08/02/2016 di Redazione

Twitter muove le proprie armate digitali contro il terrorismo

Il sito di microblogging ha annunciato di aver rimosso in sei mesi oltre 125mila account legati alla propaganda violenta, soprattutto di origine jihadista. L’azienda ha inoltre allargato il proprio team che gestisce le segnalazioni e sviluppato nuovi stru

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Il “lato chiaro” del Web si schiera contro le forze oscure del terrorismo. Alla guerra sotterranea condotta da gruppi come Anonymous si aggiunge anche l’opera dei colossi tecnologici, impegnati nel contrastare la propaganda criminale online. È il caso di Twitter, che ha annunciato di aver sospeso 125mila account sulla propria piattaforma dalla metà del 2015. Profili legati soprattutto all’Isis e al terrorismo di matrice jihadista. “I nostri sforzi non si fermano qui”, ha comunicato l’azienda. “Abbiamo ampliato il nostro gruppo incaricato di gestire le segnalazioni, riducendo in modo significativo i tempi di risposta. Stiamo controllando anche altri account simili a quelli denunciati e abbiamo sviluppato strumenti antispam per fare emergere ulteriori profili che potrebbero violare le nostre policy”. Come primo risultato, secondo Twitter, i terroristi stanno lentamente spostandosi su altre piattaforme per portare avanti la propaganda.

Controllare l’attività di circa 320 milioni di utenti attivi su base mensile non è sicuramente facile, ma la battaglia è doverosa. Ne sono certamente consapevoli anche le altre grandi realtà che operano oggi sul Web. Google, per esempio, sarebbe al lavoro per dare maggior visibilità nelle ricerche alle Ong e ai messaggi di altri soggetti che operano contro il terrorismo. Secondo un report del Guardian, infatti, le segnalazioni di queste entità spiccheranno fra i risultati sponsorizzati di Adwords ogni qual volta un utente esegua delle ricerche “sospette”. Per esempio, digitando parole che potrebbero dirottare un utente verso un video di propaganda.

E proprio pezzi da novanta di Google, Twitter e Facebook sono stati “invitati” a parlare di fronte al parlamento del Regno Unito, per un’audizione legata alla rimozione di contenuti violenti e inneggianti al terrorismo. Simon Milner, responsabile area Mea di Facebook, Nick Pickles, public policy chief di Twitter e Anthony House, policy manager di Big G, hanno dovuto rispondere qualche giorno fa a una serie di quesiti posti dai parlamentari dell’Home Affairs Select Committee del parlamento britannico.

I deputati hanno voluto saperne di più sulla strategia dei tre colossi californiani in merito alla lotta contro il terrorismo sul Web. Materia sempre spinosa, in quanto un maggior controllo potrebbe risultare anche in una lesione della privacy degli utenti o in falsi positivi. Secondo il Mirror, i tre manager avrebbero informato i parlamentari sui propri sforzi in materia, che includono per esempio l’espansione degli staff preposti al compito (come nel caso di Twitter) e l’inserimento nei team di persone di origini arabe o di ex personale dell’Fbi.

 

 

Ma, secondo alcuni deputati, le misure adottate finora non sono state sufficienti. A intervenire è stata per esempio Naz Shah, laburista, che ha ricordato ai tre dirigenti come, durante la scorsa campagna elettorale, Twitter avesse impiegato settimane per rimuovere alcuni tweet offensivi a lei indirizzati. Secondo quanto comunicato dalla commissione, nei primi sei mesi del 2015 le autorità britanniche avrebbero chiesto a Facebook di comunicare i dati di 4.489 account, un numero doppio rispetto allo stesso periodo del 2013. Google, invece, avrebbe trasmesso informazioni relative a 6.056 profili.

 

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