08/03/2018 di Redazione

Tim vuole un futuro digitale, ma la finanza litiga

Il Cda dell’azienda ha approvato il piano “Digitim 2018-2020” e lo scorporo della rete fissa di accesso in una realtà controllata al 100% dalla corporate. Sullo sfondo si accende la lotta fra Vivendi, primo socio della telco, e il fondo attivista Elliott.

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Tim ha svelato la propria idea di rivoluzione digitale. Il consiglio di amministrazione dell’ex monopolista ha approvato il piano “Digitim 2018-2020” voluto dal Ceo Amos Genish: un progetto sicuramente ambizioso, che prevede “la digitalizzazione di tutti i processi e punta a rinnovare il rapporto con il cliente coinvolgendolo in un vero e proprio viaggio digitale”. Tim parla di un modello di relazione incentrato sui Big Data e su strumenti di analytics avanzati, allo scopo di “supportare la customer base e cogliere nuove opportunità di crescita”. Non saranno certamente contenti gli addetti al call center, per cui la telco prevede una riduzione delle interazioni con i clienti del 30 per cento, per spostare l’attenzione soprattutto sull’applicazione di self care (per cui si vuole arrivare a un tasso di utilizzo dell’85 per cento). Entro il 2020 l’ex monopolista punta a cinque milioni di abbonati ultrabroadband fissi, per un aumento del 178 per cento rispetto ai 1,8 milioni attuali.

Sul fronte Lte, l’obiettivo è raggiungere una penetrazione del 95 per cento rispetto al 76 per cento di oggi. Il percorso è tracciato e si chiama convergenza tra offerta fissa e mobile, a cui si aggiungeranno i fruitori di servizi over the top come Timvision. Anche in questo caso il piano è ambizioso: l’azienda punta a triplicare gli abbonati alla piattaforma, con nuove offerte che verranno dedicate alla clientela premium.

Nel segmento business, Tim ha esplicitato invece le proprie ambizioni per voler diventare una Ict company, “con un posizionamento distintivo nei servizi It e consolidando i ricavi tradizionali”. Entro il 2020 il giro d’affari derivanti da Ict e cloud dovranno rappresentare un quarto del fatturato complessivo del segmento, con un numero di abbonati in fibra triplicato. L’obiettivo della telco è raggiungere a fine piano l’80 per cento delle unità abitative con questa tecnologia. Cento città italiane verranno cablate con sistema Ftth (fiber-to-the-home).

 

I ricavi del 2017 sono positivi, in flessione l’utile

Il progetto digitale di Genish è stato approvato a margine della presentazione dei numeri dell’esercizio 2017. I ricavi consolidati di Tim sono saliti a quota 19,8 miliardi, per una crescita del 4,2 per cento, ma l’Ebitda è calato del 2,6 per cento a 7,8 miliardi. Secondo l’operatore questa voce “sconta l’impatto negativo di oneri non ricorrenti per complessivi 883 milioni di euro (198 milioni di euro nell’esercizio 2016, a parità di tassi di cambio) principalmente connessi a processi di ristrutturazione. In assenza di tali oneri l’Ebitda risulterebbe in crescita del 4,6 per cento, con un’incidenza sui ricavi del 43,7 per cento”.

L’anno scorso gli investimenti sono risultati in crescita di 825 milioni di euro, a 5,7 miliardi, così come il flusso di cassa della gestione operativa. Delude invece la voce riguardante la copertura in fibra, ferma al 77 per cento contro l’85 per cento previsto dall’ormai vecchio piano industriale. L’assemblea degli azionisti è stata convocata per il 24 aprile e la società proporrà un dividendo per le sole azioni di risparmio pari a 2,75 centesimi.

