16/03/2016 di Redazione

Un punto di crescita, la lenta ripresa del mercato digitale italiano

L’ultimo rapporto di Assinform fotografa l’incremento dell’1% nel giro d’affari dei beni e servizi Ict, telecomunicaizoni e contenuti digitali nel 2015, prefigurando un’ulteriore crescita per l’anno in corso. L’Italia è in linea con il resto d’Europa.Non

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Se chi si accontenta gode, l’1% di crescita del mercato dei beni e servizi digitali italiano è certamente una buona notizia. Il dato, riferito ai dodici mesi dell’anno scorso, arriva dall’ultimo studio di Assinform (“Rapporto Assinform 2015”), realizzato con il contributo di NetConsulting, ed è la somma di elementi diversi, non tutti ugualmente positivi. L’unico segno meno, in realtà, è quello delle telecomunicazioni, che però rappresentano la fetta maggiore della torta ovvero 22,6 miliardi sui 64,9 miliardi di euro complessivi de mercato. Il calo del giro d’affari delle telco è stato del 2,4%, effetto della continua contrazione delle tariffe.

Andando in ordine di “peso” a valore, il secondo segmento è quello dell’hardware (indicato nel report come “dispositivi e sistemi”), corrispondente a 16,97 miliardi di euro e cresciuto dello 0,6%. Seguono i servizi Ict, arrivati nel 2015 a valere 10,4 miliardi di euro con un incremento dell’1,5%%, poi la pubblicità e i contenuti digitali (8,97 miliardi di euro, con un’ottima crescita dell’8,6%) e infine il software e le soluzioni Ict (5,9 miliardi, su del 4,7% rispetto al 2014).

Gli alti e bassi del mercato italiano
Su questa crescita contenuta ma generalizzata, guardando più a fondo fra le pieghe del report non mancano elementi particolarmente positivi. La spesa in tecnologie della Pubblica Amministrazione è salita dello 0,5%, percentuale contenuta ma comunque da considerare come una buona notizia per il settore pubblico. Crescono, invece, del 4,5% gli investimenti per le infrastrutture di rete e ancora di più, del 4,7%, gli acquisti di software e di middleware.

Scomponendo, invece, la categoria dell’hardware si notano alcuni alti e bassi, non del tutto inaspettati: scendono drasticamente gli acquisti di Pc (del 13,7% a 4,3 milioni per effetto dell’esaurirsi dell’effetto refresh condotto nel 2014) e di tablet (del 15%, a 2,6 milioni di unità vendute). Gli smartphone, d’altra parte, sono cresciuti a volume del 9,9% con un venduto di circa 15,5 milioni di unità. Nei servizi Ict la distribuzione della spesa è fortemente condizionata dalla strategicità del cloud computing all’interno delle aziende.

All’interno dello scenario delle telecomunicazioni, scende il numero complessivo delle linee mobili attivate ma crescono gli utenti broadband mobili (34,5 milioni, in salita dell’8,8%) e gli accessi a banda larga da rete fissa (in aumento del 2,1%, per un totale di 14,6 milioni). Un ultimo dato riguarda i cosiddetti Mvno, gli operatori mobili virtuali: nel corso del 2015 hanno perso circa due milioni di utenze (numero di Sim attive) e oggi, dei diversi attori che avevano intrapreso questa avventura, rimane in scena soltanto Poste Mobile.

 

 

I driver tecnologici dello Stivale
Cloud e Internet delle cose rientrano fra le tecnologie che NetConsulting considera un “driver” per l’innovazione digitale delle aziende nostrane. La spesa per i servizi e le soluzioni nella nuvola è salita di circa il 29% in valore a 1,2 miliardi di euro e rispecchia un cambiamento di fondo, cioè il passaggio del cloud da risorsa infrastrutturale (per esempio in campo storage) a risorsa applicativa (con la grande dinamicità della domanda per le componenti Iaas e Saas).

L’Internet of Things, invece, cresce “solo” del 13,9% a 1,8 miliardi di euro, per merito soprattutto delle vendite di software e servizi rispetto a quelle di hardware, cioè dei sensori. I numeri dell’IoT italiano sono ancora contenuti, in termini di volume d’affari, ma secondo le proiezioni di NetConsulting siamo alla vigilia di un’esplosione del fenomeno, che darà luogo a nuove filiere e interesserà da molto vicino i Big Data e le applicazioni di Business Intelligence.

Uno sguardo al futuro
Il bilancio del 2015 dell’Information e Communications Technology italiano può dirsi dunque positivo, anche considerata l’inversione di tendenza segnata rispetto alla flessione dell’1,4% registrata nel 2014. Guardando al futuro prossimo, e quindi a fine 2016, le proiezioni dicono che il mercato digitale italiano dovrebbe gonfiarsi dell’1,5%, fino a 65,8 miliardi di euro, rispecchiando in toto il trend di crescita del Pil, stimato nell’ordine dell’1,5%.

Ci sono però questioni che rimangono aperte e azioni ancora da concretizzarsi per sbloccare definitivamente il processo di digitalizzazione. Il rovescio della medaglia di un 2015 che induce all’ottimismo, perché portatore di un’effettiva inversione di tendenza, è costituito da tre sostanziali fattori. Il primo è la disomogeneità geografica degli investimenti in tecnologie digitali (sia consumer sia business): solo Lazio, Lombardia, Friuli, Piemonte ed Emilia vanno considerate in linea con le ambizioni di crescita digitale, mentre tutto il Mezzogiorno è relegato nel gruppo delle Regioni a minor sviluppo.

Il secondo fattore negativo è il divario digitale ancora esistente nelle imprese italiane. Quelle di piccole dimensioni, con una forza lavoro compresa fra i dieci e di 49 dipendenti, nel 90% dei casi presentano ancora indici di digitalizzazione molto bassi. Il terzo elemento su cui bisognerà lavorare sono le competenze digitali: fa specie rilevare che, come denuncia NetConsulting, il 71% delle aziende abbia problemi a trovare un Cio, e allarma il fatto che il sistema formativo non sia in grado oggi di assicurare al mercato le figure Ict più richieste, come i business analyst e gli enterprise architect. 

 

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