Android Things pone le basi per l’Internet delle Cose “leggero”
Google ha svelato in anteprima la nuova versione verticale del proprio sistema operativo, dedicata all’IoT. Gli sviluppatori potranno sfruttare Sdk, Play Services e soluzioni cloud per creare nuovi oggetti connessi in diversi ambiti. Qualcomm ha già annunciato che i prossimi chip Snapdragon supporteranno la piattaforma.
Pubblicato il 14 dicembre 2016 da Alessandro Andriolo

La base è sempre quella di Android, ma l’ambito applicativo è differente. Dopo smartphone, tablet, dispositivi indossabili e automobili, Google ora punta con forza all’Internet delle Cose. Big G ha infatti svelato in anteprima assoluta Android Things, definito come il sistema operativo per il mondo degli oggetti connessi. La piattaforma, disponibile in versione developer preview, deriva in larga parte da Brillo, la soluzione IoT presentata da Mountain View nel 2015 e integrata per prima da Asus in un prototipo di hub per la casa. Android Things potrebbe quindi essere visto come una sorta di aggiornamento di Brillo: un ecosistema che necessita di specifiche tecniche minime per far funzionare gli oggetti connessi e per metterli in comunicazione tra loro. Il gruppo californiano sta mettendo in queste ore nelle mani degli sviluppatori una piattaforma più ricca, perché comprende per esempio Android Studio (l’Sdk della casa), Google Play Services e l’accesso ai servizi cloud.
“E, nei prossimi mesi, forniremo aggiornamenti all’anteprima per portarvi l’infrastruttura adeguata per distribuire con regolarità le patch del sistema, le correzioni ai bug e i vostri update personalizzati: senza dimenticare la connettività fornita da Weave e molto altro”, ha scritto in un blog post Wayne Piekarski, developer advocate for IoT di Big G. Weave è un protocollo di comunicazione che permette ai dispositivi IoT di interagire tra loro, abilitando anche comandi remoti con applicazioni mobili e Web.
La società sta inoltre aggiornando Weave, in modo da renderlo più facilmente interoperabile con altri servizi, come Google Assistant. La tecnologia è già utilizzata da realtà come Philips e Samsung ed è in fase di implementazione nelle soluzioni Belkin Wemo, LIFX, Honeywell, Wink, Tp-Link e First Alert. Weave supporta anche un Device Sdk per microcontroller specifici, in modo che gli sviluppatori possano approfittare di schermi preconfigurati per oggetti come le lampadine intelligenti o i termostati.
Con Android Things, l’obiettivo di Google è stato quello di ottenere un ecosistema leggero, che si potesse installare con facilità su schede economiche come le Raspberry (oppure le Intel Edison o le Nxp Pico). Con una spesa minima, gli sviluppatori potranno elaborare soluzioni potenzialmente infinite: dall’IoT industriale alla smart home, per esempio. E non è un caso che un produttore di chip del calibro di Qualcomm si sia già fatto sentire, annunciando una collaborazione con Big G.
L’azienda ha dichiarato che la prossima generazione di processori della famiglia Snapdragon supporterà Android Things. La piattaforma integrata sui chip Qualcomm includerà connettività cellulare, Wifi e Bluetooth; compatibilità con un grande numero di sensori; funzionalità grafiche, multimediali e interattive; possibilità di catturare immagini; sicurezza basata sull’hardware e molto altro.
La partnership tra i due gruppi non è ovviamente nuova, in quanto i chip Snapdragon trovano posto in una larga fetta dei dispositivi Android in commercio, a partire dai primissimi device lanciati sul mercato nel primo decennio degli anni Duemila.
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