A Catania si è svolto il convegno "Il Piano Banda Larga: il ruolo delle province ed il contributo degli operatori". A partecipare e dare spessore all'evento il viceministro, Paolo Romani.
L'occasione catanese è stata quella della sigla di un protocollo d'intesa tra Ministero dello Sviluppo Economico (Romani ne è il delegato alle Comunicazioni e, si dice, sia il ministro in pectore del presidente Silvio Berlusconi quando lascerà l'interim ministeriale) e l'UPI, l'Unione delle province italiane.
Il protocollo ha l'obiettivo di unire le forze per annullare il digital divide e portare la banda larga anche nelle zone "a fallimento di mercato", dove nessun operatore ha voglia di investire perché non rientrerebbe mai dei soldi investiti.
UN esempio che sembra vincente riguarda proprio la Sicilia dove Mandarin è un operatore wireless che ha vinto la gara per diffondere la connettività a larga banda nella regione usando anche tecnologie WiMAX. "Una scelta complementare a quella din fibra che creerà una maggiore domanda facendo conoscere i benefici della banda larga ai comuni finora isolati e che rimarrà come una valida risposta in tutte quelle zone in cui la fibra non arriverà mai», commenta Vincenzo Franza, presidente di Mandarin.
Ovviamente gli auspici politici sentiti a Catania sono per un coordinamento, un non buttare risorse inutilmente, cercare di mettersi d'accordo e collaborare.
Paolo Romani auspicava a Catania che anche Telecom Italia decida di aderire all'incontro che vorrà fare presso il Ministero per mettere intorno a un tavolo sia gli ultimi protagonisti, ovvero Wind, Vodafone e Fastweb con la loro proposta "Fibra per l'Italia" e scendere nel concreto delle compatibilità tra i piani degli uni con quelli di Telecom Italia. Contemporaneamente sia Galateri di Genola presidente sia Franco Bernabé amministratore di Telecom Italia, insistevano nel voler andare avanti sul proprio piano.
La differenza tra i due progetti, sembra di capire, sia anche
nell'approccio tecnologico: Fibra per l'Italia vuole portare una fibra
ottica in ogni domicilio, appartamento, ufficio (vedi Fibra per l'Italia
non è un'alleanza contro Telecom), in sostanza una sostituzione pari pari del doppino di rame attuale con
una fibra individuale che collega direttamente l'operatore al cliente
finale. (vedi anche Il Paese Digitale di Confindustria un'utopia?)
Telecom Italia, invece, pensa di arrivare con la fibra quanto più vicina
possibile alle centraline di strada ma da qui alle case scegliere la
soluzione tecnologica più economica, anche lasciare vivere il doppino in
rame.
Anche perché s'è sempre detto che l'ADSL in Italia si è avvantaggiata
del fatto che i tronconi di rame che collegano le centraline alle
abitazioni sono mediamente corti e capaci di reggere l'xDSL ancora per
molti anni assicurando buone velocità.
Questa situazione dei doppini è quella in campo sostanzialmente da
sempre.
Il nocciolo della questione rimane quello solito: separiamo o no i
doppini in rame da Telecom Italia? Se in futuro continueranno ad essere
governati esclusivamente da TI, nonostante ogni buona volontà e
decisione dell'Autorità Garante delle Comunicazioni e delle sue regole, i
clienti continueranno a restare ostaggio di TI.
Con una "intelligenza" della rete che invece può stabilire un filo-fibra
diretto, senza mediatori, tra utente e operatore, sarà chi tra questi
ultimi offre servizi più interessanti che sarà attrattivo per l'utente
che potrà, volendo, ora scegliere l'uno ora l'altro fornitore perché il
proprio filo-fibra potrà essere attestato rapidamente sull'uno o
sull'altro fornitore.
Se l'intelligenza della rete arriverà solamente fino a un certo punto
ma, per il tratto finale, bisognerà comunque riconoscere un affitto o un
pedaggio di transito a Telecom Italia, sarà sempre quest'ultima a
tenere tra le mani il mercato dell'utente finale. Ecco perché i tre
della "Fibra per l'Italia" vogliono sfilare il rame e portare fibra
nuova in ogni casa. Con l'accordo tra loro che sarà sui servizi che poi
si scontreranno. Ed è anche questo il motivo che spiega la ritrosia di
Telecom Italia a sedersi a un tavolo comune.
Però la linea prudente di Bernabé e Galateri di Genola potrebbe essere
quella più realistica, date le condizioni economiche sia di TI sia delle
casse pubbliche, regionali comprese.
Nel frattempo infatti le autonomie locali, lanciando il cuore oltre
l'ostacolo, mirano a fare da sé. La Lombardia e l'Emilia hanno già
realizzato o almeno hanno progetti e studi per realizzare proprie reti
in fibra.
Come? Su quali standard? con quale integrazione con i vicini di regione?
Sarebbe stato bello avere un coordinamento, un quadro nazionale di
riferimento.
Ma l'autorevolezza delle autorità, sia AgCom sia AntiTrust, è tale che
non riescono a far sedere intorno a un tavolo nemmeno i protagonisti.
Figurarsi. E poi ogni volta si ricomincia daccapo con: "un censimento
dei cavidotti, delle strutture, di quanto c'è sul territorio". Fosse
stato fatto e pubblicato almeno una volta il risultato dei precedenti
tentativi, si potrebbe almeno (far finta di) non ricominciare da zero.
Per conoscere meglio i termini anche tecnici della questione Next Generation Network ci avvaliamo del ponderoso volume prodotto ai primi di maggio da Confindustria col progetto che in sintesi viene definito Progetto Paese Digitale (vedi Il Paese Digitale di Confindustria un'utopia?)