30/03/2015 di Redazione

VMware: storage, chiave di volta del Software-Defined

A un anno dal lancio di vSAN, con la nuova versione l’azienda può ora vantare una soluzione di Software-Defined Storage adatta alle applicazioni mission-critical, più scalabile e affidabile. Alberto Bullani, regional manager di VMware Italia, e il pre-sal

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Non può esistere data center intelligente e automatizzato senza uno storage che sia altrettanto. In altre parole, l’approccio Software-Defined che negli ultimi anni ha raggiunto i server e i componenti di rete dev’essere esteso anche all’archiviazione dei dati. Questa la vision di VMware, inaugurata con la piattaforma vSphere e dallo scorso anno estesa anche allo storage con Virtual SAN, un’offerta che adesso con la versione 6 può vantare scalabilità doppia e performance migliorate di oltre quattro volte e mezzo rispetto alla precedente. A vSAN 6 (così battezzata per coerenza con la numerazione cui è giunta vSphere) si affianca una ulteriore soluzione di gestione dello storage, vSphere Virtual Volumes, in grado di rendere gli array di terze parti “virtualization-aware” in maniera nativa.

L’utilizzo di un unico punto di accesso per effettuare provisioning e la gestione delle risorse e l’automazione basata su policy rappresentano due tra i vantaggi più evidenti dell’approccio definito dal software. Facendo una media fra le diverse voci di costo legate allo storage (deployment, configurazione, riconfigurazione, gestione e altro ancora) la società di analisi Taneja Group ha calcolato che con vSAN si possono tagliare del 66% le spese operative.
Le promesse del Software-Defined, ovvero semplificazione, scalabilità e taglio dei costi, non possono realizzarsi senza includere lo storage nel circolo virtuoso. Anche perché la custodia dei dati rappresenta una delle componenti più onerose nei data center e – prima della virtualizzazione – sembrava destinata ad accentuare questa tendenza per far fronte all’esplosione dei contenuti generata dai social, dal mobile e dall’Internet of Things. Ne abbiamo discusso con Alberto Bullani, regional manager di VMware Italia, e con Luca Zerminiani, pre-sales manager.

 

Alberto Bullani, regional manager di VMware Italia


Come si inserisce il Software-Defined Storage all’interno del percorso di evoluzione dei data center?

Bullani: Si tratta di un tassello fondamentale. Crediamo fermamente che la componente del software sia essenziale tanto nella nostra offerta quanto in generale per il Software-Defined Data Center. Nel mondo, l’esigenza di disporre di centri totalmente automatizzati è in crescita e all’interno di questa esigenza una gestione efficiente e intelligente dello storage riveste un ruolo sempre più importante. Basti pensare all’esplosione dei dati generata dai social e dal mobile.

E nella strategia di VMware?

Bullani: Lo storage è l’ultima componente che si è aggiunta a completare la nostra proposta. Siamo partiti con la virtualizzazione della parte computazionale e poi, in seguito all’acquisizione di Nicira realizzata nel 2012, abbiamo esteso l’offerta software-defined al networking. Lo scorso anno il lancio di vSAN ha segnato l’esordio del Software-Defined Storage di VMware. Si trattava però di un inizio quasi in sordina, mente adesso con la nuova versione, vSan 6, abbiamo una piattaforma pronta per gli ambienti di produzione e mission-critical, dotata di funzionalità molto più estese.
Lo scorso anno VMware ha fatturato a livello globale circa cinque miliardi di dollari. Il nostro obiettivo è far sì che entro qualche anno l’offerta di Software-Defined Storage contribuisca al giro d’affari nella misura di un miliardo di dollari.


A che punto siamo, in Italia, con l’adozione di questo approccio?

Bullani: La presenza di molte piccole e medie imprese sta accelerando questo percorso. Una soluzione come vSAN permette di ottenere una gestione software dello storage anche nei piccoli data center e a bassi costi, evitando alle aziende di dover comprare una Storage Area Network che peraltro sarebbe utilizzabile per un solo scopo. Portare invece la San all’interno dell’infrastruttura virtualizzata è un modo più facile, flessibile e veloce per rimodellare un data center, anche di piccole dimensioni.
In ogni caso oggi, in Italia, c’è interesse verso questo tema, anche se ancora non osserviamo un’implementazione di massa. I nostri clienti più pronti e “visionari”, così come era accaduto con la virtualizzazione della rete, sono stati i primi ad adottare vSAN. Superate le barriere psicologiche, crediamo che nel corso di quest’anno si assisterà alla vera adozione su larga scala.

 

Luca Zerminiani, pre-sales manager


Come è nata vSAN?

Zerminiani: Mentre sul lato server VMware aveva già fatto un grosso lavoro di virtualizzazione, fino a poco tempo fa le componenti del networking e dello storage non avevano seguito la medesima evoluzione. E dunque ostacolavano quell’agilità che invece era stata introdotta nei data center con la virtualizzazione dei server. Da qui è nata l’idea di andare ad alleggerire quelle parti che ancora erano “pesanti”, e di farlo adattandosi al modello del cloud ibrido, risultato il più adatto ad assecondare le esigenze delle aziende. Ma la possibilità di mescolare ambienti on premise ed esterni poneva un ostacolo tecnologico: mentre è possibile spostare una macchina virtuale da un’infrastruttura all’altra, la stessa cosa non è altrettanto facile con le risorse storage SAN, che richiedono di essere configurate. Il problema è stato superato con vSAN facendo diventare lo storage una proprietà della macchina virtuale: in questo modo, ogni volta che la virtual machine “atterra” su un’infrastruttura esterna, essa è in grado di ritagliarsi tutte le risorse di archiviazione che le servono.

Quali sono i principali vantaggi che offre?

Zerminiani: vSAN è una componente storage che genera una San a partire dagli hard disk interni ai server. Di fatto, è una creazione software. Si tratta di una soluzione cost-effective e a basso costo di ingresso: uno dei suoi benefit è quello di poter sfruttare i dischi interni, spesso inutilizzati, dei server di una infrastruttura di virtualizzazione. Non richiede, come per le risorse fisiche di storage, un margine di “abbondanza” dovuto alla difficoltà di prevedere le necessità future.
Presenta inoltre vantaggi di performance e scalabilità perché, rispetto a quanto fa un’appliance esterna, non si appoggio a un’infrastruttura ma ne è una componente. vSAN non crea un artificio di storage, ma è già codificata all’interno della piattaforma vSphere.
Il terzo aspetto da sottolineare è che vSAN 6 è production-ready. Dalla prima versione, presentata lo scorso anno, sono stati fatti enormi passi avanti sui tre aspetti cruciali di un software che ambisce ad andare in produzione: la capacità di scalare, la performance e l’availability, cioè l’alta affidabilità. Fra le altre novità, ora è anche possibile optare per configurazioni totalmente basate su tecnologia flash.

 


A chi vi rivolgete?

Zerminiani: L’offerta vSAN ha sicuramente come target le piccole e medie imprese, si colloca in un’area di storage di medio livello, mentre per l’enterprise la nostra visione è completata da vSphere Virtual Volumes, che implementa gli stessi concetti ma su risorse di archiviazione esterne e con performance di fascia alta. Quello che non cambia è l’approccio Software-Defined, che è il nostro modello operativo: uno storage integrato con l’infrastruttura virtuale, e che può crescere e scalare insieme a essa.
 

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