19/07/2010 di Redazione

Telecom Italia s'è convinta a cedere il rame

Il Tavolo Tecnico del viceministro Paolo Romani sembra stia lavorando a una ipotesi di società alla quale Telecom Italia conferisce la propria rete in rame con patto di riaverla indietro fra una diecina d'anni. Nel frattempo la nuova impresa costruirà, as

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Oggi avrebbe dovuto esserci il "tavolo tecnico" voluto dal viceministro alle Comunicazioni Paolo Romani che doveva riunirsi l'8, diventato 19 ma che slitterà più in là. Speriamo prima di agosto. Su Affari&Finanza, Stefano Carli riaccenna a queste date ma sottolinea che sembra vi sia un generale consenso su una ipotesi tecnico-finanziaria che sembra accontentare tutti: Telecom Italia in primis, gli operatori indipendenti, le autonomie locali regionali ambiziose, i ministeri tutti. Insomma sembra si sia "trovata la quadra" come direbbe il capomastro Umberto Bossi.

Sembra sia stato trovato un marchingegno finanziario per costruire la Next Generation Network in fibra ottica


Il marchingegno finanziario, non sembri irrispettoso per i McKinsey boys che ne sanno una più del diavolo, somiglia al gioco delle tre carte. Avete presente? "Carta vince, carta perde... Dov'è la carta che vince? Puntate, puntate e non perdete di vista la carta che vince". Qui ciò che bisogna tenere sott'occhio è la rete in rame, snodo fondamentale per avere via libera per la costruzione di una Next Generation Network in fibra fino alle case e agli uffici degli italiani.

Il marchingegno che pare abbia raccolto il consenso dell'amministratore delegato di Telecom Italia, Franco Bernabé, sembra sia la costituzione di una nuova società alla quale Telecom parteciperebbe conferendo il proprio asset più prezioso: la rete in rame che costituisce attualmente il vero asset patrimoniale sulla base del quale gli azionisti bancari e la spagnola Telefonica continuano a fornire supporto e copertura ai 35 miliardi di debiti in pancia a TI dai tempi della privatizzazione.

Perché Bernabè si sarebbe lasciato convincere a fare ciò che fino all'altro ieri non voleva neanche discutere: cedere la propria rete, quella che le garantisce di continuare a lavorare e a tenere in mano il 70 e passa per cento del mercato della connettività voce e dati su rete fissa?

Perché la cessione alla nuova impresa non le costerebbe sostanzialmente nulla anzi incasserebbe quei miliardi "di carta" (niente denaro vero, insomma) che in un battibaleno farebbero tornare in bonis i numeri dell'azienda sostanzialmente azzerando i debiti finanziari grazie alla cessione ben ripagata dal punto di vista contabile.

Perché insieme alla cessione a zero oneri si abbinerebbe quella che in borsa si chiama "una call", ossia un patto tra chi cede e chi compra per cui chi compra si impegna a rivendere, in futuro, a chi cede a un prezzo fissato oggi o con un percento d'incremento sul valore stabilito oggi.

Franco Bernabé, AD Telecom Italia, ora sembra si sia lasciato convincere a cedere a una NewCo la rete in rame


In sostanza Telecom Italia:

- si priva della nuda proprietà della rete in rame oggi,

- continuerà ragionevolmente a gestirla pagando un canone prestabilito alla società che l'acquista, un canone che sarà "di mercato" ossia uguale a quello che pagheranno gli altri operatori (che così non hanno più di che lamentarsi per discriminazioni, posizioni dominanti, inciuci e robe varie)

- riduce i debiti contabili così da poter raccogliere sul mercato internazionale nuovo denaro per tornare a investire si spera in Italia e all'estero

- partecipa assieme agli altri, per una propria quota, al progetto comune di Next Generation Network

- tornerà in possesso della rete in rame fra una diecina e più anni a un prezzo prefissato oggi così che il patrimonio si gonfierà di nuovo di un asset che nel frattempo sarà diventato meno cruciale per il fatturato e i servizi perché ci sarà, come per tutti gli altri, la NGN. Ma la vitalità del rame è sempiterna e , fra dieci o più anni, potrebbe tornare comodo utilizzare la "vecchia rete" per offrire servizi particolari su una rete proprietaria senza vincolo di doverne condividere l'uso con i competitor. Insomma, TI tornerebbe proprietaria "a gratis" di ciò che ha oggi ma con la NGN in più pagata e condivisa con gli altri. E l'evoluzione delle tecnologie aiuterà a fare il resto.

Perché questa ipotesi di cessione della rete in rame dovrebbe essere bene accolta dagli altri operatori?

Per il motivo che, come s'è calcolato più volte, in Italia non c'è spazio per due Next Generation Network in competizione l'una con l'altra.

Anzi, per avere il ritorno dei cospicui investimenti necessari per farne una, bisogna suicidare la rete in rame e costringere tutti gli utenti, man mano che la fibra arriva nei quartieri, ad abbandonare il meno costoso rame e abbracciare, manu militari, la fibra e il digitale. Se anche uno solo resta sul rame il fatturato da lui generato comprometterebbe il ritorno dell'investimento dello scavare trincee e portare la fibra in quel quartiere. Insomma la NGN funziona così: o tutti dentro o non c'è Return On Investment per nessuno.

Uno schema concettuale di Next Generation Network che distingue tra accesso in fibra e servizi erogati


Perché questa nuova impresa dovrebbe essere favorita nella sua costituzione nello scacchiere delle grandi scelte strategiche nazionali?

Perché il marchingegno finanziario "cessione del rame TI-costruzione congiunta della rete in fibra" è già in atto per esempio negli accordi che la Lombardia sta per stipulare con Telecom Italia per il proprio piano strategico di Rete Lombarda in fibra ottica e per la quale ha già accantonato e stanziato investimenti che sono pronti per partire.

Così che se a livello governativo centrale si costruisce una entità in grado di favorire in modo coordinato le iniziative locali (che siano la Lombardia, la Provincia di Trento, l'Emilia, la Toscana o quant'altro) non si disperdono risorse e anche gli investimenti degli operatori indipendenti potrebbero essere messi a fattore comune in un Piano Nazionale NGN nato dalle e con le autonomie e articolazioni locali.

Dove la logica è: chi ha soldi e dà priorità alla NGN fornirà prima degli altri una infrastruttura ultramoderna di connettività, favorirà insediamenti industriali, nuovi servizi, commercio e occupazione. Gli altri seguiranno con tempi più lenti, ma arriveranno comunque all'obiettivo, solo un pochino più tardi.

Riuscirà questo gioco delle tre carte a puntare sulla carta vincente? Speriamo di sì.

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