30/06/2015 di Redazione

Un secondo di paura che mette in crisi il Web (oppure no?)

Fra la mezzanotte del 30 giugno e l’inizio di domani sarà aggiunto un secondo intercalare, o leap second: una misura adottata periodicamente dall’International Earth Rotation and Reference Systems Service per evitare discrepanze fra il tempo solare e quel

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Se lo spauracchio del Millenium Bug ci ha insegnato qualcosa, ormai quindici anni orsono, non dovremmo certo avere paura di un secondo in più. E tuttavia il sessantesimo di minuto “extra” che sarà inserito fra la fine di oggi e l’inizio di domani sta facendo parlare di sé, con l’ipotesi che possa scombinare il funzionamento di servizi Web-based di vario genere, in particolare quelli finanziari in cui la mezzanotte è un termine temporale di riferimento. Baco del Millennio a parte, il precedente più simile e vicino è quello del “secondo intercalare” (o “leap second”, per dirla all’angolsassone) aggiunto il 30 giugno del 2012.

Si tratta di “aggiustamenti” programmati dall’International Earth Rotation and Reference Systems Service, che si rendono periodicamente necessari quando la differenza fra il tempo solare e il tempo coordinato universale (Utc) si avvicina ai sei decimi di secondo. Il rischio, come nel caso del Millennium Bug, è quello di un’alterazione del Network Time Protocol utilizzato dalla maggior parte dei siti e servizi Internet.

Nel 2012, al passaggio fra il 30 giugno e il 1 luglio, in effetti il Web aveva risentito del leap second: siti come Reddit, Foursquare, Yelp, LinkedIn e altri social network erano rimasti offline a causa di un difetto di Java. Il sistema di prenotazione voli di Amadeus, inoltre, era andato in confusione generando ritardi per centinaia di aerei diretti in Australia e in quel caso un portavoce dell’azienda aveva attribuito la colpa a un “bug di Linux azionato dal secondo intercalare”.

Per evitare che si ripetano casi come questo, aziende come Google e Amazon si sono attrezzate scegliendo di regolare i propri orologi manualmente (o quasi). La società di Mountain View, in particolare, da diversi anni ha modificato i propri server Ntp, quelli che gestiscono il Network Time Protocol sui servizi e sui data center di Google, in modo da aggiungere un paio di milliesecondi a ogni update evitando il “salto” di un intero secondo previsto invece dall’Ntp generico del Web.
 

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