22/02/2019 di Redazione

Tim presenta i conti e si guarda intorno per nuove alleanze

Nel 2018 i ricavi crescono di mezzo punto, sostenuti dall’aumento dei clienti ultrabroadband (+73%). Il primo obiettivo del piano 2019-2021 è ridurre l’indebitamento, creando sinergie con altri operatori. Si riapre il fascicolo Inwit: l’ex monopolista cer

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Raffreddata per ora l’idea di scorporo della rete, Tim prova a guardare avanti concentrandosi sulle strategie per crescere. La parola d’ordine del piano 2019-2021 presentato ieri dall’amministratore delegato Luigi Gubitosi, e approvato dal Cda con due soli astenuti, è “execution”. In sintesi, il primo obiettivo del Ceo è quello di ridurre il debito della società, passando dagli attuali 25,3 miliardi di euro a 22 miliardi nel 2021, prima delle operazioni non organiche. Un buon inizio potrebbe essere rappresentato dal fascicolo Inwit, società che gestisce le torri mobili e di cui Tim controlla il 60 per cento. L’azienda capitalizza a Piazza Affari oltre 4 miliardi di euro, ma al momento l’idea del board non è quella di monetizzare direttamente su Inwit, ma di farne fruttare maggiormente il valore strategico.

Come? Con un’alleanza sul mobile con Vodafone, che parte dalle torri per ampliarsi poi su altri fronti e in particolare sul 5G. Le due telco hanno siglato un memorandum d’intesa non vincolante per “valutare una potenziale transazione che permetta di consolidare in una sola entità le circa 22.000 torri di telecomunicazione in Italia”, aggregando le infrastrutture passive di rete di Vodafone con quelle di Inwit.

La potenziale aggregazione, si legge in una nota, “sarebbe strutturata in modo tale da attribuire a Vodafone e Tim la stessa partecipazione nel capitale e pari diritti di governance in Inwit”, consentendo inoltre alle parti di “non dover lanciare un’offerta pubblica di acquisto sulle azioni di Inwit”. Il consiglio di amministrazione dell’azienda che gestisce le torri ha già dato mandato all’ad Giovanni Ferigo di negoziare l’integrazione con Vodafone, per perfezionare il tutto entro la fine dell’anno.

Si comincerebbe passando dagli attuali 10mila siti condivisi a una copertura nazionale, “con l’obbiettivo di accelerare e rafforzare lo sviluppo della tecnologia 5G e utilizzare in modo più efficiente l’infrastruttura di rete, sia in zone urbane sia in aree rurali”. E i network mobile di quinta generazione costituiscono il vero nucleo del memorandum. Tim e Vodafone intendono infatti condividere anche la componente attiva della rete 5G, valutando al contempo la condivisione degli apparati attivi del 4G e l’adeguamento dei network mobile utilizzando cavi in fibra a maggior capacità.

 

 

Ma il fronte su cui ragione l’ex monopolista è più ampio e prevede trattative serrate anche con Open Fiber, la creatura di Enel e Cassa depositi e prestiti. A inizio mese gli amministratori delegati Gubitosi ed Elisabetta Ripa si sono incontrati per allacciare i primi rapporti e discutere del futuro delle tlc italiane. Si è aperto così un tavolo di confronto, recita la nota stampa, “per esplorare tutte le opzioni possibili, inclusa una completa combinazione societaria”. Tim continua quindi a esplorare l’opportunità di creare una rete unica per massimizzare il valore della propria infrastruttura.

Nuove sinergie che favorirebbero anche le inevitabili riduzioni dei costi, a partire da iniziative già identificate che porteranno a un decremento dell’8 per cento sulla base costi aggredibile, proseguendo nel frattempo “con la dismissione e il consolidamento degli asset ridondanti” come data center e centrali.

 

I numeri del 2018

Il piano strategico di Gubitosi è stato presentato insieme ai numeri di tutto l’anno fiscale 2018. Il gruppo ha registrato ricavi organici per 19,2 miliardi di euro, in rialzo di mezzo punto percentuale rispetto al 2017, con un Ebitda in flessione del 3,4 per cento a 8,1 miliardi. L’utile netto su base normalizzata è stato di 1,4 miliardi, escludendo però la svalutazione di 2,6 miliardi attribuita a Core Domestic e International Wholesale (partita non monetaria), oneri per ristrutturazione e altri oneri non ricorrenti.

La crescita dei ricavi di gruppo nel 2018 è stata sostenuta dal Brasile (più 5 per cento) e dalla sostanziale tenuta della Business Unit Domestic (meno 0,6 per cento). In particolare, per quest’ultima divisione va segnalato nel comparto fisso il forte aumento dei clienti ultrabroadband (più 2,3 milioni tra retail e wholesale, più 73 per cento anno su anno), degli abbonati Timvision (più 23 per cento) e dell’Arpu broadband (più 15 per cento). I rialzi hanno consentito all’operatore di registrare un quarto trimestre positivo a 2,56 miliardi di euro, in aumento di 1,2 punti.

Il giro d’affari del mobile consumer è stato di 3,83 miliardi, in flessione dell’1,5 per cento rispetto al 2017. La telco sostiene comunque di essere riuscita a reagire “in modo efficace” alle nuove condizioni di mercato e, in particolare, al dirompente ingresso di Iliad sulle scene, al ripristino della tariffazione a 30 giorni e alla riduzione dei prezzi di alcuni servizi wholesale. Positivo invece il fatturato del mobile business, in aumento dell’1,8 per cento sul 2017, trainato soprattutto dalla crescita dei nuovi servizi digitali (più 2,7 per cento).

 

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