17/10/2011 di Redazione

Web e privacy: è lo status social a preoccupare

Una ricerca su 1.000 internauti ha messo in evidenza come gli italiani conservino ancora qualche timore verso gli aspetti più innovativi di Internet. La maggior parte sa però come difendersi, chi non sa proteggersi si accolla i rischi a fronte di benefici

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Che conoscenza hanno gli utenti degli strumenti del Web? E come cambia la percezione del rischio in rapporto al grado di conoscenza? A queste due domande ha cercato di rispondere lo studio “Privacy&Permission Marketing Online Report 2011” (il report, presentata la scorsa settimana a Milano in occasione dello Iab Forum è scaricabile all'indirizzo www.magnews.it/privacy-report-2011) condotto da MagNews Diennea (società specializzata nei servizi per il marketing e la comunicazione digitale) in collaborazione con Human HighWay su un campione online di oltre 1.000 internauti italiani fra i 18 e i 64 anni.


La prima indicazione della ricerca riguarda il livello di conoscenza delle possibilità di profilazione offerte dalla rete, vale a dire cookie, indirizzi IP o Google Dashboard. Il 63,3% degli utenti censiti è in tal senso perfettamente consapevole del fatto che il Web può essere in grado di rintracciare il link cliccato per arrivare su un determinato sito, il 62% sa che la Rete può sapere il Paese in cui ci si trova o ancora il 59,7% è consapevole che può essere riconosciuto il modello di browser utilizzato.

"Internet ha dato ancora più potere di scambio al consumatore"
In generale gli utenti sembrano dividersi in tre principali gruppi: quelli “evoluti”, pari al 22%; quelli con una conoscenza media, nel 42% dei casi; e quelli con una scarsa conoscenza, pari al 37%. I primi sono in misura maggiore uomini dai 35 ai 44 anni. Dopo i 45 anni la loro concentrazione diminuisce e aumenta quella di utenti medi (tra i 45 e i 54 anni) e utenti base (over 54). Gli utenti “evoluti”, rispetto ai meno esperti, risultano inoltre più preoccupati per la propria privacy su aspetti come geolocalizzazione, uso del cellulare, ricerche e navigazione sul Web, sono consci del rischio del tracciamento e, soprattutto, sono allo stesso tempo consapevoli del fatto che questi rischi esistono anche nel mondo fisico e non sono quindi disposti a rinunciare ai benefici che la Rete fornisce.

La chiave di lettura di Maurizio Fionda, Amministratore Delegato  di Diennea MagNews, è stata in proposito la seguente: “Internet ha dato ancora più potere di scambio al consumatore. Se questi non ne è consapevole può finire per essere oggetto di una sorta di prevaricazione a cui le imprese sono naturalmente portate. Ma se diventa consapevole ecco che entra in possesso di una formidabile moneta di scambio con la quale ottenere molto più di ciò che concede. Tutte le informazioni hanno un valore economico e non a caso da qualche anno si inizia a parlare proprio di economia delle informazioni personali o economia della privacy. In questo si esplica l’incredibile forza della digitalizzazione”.



Una tesi che trova riscontri nel dato che vede il 42% degli intervistati sostenere come la privacy sia ormai difficilmente difendibile, sul web come nella vita reale, il 39% credere che le informazioni lasciate sul Web e utilizzate a fini di marketing rappresentano la normale evoluzione della pubblicità e il 25% essere dell’idea che sia comodo avere contenuti e comunicazioni pubblicitarie su misura.

“Le aziende – questo l’avviso siglato da Fionda - devono essere disposte alla negoziazione e al compromesso perché l’online è uno spazio di tutti, una sorta di agorà in cui tutti hanno la parola e l’unico modo per ascoltarla è essere disposti a interagire non più in modo unidirezionale, come abituati da sempre, ma in logica bidirezionale. È una responsabilità imposta dalla digitalizzazione che non tutte le aziende stanno cogliendo”.

Preoccupa più la foto rubata su Facebook che il tracciamento della carta di credito
Altri dati emersi dal “Privacy&Permission Marketing Online Report 2011” mettono invece in evidenza come il Web non sia considerato un particolare pericolo soprattutto nei suoi strumenti classici. Se in linea generale il fenomeno social network deve essere complessivamente ancora digerito e qualche ansia è procurata anche dai sistemi di geolocalizzazione, il 31% degli utenti Internet si dice poco o per nulla preoccupato delle insidie che la Rete può nascondere per la propria privacy. Si è ristretto il campo di coloro che sono molto o abbastanza preoccupati (30% rispetto al precedente 34%) ed è sostanzialmente stabile la schiera di coloro che si collocano a metà strada (che passa dal 37% al 38%).

Esaminando nello specifico le diverse situazioni nelle quali una persona può essere “tracciata”, lo studio ha evidenziato però come la percentuale di preoccupati aumenti significativamente fino a coinvolgere la metà della popolazione Internet quando si parla di social network. L’eventualità di ritrovarsi inconsapevolmente ritratti su Facebook in scatti che si preferirebbe mantenere riservati è ciò che preoccupa maggiormente gli italiani (ben il 53% della popolazione di riferimento), tanto che il 44,1% degli intervistati afferma che, a seguito di questo timore, ha modificato il modo in cui utilizza questo social network.
 


Preoccupazione che scalza dalla cima della classifica delle paure da Web quella del tracciamento della propria carta di credito, fino a due anni fa la più gettonata e ancora oggi avvertita da una quota consistente di popolazione (44%). Meno diffusa la preoccupazione data dagli effetti della geolocalizzazione (34%) che va a influenzare il comportamento del 30,5% degli utenti e che supera la paura di essere intercettati sul cellulare (condivisa dal 29% del campione).

Il timore di essere tracciati durante la navigazione sul Web è infine stato espresso da circa un intervistato su quattro (28%) ed è ancora più bassa la quota di quanti si dicono preoccupati relativamente all’uso dell’email (23%) e degli strumenti di ricerca sul Web (circa il 20%).

In tutte le situazioni analizzate, questo il commento finale degli autori dello studio, c’è un’evidente relazione diretta tra la preoccupazione verso un certo tipo di tecnologia di tracciamento e i comportamenti di difesa: all’aumentare della preoccupazione le persone affermano con maggior frequenza di modificare il proprio comportamento.

È interessante però notare come, pur consapevoli e preoccupati dalle “tracce” lasciate in Rete durante la navigazione, gli utenti non siano tuttavia disposti a modificare ad esempio il proprio stile di navigazione: i vantaggi sono così tanti che si è disposti a rinunciare a una parte della propria privacy in cambio dei benefici ottenuti.



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