01/09/2015 di Redazione

Vmware, timone puntato verso il cloud ibrido e la flessibilità

I prodotti e servizi annunciati al VMworld di San Francisco allargano l’offerta del cloud pubblico con opzioni per lo storage e il disaster recovery. Si amplia anche la strategia per il data center definito dal software. Obiettivo: permettere alle aziende

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Il punto di contatto fra i data center virtualizzati delle aziende e il ricorso al cloud pubblico è la nuvola “ibrida”, un oggetto sempre più centrale nell’offerta e nella strategia di Vmware. Va in questa direzione la raffica di annunci arrivati fra ieri e oggi dall’edizione statunitense del VMworld, in corso a San Francisco davanti a una platea d 23mila persone: i nuovi prodotti e servizi e gli aggiornamenti di quelli esistenti mirano a rendere più semplice lo spostamento delle risorse dai data center al cloud pubblico (per Vmware, quello di vCloud Air) e più efficiente la gestione di storage, backup e disaster recovery.

Nuovi prodotti, in particolare, mirano a semplificare l’implementazione e le operazioni del cosiddetto “software-defined data center”, quello che può contare su una maggiore automazione e su un utilizzo più efficiente delle risorse. Il primo è Evo Sddc (in precedenza noto come Evo:Rack), una suite software completamente automatizzata che includerà i componenti fondamentali dell’infrastruttura hyper-converged di Vmware ovvero vSphere, Virtual San ed Nsx. Insieme, questi elementi permetteranno la convergenza di risorse server, storage e di rete in un singolo layer software integrato che può girare su qualsiasi infrastruttura x86.

In sintesi, a detta di Vmware si tratta del “modo più semplice per implementare e gestire il software-defined data center”. Ogni rack supporterà più di mille macchine virtuali Infrastructure-as-a-Service o più di duemila macchine virtuali desktop, offrendo una infrastruttura per deployment cloud e desktop virtuali altamente efficiente e scalabile. Evo Sddc includerà un nuovo sistema di automazione intelligente (Evo Sddc Manager) capace di semplificare e sveltire le procedure per mettere in funzione, fornire e monitorare le risorse virtuali e fisiche; includerà, inoltre, servizi di gestione dell’hardware che per astrarre le caratteristiche di switching eterogenei, server e hardware power distribution unit (Pdu). Offerto come codice open source a disposizione dei partner, Evo Sddc sarà inizialmente proposto come offerta brandizzata e integrata da Dell, Qct (Quanta Cloud Technology) e Vce, mentre in un secondo momento sarà possibile acquistarlo direttamente da Vmware o dagli operatori di canale.

Il secondo prodotto chiave per il data center definito dal software è Virtual San 6.1, aggiornamento della soluzione per la gestione dello storage che arriva a due anni dal lancio della beta e a quindici mesi da quello della versione 6 (la prima, identificata con il numero sei per coerenza con la nomenclatura di vSphere e già utilizzata da duemila clienti). In sintesi, d’ora in poi Virtual San offrirà servizi storage di base per ambienti di produzione virtualizzata con ancora migliori prestazioni, scalabilità, flessibilità e minori costi e latenza.

 

 

La release 6.1 migliora la protezione dei dati per ambienti business-critical grazie a modalità Stretched Cluster e a Vmware vSphere Replication, fornendo un Recovery Point Objective di soli cinque minuti. Migliora, inoltre, la gestione e il monitoraggio di operazioni, prestazioni e problemi delle risorse di storage. “La disponibilità e la protezione dati migliorate, il nuovo supporto per hardware flash e le capacità di gestione e troubleshooting di Vmware Virtual San 6.1 sono alcuni esempi della rapida evoluzione che il software per lo storage sta avendo per rispondere alle esigenze dei clienti enterprise”, ha sottolineato Charles Fan, senior vice president e general manager per la divisione Storage and Availability.

Le altre novità che promuovono e migliorano l’approccio “software-defined” sono aggiornamenti di prodotti esisteni. Come Vmware Nsx, software per la virtualizzazione delle attività di rete lanciato due anni fa e oggi usato da circa 700 clienti. La nuova versione 6.2 permette di copiare le macchine virutali attraverso uno o due data center, conservando le configurazioni di rete e di sicurezza. Consente, inoltre, una maggiore integrazione con l’infrastruttura fisica grazie al supporto dell’Open vSwitch Database, e migliora anche il supporto alla continuità delle applicazioni e alla migrazione delle macchine virtuali fra sistemi diversi.

Vmware vRealize Operations 6.1 è, invece, l’aggiornamento del framework di gestione completo per le aziende che passano dalla nuvola privata a tecnologie per il software-defined data center e per il cloud ibrido. Questa versione introduce nuove capacità di distribuzione dei carichi di lavoro, funzioni di monitoraggio del sistema operativo e delle applicazioni, analytics predittivi mirati a identificare e prevenire potenziali problemi.

L’aggiornamento di vRealize Log Insight 3 introduce invece caratteristiche come scalabilità raddoppiata e performance di 15.000 messaggi al secondo, miglioramenti della fault tolerance e nuove opzioni di visualizzazione dei grafici e query di tipo snapshot. Migliorano, inoltre, l’integrazione con vRealize Operations e l’esecuzione delle query dei Big Data. Una novità rivolta alle aziende ma anche ai service provider, a breve disponibile attraverso il programma Vmware vCloud Air Network, è Vmware Integrated OpenStack 2: basato sulla release OpenStack Kilo, mira a diventare uno fra i deployment più completi per i cloud OpenStack, i quali diventeranno più scalabili, performanti e resilienti.

 

 

L’altro piatto forte nel menu rinnovato di VMware sono i servizi – anche in questo caso, nuovi o aggiornati – di vCloud, la nuvola pubblica che fa da tratto d’unione e da base d’appoggio per le risorse che le aziende posizionano e spostano nei loro ambienti di cloud ibrido. Con vCloud Air Disaster Recovery vengono messi a disposizione una console di orchestrazione e alcuni servizi per la protezione di tutte le risorse It dei clienti, sia quelle on-premise sia quelle dislocate sulla nuvola. Questa offerta include un’opzione di pagamento a consumo (Disaster Recovery OnDemand), che prevede un costo flat calcolato sul numero di macchine virtuali da proteggere e sullo storage occupato, più un costo da corrispondere in base alle risorse consumate solo in caso di test o di eventi di disaster recovery.

Site Recovery Manager Air è invece un’offerta Software as-a-Service per progettare, testare, eseguire e orchestrare piani centralizzati di business continuity e disaster recovery. Per quanto concerne poi la conservazione dei dati non strutturati, la novità si chiama vCloud Air Object Storage e comprende servizi di storage altamente scalabili, in due versione: una basata sulla Google Cloud Platform e una su Emc viPR.  Per le applicazioni basate su database relazionali la nuova proposta è vCloud Air Sql, una soluzione “as-a-service” che dà accesso a database ospitati sul cloud con un modello di pagamento a consumo; già compatibile con Microsoft Sql Server, in futuro supporterà anche altri tipi di database relazionale.

 

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