05/03/2016 di Redazione

Un futuro affollato di oggetti connessi: 80 miliardi nel 2025 per Idc

Le nuove previsioni sulla crescita dell’Internet of Things mostrano maggior prudenza rispetto a quelle di Cisco per l’immediato futuro. Nel 2020 potremmo avere non 50, ma solo 30 miliardi di connected device. Ma poi, infrastrutture permettendo, arriverà i

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Fra meno di dieci anni, la “popolazione mondiale” dell’Internet of Things raggiungerà gli ottanta miliardi di oggetti connessi. È questo uno dei numeri diffusi da Idc nei giorni scorsi durante una convention in quel di San Jose, occasione per fare il punto su un fenomeno che è certamente destinato a crescere ancora di molto, ma che lascia sospesi diversi punti interrogativi. Basti pensare che le previsioni fatte da Cisco nel 2011 immaginavano per la fine questo decennio il raggiungimento della soglia dei 50 miliardi di dispositivi dialoganti in Rete, mentre Idc ipotizza per il 2020 un numero intorno ai 30 miliardi. Salvo poi pronosticare un boom per il lustro successivo, con l’idea di arrivare a 80 miliardi nel 2025.

La stima di Cisco del 2011, in assenza della sfera di cristallo, nasceva con la premessa esplicita di potersi basare sullo scenario tecnologico di allora. Poi, come sappiamo, sensori e interfacce di connettività (Bluetooth, WiFi, Ethernet, supporto 3G/4G) sono usciti dal territorio ristretto di server, Pc, tablet e smartphone per colonizzare progressivamente stampanti, videocamere di sorveglianza, sistemi Scada, bracciali fitness e smartwatch, automobili, elettrodomestici e oggetti di arredamento “smart”.

Sul perché della maggior prudenza di Idc sul futuro più immediato si può intuire qualcosa dalle parole di Vernon Turner, senior vice president of enterprise systems della società di ricerca, che durante la conferenza di San José ha evidenziato il problema della infrastrutture: “In assenza di network scalabili, non ci si potrà connettere. Le nostre reti dovranno essere in grado di gestire tutto questo”.

L’escalation dell’Internet delle cose, numero più o numero meno, comunque proseguirà con decisione. Dai circa 11 miliardi di oggetti connessi annoverabili oggi, la previsione di Idc è di arrivare a 30 miliardi nel 2020 per poi assistere alla vera fase di impennata e arrivare agli 80 miliardi del 2025. Da questo allagamento trarranno benefici vendor di diversi settori: dall’hardware di sensori, wearable e infrastrutture di rete al software di applicazioni e sistemi operativi, senza dimenticare i data center che dovranno ospitare il crescente flusso di dati. Nel complesso, secondo Idc, il mercato di prodotti e servizi per l’Internet of Things entro il 2020 varrà 1.460 miliardi di dollari l’anno.

 

 

Come si diceva, l’esplosione non riguarderà solo il numero dei device connessi e delle infrastrutture di rete, ma anche la quantità di dati prodotti, raccolti e fatti transitare dall’IoT. La curva ipotizzata dalla società di ricerca parte dai 4,4 zettabyte di dati generati nel 2013 per arrivare a dieci volte tanto (44 zettabyte) nel 2020 e poi nel 2025 a una mole di 180 zettabyte annui, in buona parte creati dai sempre più ricchi corredi di sensori. L’attuale Ford GT, per fare un esempio (che rubiamo a Forbes), è tappezzata con una cinquantina di sensori e con 28 microprocessori, e può produrre fino a 199 GB di dati all’ora.

 

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