Oggi avrebbe dovuto esserci il "tavolo tecnico" voluto dal viceministro alle Comunicazioni Paolo Romani che doveva riunirsi l'8, diventato 19 ma che slitterà più in là. Speriamo prima di agosto. Su Affari&Finanza, Stefano Carli riaccenna a queste date ma sottolinea che sembra vi sia un generale consenso su una ipotesi tecnico-finanziaria che sembra accontentare tutti: Telecom Italia in primis, gli operatori indipendenti, le autonomie locali regionali ambiziose, i ministeri tutti. Insomma sembra si sia "trovata la quadra" come direbbe il capomastro Umberto Bossi.
Sembra sia stato trovato un marchingegno finanziario per costruire la Next Generation Network in fibra ottica
Il marchingegno finanziario, non sembri irrispettoso per i McKinsey boys che ne sanno una più del diavolo,
somiglia al gioco delle tre carte. Avete presente? "Carta vince, carta perde... Dov'è la carta che vince? Puntate, puntate e non perdete di vista la carta che vince". Qui ciò che bisogna tenere sott'occhio è la rete in rame, snodo fondamentale per avere via libera per la costruzione di una Next Generation Network in fibra fino alle case e agli uffici degli italiani.
Il marchingegno che pare abbia raccolto il consenso dell'amministratore delegato di Telecom Italia, Franco Bernabé, sembra sia la
costituzione di una nuova società alla quale Telecom parteciperebbe conferendo il proprio asset più prezioso: la rete in rame che costituisce attualmente il vero asset patrimoniale sulla base del quale gli azionisti bancari e la spagnola Telefonica continuano a fornire supporto e copertura ai 35 miliardi di debiti in pancia a TI dai tempi della privatizzazione.
Perché Bernabè si sarebbe lasciato convincere a fare ciò che fino all'altro ieri non voleva neanche discutere: cedere la propria rete, quella che le garantisce di continuare a lavorare e a tenere in mano il 70 e passa per cento del mercato della connettività voce e dati su rete fissa?
Perché la cessione alla nuova impresa non le costerebbe sostanzialmente
nulla anzi incasserebbe quei miliardi "di carta" (niente denaro vero,
insomma) che in un battibaleno farebbero tornare in bonis i numeri
dell'azienda sostanzialmente azzerando i debiti finanziari grazie alla
cessione ben ripagata dal punto di vista contabile.
Perché insieme alla
cessione a zero oneri si abbinerebbe quella che in borsa si chiama "una
call", ossia un patto tra chi cede e chi compra per cui chi compra si
impegna a rivendere, in futuro, a chi cede a un prezzo fissato oggi o
con un percento d'incremento sul valore stabilito oggi.
Franco Bernabé, AD Telecom Italia, ora sembra si sia lasciato convincere a cedere a una NewCo la rete in rame
In sostanza Telecom Italia:
- si priva della nuda proprietà della rete in rame oggi,
- continuerà ragionevolmente a
gestirla pagando un canone prestabilito
alla società che l'acquista, un canone che sarà "di mercato" ossia
uguale a quello che pagheranno gli altri operatori (che così non hanno
più di che lamentarsi per discriminazioni, posizioni dominanti, inciuci e
robe varie)
- riduce i debiti contabili così da
poter raccogliere sul mercato
internazionale nuovo denaro per tornare a investire si spera in Italia e
all'estero
- partecipa assieme agli altri, per
una propria quota, al progetto
comune di Next Generation Network
- tornerà in possesso della rete in rame fra una diecina e più anni a
un
prezzo prefissato oggi così che il patrimonio si gonfierà di nuovo di
un asset che nel frattempo sarà diventato meno cruciale per il fatturato
e i servizi perché ci sarà, come per tutti gli altri, la NGN. Ma la
vitalità del rame è sempiterna e , fra dieci o più anni, potrebbe
tornare comodo utilizzare la "vecchia rete" per offrire servizi
particolari su una rete proprietaria senza vincolo di doverne
condividere l'uso con i competitor. Insomma,
TI tornerebbe proprietaria
"a gratis" di ciò che ha oggi ma con la NGN in più pagata e condivisa con gli altri. E l'evoluzione delle tecnologie aiuterà a
fare il resto.
Perché questa ipotesi di cessione della rete in rame dovrebbe essere
bene accolta dagli altri operatori?
Per il motivo che, come s'è calcolato più volte, in Italia non c'è
spazio per due Next Generation Network in competizione l'una con
l'altra.
Anzi, per avere il ritorno dei cospicui investimenti necessari
per farne una, bisogna suicidare la rete in rame e costringere tutti gli
utenti, man mano che la fibra arriva nei quartieri, ad abbandonare il
meno costoso rame e abbracciare, manu militari, la fibra e il digitale.
Se anche uno solo resta sul rame il fatturato da lui generato
comprometterebbe il ritorno dell'investimento dello scavare trincee e
portare la fibra in quel quartiere. Insomma la NGN funziona così: o
tutti dentro o non c'è Return On Investment per nessuno.
Uno schema concettuale di Next Generation Network che distingue tra accesso in fibra e servizi erogati
Perché questa nuova impresa dovrebbe essere favorita
nella sua
costituzione nello scacchiere delle grandi scelte strategiche nazionali?
Perché
il marchingegno finanziario "cessione del rame TI-costruzione
congiunta della rete in fibra" è già in atto per esempio negli accordi
che
la Lombardia sta per stipulare con Telecom Italia per il proprio
piano strategico di
Rete Lombarda in fibra ottica e per la quale ha già
accantonato e stanziato investimenti che sono pronti per partire.
Così che se a livello governativo centrale si costruisce una entità in
grado di favorire in modo coordinato le iniziative locali (che siano la
Lombardia, la Provincia di Trento, l'Emilia, la Toscana o quant'altro)
non si disperdono risorse e anche gli investimenti degli operatori
indipendenti potrebbero essere messi a fattore comune in
un Piano
Nazionale NGN nato dalle e con le autonomie e articolazioni locali. Dove
la logica è:
chi ha soldi e dà priorità alla NGN fornirà prima degli
altri una infrastruttura ultramoderna di connettività, favorirà
insediamenti industriali, nuovi servizi, commercio e occupazione. Gli
altri seguiranno con tempi più lenti, ma arriveranno comunque
all'obiettivo, solo un pochino più tardi.
Riuscirà questo gioco delle tre carte a puntare sulla carta vincente?
Speriamo di sì.