28/07/2012 di Redazione

Spending review e tagli Ict: un pasticcio all'italiana?

L’approvazione dell’emendamento salva società in house della Pubblica Amministrazione locale, per cui il Governo ha previsto la cessione o la liquidazione entro il 2014 è solo una delle facce del problema. Le tecnologie, quando c’è da limare la spesa, son

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Il tema è d’attualità per tutti, non solo per gli addetti ai lavori: la spending review è – con tutte le precisazioni dovute del caso – sinonimo di taglio alle spese, di eliminazione dei rami secchi, di (si spera) interventi protesi alla maggiore efficienza. Parlando di tecnologie Ict, i temi legati all’operazione più delicata e complessa del Governo Monti – necessaria nella sostanza perché le precedenti legislature mai hanno affrontato il problema del debito e dello spreco italiano seriamente e strutturalmente – possono essere due: quanto si risparmierebbe degli attuali costi attraverso l’uso di software, Internet e servizi informatici e quanto impatterà la “manovra di revisione” sull’economia del comparto tecnologico.



Il primo pone domande di questo tipo. Quanto si è potuto evitare di spendere gestendo la distribuzione dei plichi direttamente online (per la primissima volta le tracce non venivano consegnate a mano dai carabinieri alle scuole, bensì inviate via Web) in occasione delle ultime prove di maturità? Fonti non ufficiali parlano di 400mila euro. Pochi? Certo non sono i miliardi che si potrebbero risparmiare con una politica di e-government che si possa definire tale, con processi di acquisto/appalto/pagamento gestiti a sistema e senza inutili ed eccessivi giri di carta, ma è piccola testimonianza virtuosa che qualcosa si può fare.  

La convenzione firmata da Inail e Consip per accelerare i processi di innovazione Ict dell’Istituto (con un ricorso più strutturato agli strumenti di e-procurement, tanto per comininciare) ,va anch’esso in questa direzione, che è quella della razionalizzazione e del contenimento della spesa. Peccato che se ne senta la necessità solo oggi e solo in ottica di “spending review” salva Italia.

Come sarà affrontato sotto l’aspetto dei sistemi informativi, altro esempio, il previsto taglio delle province che non rispondono ai requisiti dell’ultimo decreto in materia? O meglio: siamo, anzi, sono sicuri che con l’ausilio delle tecnologie parte dei costi di una struttura elefantiaca come quella formata da assessori e collaboratori vari non potesse essere eliminata senza avventurarsi in un progetto di riorganizzazione territoriale che tutto promette meno che garantire maggiore efficienza dei servizi a parità di spesa?


Il secondo tema è se vogliamo più politico.  E le ultime notizie al riguardo lo confermano. Sul sito di The Innovation Group, società di servizi di consulenza direzionale i cui fondatori sono due ex manager di Idc, si invitano i lettori a riflettere sui contenuti  dell’articolo 4 del decreto legge sulla Spending Review approvato il 6 Luglio che riguarda la liquidazione o la cessione entro il 2013 delle società in house di servizi Ict della Pubblica Amministrazione locale. Pochi ne hanno parlato sebbene dall’organismo che raggruppa 14 società del settore, l’Assinter, siano arrivate nitide grida di allarme.().

La questione che non può passare sotto traccia è la seguente: è giusto intervenire in questi modi e in questi tempi su un comparto importante delle societa informatiche pubbliche, più volte messo sotto accusa – ricordano quelli di The Innovation Group - per non essere competitivo ma che ha peculiarità diverse a seconda delle singole realtà e dei singoli territori ed è significativo in termini di sviluppi tecnologici e di know how? Gli obiettivi di risparmio alla base del prossimo taglio sono coerenti con la scelta radicale operata dal ministero competente?

Chi si è dichiarato scettico verso il provvedimento del Governo ha messo sul tavolo “la possibile evoluzione strategica che il  comparto,  opportunamente “rivisitato, potrebbe giocare in molti programmi della futura  Agenda per l’Italia Digitale”. Solita scusa per salvare le poltrone o reale preoccupazione per il rischio che importanti asset e risorse vengano ancora una volta sprecate? Un’idea potrebbero esprimerla i clienti dei servizi offerti dalle società in-house, così per sentire una campana che non sia la solita. 

Qualcosa, però, nel frattempo si è mosso perché quando si tratta di mettere mano a qualcosa di sedimentato in Italia si scatta in piedi. Viene meno infatti l'automatismo di chiusura previsto nel testo originario del provvedimento: entro 90 giorni dall'entrata in vigore della legge di conversione, le pubbliche amministrazioni interessate possano infatti predisporre appositi piani di ristrutturazione e razionalizzazione delle società controllate. Piani che dovranno essere approvati dal commissario straordinario Enrico Bondi e possono prevedere la individuazione delle attività connesse esclusivamente all'esercizio di funzioni amministrative che potranno continuare ad essere svolte in house.



L’approvazione del nuovo emendamento in commissione Bilancio, che allunga al 31 dicembre 2014 gli affidamenti diretti vigenti, prevede tecnicamente che qualora esistano "peculiari caratteristiche economiche, sociali, ambientali e geomorfologiche" che rendono non efficace e utile il ricorso al mercato, le amministrazioni interessate dovranno fare un'analisi di mercato e trasmetterne gli esiti all'Antitrust che renderà un parere vincolante che sarà a sua volta trasmesso alla presidenza del Consiglio.

Che dovrà esaminare il rapporto, nominare esperti per arrivare a una decisione, prendersi tutto il tempo che serve per comunicarla ai diretti interessati e…. Pensare di far funzionare meglio le società Ict pubbliche utilizzando sinergicamente e in modo appropriato le tecnologie oggetto della loro quotidiana attività non sarebbe la soluzione ideale?

 

 

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