20/10/2020 di Redazione

Ancora manca una strategia per fronteggiare la cyberwar

Secondo l’indagine “10 in 10” di Bitdefender, un terzo dei Ciso italiani ammette di non aver posto in atto misure strutturate contro i pericoli derivanti dalle guerre informatiche, che pure vengono percepite come foriere di danni potenzialmente seri per l

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Il concetto di guerra informatica richiama le azioni di attacco o disturbo che, per via tecnologica, si perpetrano fra stati. Ma si tratta di una minaccia percepita come molto pericolosa anche per chi lavora in azienda. Lo dimostra lo studio “10 in 10”, realizzato da Bitdefender su un campione di oltre 6.700 Ciso e Cio di realtà mondiali, fra le quali anche l’Italia. In particolare, il 32% dei manager nazionali conferma di non avere una strategia di difesa ben definita, pur essendoci un 71% che si preoccupa dei pericoli che ne possono derivare.

Il mutamento di scenario globale imposto dal Covid-19 certamente contribuisce ad aumentare la percezione delle minacce derivanti dalle cyberwar: “Poiché la maggioranza delle aziende ha dovuto riorganizzarsi con ambienti di lavoro remotizzati”, ha notato Liviu Arsene, global cybersecurity researcher di Bitdefender, “il 53% dei Ciso a livello globale teme di doversi occupare di violazioni alla propria rete, a causa del cyberwarfare. Il panorama della sicurezza si sta evolvendo rapidamente per adattarsi alla nuova normalità, fatta di forza lavoro distribuita e relative minacce. Le guerre tecnologiche fanno parte di questo scenario, accentuando lacune e impreparazioni da colmare”.

Non ci sono solo i problemi di natura globale a generare preoccupazioni. Il ransomware non è affatto una minaccia debellata, tant’è vero che il 44% dei manager italiani interpellati ne ha registrato un’impennata nel 2020 e l’aspettativa è so un aumento nei prossimi 12 mesi (55% da noi, ma 70% a livello mondiale). Il 42% arriva a temere di dover chiudere se un attacco andasse a buon fine e non si fossero di pari passo adeguati gli investimenti per la difesa.

Liviu Arsene, global security researcher di Bitdefender

Anche qui, il lavoro da remoto potrebbe essere la principale causa della recrudescenza, poiché non tutte le postazioni collegate in rete sono protette a dovere e, inoltre, c’è ancora una cospicua quota di società disposta a pagare pur di prevenire la pubblicazione di informazioni sensibili. D’altra parte, la colpa non è solo dei massimi responsabili, poiché il 54% dei Ciso e Cio italiani ritiene che occorra cambiare il modo di comunicare le problematiche di sicurezza per poter ottenere maggior attenzione e, quindi, risorse economiche. Il 37% comprende di dover utilizzare un linguaggio men o tecnico, mentre il 35% sottolinea la necessità di dover puntare si più sul concetto di rischio aziendale per ottenere una più alta sensibilizzazione.

Il deficit di competenze resta un tallone d’Achille per le aziende e il 59% del campione nazionale sostiene che questo tema comprometterà gravemente il settore se proseguirà per i prossimi cinque anni. Ma Bitdefender rileva un altro aspetto da tenere in considerazione: “Dobbiamo iniziare a pensare di colmare il gap di competenze in un modo diverso, concentrandoci sulla diversità, e in particolare sulla neurodiversità, se vogliamo mantenere la nostra posizione e provare a debellare la criminalità informatica", ha concluso Arsene.

 

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