 

 

Fondi esteri in fermento, rete fissa scorporata

L’assemblea di fine aprile si preannuncia però molto calda. Sullo sfondo c’è infatti lo scontro, sempre meno celato, fra il fondo attivista Elliott, gestito dallo squalo finanziario Paul Singer, e Vivendi. L’azienda francese, come è noto, è il primo azionista della telco italiana con il 23,94 per cento del capitale ordinario e controlla cinque consiglieri. E l’obiettivo di Elliott è proprio quello di entrare nella partita delle nomine, grazie a un “pacchetto” di quote vicino al 5 per cento che il fondo avrebbe accumulato.

Un quantitativo sufficiente per lanciare un segnale al board, ma al di sotto della soglia per cui diventa obbligatoria una comunicazione alla Consob. Per partecipare al valzer delle nomine, Singer dovrebbe superare questa soglia. Ma, secondo fonti vicine al colosso statunitense, l’idea dell’attivista è quella di chiedere l’appoggio degli investitori istituzionali di Tim (che controllano il 75 per cento del capitale ordinario e l’80 per cento di quello totale) per far cadere i cinque consiglieri nominati da Vivendi e giudicati non indipendenti.

I nomi sono di rilievo, in quanto nell’elenco figurano il Ceo Genish, il presidente Arnaud de Puyfontaine (che è anche amministratore delegato della media company francese), il numero due Giuseppe Recchi, il Cfo Hervé Philippe e il responsabile legale Frédéric Crepin. Per favorire i rapporti con authority e mercato italiano, Elliott vorrebbe proporre cinque figure indipendenti, che spingerebbero su una visione diversa di azienda da quella di Vivendi.

Quest’ultima, infatti, starebbe cercando di difendere la propria posizione interna al gruppo, mentre Singer punterebbe a una promozione maggiore della public company per restituire anche più valore agli azionisti. Posizioni diametralmente opposte, già emerse nel Cda di ieri durante l’approvazione dello scorporo volontario della rete fissa di accesso.

 

Amos Genish, Ceo di Tim

 

Il network verrà gestito da un’entità legale separata (Netco), controllata però al 100 per cento da Tim, che sarà “proprietaria della rete di accesso (dalla centrale alla casa dei clienti) e di tutta l’infrastruttura (edifici, apparati elettronici e sistemi It) e dotata del personale necessario per fornire servizi all’ingrosso in maniera indipendente”. In questo modo, promette la società, si creerà “un punto di accesso one-stop shop per i servizi wholesale regolati e non regolati per tutti gli operatori, inclusa Tim, secondo un modello interamente neutrale a garanzia dell’assoluta parità di trattamento”.

I dettagli economici del progetto non sono noti, ma la telco ha fatto sapere che “la creazione della Netco manterrà invariato il perimetro del Gruppo, e avverrà in conformità e nel rispetto della disciplina del Golden Power”, i poteri speciali che permettono al governo di bloccare operazioni su una compagnia ritenuta di interesse strategico per il Paese. È certo comunque che il progetto avrà tempi lunghi e dovrà essere discusso anche con l’Agcom.

Il fondo Elliott, invece, vorrebbe accelerare e puntare a una quotazione in Borsa, a cui si aggiungerebbe lo scorporo di Sparkle, la controllata che gestisce i cavi internazionali. Ma a essere completamente differente è l’idea di gestione di Singer, il quale vorrebbe una riduzione (o addirittura la fuoriuscita) delle quote di Vivendi dall’azionariato, con l’ingresso decisivo di un socio di riferimento pubblico come potrebbe essere la Cassa Depositi e Prestiti (Cdp).

Al momento Genish mostra il sorriso e tende la mano a Elliott: “Diamo il benvenuto a nuovi azionisti che vogliono investire e useremo ogni feedback per migliorarci”, ha spiegato all’Ansa il Ceo. “Sono disposto a sedermi con loro ma le dichiarazioni sono state fatte prima del piano, ora aspettiamo lo valutino. E sulla governance dovranno parlare direttamente con il board e con gli azionisti in assemblea, ma per ora come azienda non abbiamo ricevuto” nessuna proposta concreta. La battaglia è appena iniziata.

 

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