07/06/2017 di Redazione

Twitter come arma di censura: nuova accusa per Donald Trump

Il Knight First Amendment Institute, un'organizzazione legata alla Columbia University, con una lettera aperta ha chiesto la rimozione del blocco all'accesso del profilo Twitter del presidente, minacciando azioni legali. L'operato del team di Trump violer

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Twitter è da sempre un'arma a doppio taglio per Donald Trump: in buona parte responsabile del suo successo elettorale, ottenuto a suon di slogan e di frasi a effetto, la piattaforma di microblogging è anche (insieme a Facebook) uno dei luoghi social dove più si è scatenata sia la critica seria, sia quella parodistica alle azioni e alla personalità del presidente. Ora tanto Trump quanto i suoi oppositori sembrano aver affilato le rispettive armi: il primo ha esacerbato le azioni di blocco degli account indesiderati, impedendo loro di leggere e commentare quanto pubblicato sul profilo @realdonaldtrump; e dal Knight First Amendment Institute, un'organizzazione no-profit legata alla Columbia University, si è levata l'accusa di censura con tanto di minaccia di azioni legali.

L'operato del presidente, secondo quanto si legge in una lettera aperta indirizzata alla Casa Bianca, violerebbe il Primo Emendamento della Costituzione statunitense, in cui è racchiuso anche il principio della libertà di parola e di espressione. L'istituto parla a nome dei numerosi (non è dato sapere quanti) profili bloccati, minacciando un'azione legale in caso di mancata eliminazione della lista nera.

L'account @realdonaldtrump e altri direttamente legati al presidente, come @Potus, dovrebbero operare come “forum pubblici designati” dal Primo Emendamento, non diversamente da luoghi di discussione pubblici come i consigli comunali o le riunioni scolastiche. Ecco perché, spiega l'istituto no-profit, “il governo può imporre dei limiti ragionevoli di tempi, luoghi e modalità, come in un forum pubblico, ma non può escludere delle persone solo perché è in disaccordo con loro”. Il documento include riferimenti precisi ad alcuni casi di profili bloccati.

Nei mesi, l'ondata censoria dell'account ufficiale di Donal Trump ha travolto chi ha formulato commenti coloriti o postato link e immagini dissacranti. O chi, come la cantante Holly O'Reilly, ha pubblicato una gif (peraltro già ampiamente circolante in Rete) estrapolata dall'incontro in Vaticano fra il leader repubblicano e Papa Francesco, commentando lo sguardo non allegro del Pontefice con la frase “è così che su per giù ti vede il mondo intero”. Altri non benevoli commenti sono ascrivibili a O'Reilly, ma nulla che sconfini nell'incitamento alla violenza o in qualcosa di sanzionabile.

 

 

Per ora nessuna azione legale è stata avviata, ma sarà interessante osservare le prossime mosse dell'entourage del presidente in risposta a questa accusa. Dal suo esordio nel 2009 a oggi, l'account @realdonaldtrump ha prodotto oltre 35mila tweet e pubblicato più di duemila fotografie, a beneficio di una platea di 31mila follower e di un intero Web di osservatori. L'altra pagina gestita dal team di Trump, @Potus, ha all'attivo 18.600 seguaci. Per fare un confronto impietoso, basti pensare che il profilo della Obama Foundation ne vanta 450mila pur avendo esordito su Twitter a inizio 2014.

 

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