di dollari in borsa e, in caso di ulteriori dettagli, la situazione potrebbe peggiorare.
Ecco perché l’azienda si è mossa con un secondo comunicato ufficiale, seguente al primo annuncio del 20 febbraio, con cui ha deciso di fissare per domani una conferenza stampa a Parigi e fornire così maggiori informazioni. Si spera esaustive, visto che per ora i vertici societari sono rimasti alquanto vaghi, limitandosi ad assicurare i milioni di clienti sulla sicurezza dei loro sistemi. Prodotti che oggi sono probabilmente fuori pericolo, ma che forse non lo erano all’epoca degli attacchi condotti dagli 007 britannici e statunitensi. Parliamo, secondo i documenti di Snowden, del biennio 2010-2011.
Un brutto affare, che sicuramente non ha portato lustro nemmeno alle amministrazioni Obama e Cameron. E che segue l’onda lunga parte di quello scandalo “Datagate” rivelato dai giornali di tutto il mondo nel giugno 2013, in cui è stato dimostrato come la Nsa abbia effettuato operazioni di sorveglianza di massa su informazioni private, grazie a programmi specifici come l’ormai famigerato Prism.