22/01/2020 di Redazione

Troppi alert di sicurezza travolgono l'IT, annegato in un mare di dati

Un sondaggio condotto da Vanson Bourne su commissione di Dynatrace ha svelato che nelle grandi aziende il personale IT spende il 15% del proprio tempo a verificare gli alert di sicurezza ricevuti. Anche migliaia al giorno.

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Monitorare la situazione, su reti aziendali, dispositivi e ambienti cloud, è essenziale. Ma le aziende rischiano di annegare tra i dati, sommerse ogni giorno da centinaia o migliaia di alert che l’IT è costretto a vagliare per distinguere tra falsi allarmi e pericoli reali. Parla proprio di IT “annegato” tra i dati una ricerca condotta su 800 chief information officer di grandi aziende (oltre i mille dipendenti) da Vanson Bourne e commissionata da Dynatrace.  E non è un’esagerazione, poiché dalle risposte degli intervistati (200 dei quali statunitensi, il resto distribuito tra Regno Unito, Francia, Germania, Cina, Australia, Singapore, Brasile e Messico) emerge che in media i team addetti all’IT e alle operations del cloud ricevono dai propri strumenti di monitoraggio e gestione quasi tremila alert al giorno: 2.973, per la precisione. 

 

Un numero che è cresciuto di circa un quinto (+19%) nel corso dei 12 mesi precedenti allo studio di Vanson Bourne, titolato “Top challenges for CIOs on the road to the AI-driven autonomous cloud”. Il conteggio effettivo varia da azienda ad azienda, ma la media è certamente impressionante. Si evidenzia un divario tra il volume di dati prodotti dagli strumenti di monitoraggio e il tempo a disposizione per valutarli. 

 

Mediamente, ogni giorno i team IT impiegano il 15% dell’orario lavorativo a cercare di capire quali avvisi richiedano dei provvedimenti e quali invece si possano ignorare, e questo tempo, sottratto ad altre attività, si traduce in una perdita di produttività pari a 1,5 milioni di dollari all’anno ad azienda. Fra l’altro, circa i tre quarti degli alert di sicurezza si rivelano, poi, essere dei falsi allarmi mentre solo il 26% degli avvisi richiede un’azione da parte del personale IT.

 

 

 

Per il 70% dei Cio intervistati la propria azienda fa fatica a tener testa al numero crescente di avvisi provenienti dagli strumenti di monitoraggio e gestione. Ancor più elevata, 79%, è la percentuale di chi osserva difficoltà nel tentativo di rendere automatica la gestione degli ambienti cloud, sempre a causa dell’eccessivo flusso di dati e di alert di sicurezza. 

 

Come uscire dal circolo vizioso? Dynatrace, in quanto fornitore di software per il monitoraggio e la gestione degli ambienti cloud che fa ricorso all’intelligenza artificiale, ha naturalmente una risposta: “Alle aziende”, si legge nello studio, “serve un approccio al monitoraggio radicalmente diverso se vogliono tenere il passo con la trasformazione avvenuta nei loro ambienti IT. Stanno cercando la risposta al problema nell’intelligenza artificiale e nell’automazione, con l’obiettivo di transitare su operations del cloud autonome. L’obiettivo finale è quello di poter dedicare risorse IT critiche all’ottimizzazione dei risultati del business e alla creazione di valore per il cliente finale, anziché a dover rincorrere e analizzare i problemi”. Il primo passo, spiega Dynatrace,  per molte aziende è rappresentato dall’automazione del continuous delivery e dalle attività che permettono l’autoriparazione e l’auto-remediation delle applicazioni.

 
 

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