Pubblicato il 08 maggio 2018 da Redazione
L’Internet delle cose firmato Google è realtà. Big G ha pubblicato la prima versione stabile (1.0) di Android Things, il sistema operativo per gli oggetti connessi svelato in anteprima a fine 2016. L’annuncio del colosso californiano arriva a distanza di poche ore dall’apertura della conferenza per sviluppatori I/O, che sarà inaugurata oggi a Mountain View. La nuova piattaforma permette di progettare, operare e mantenere dispositivi IoT su larga scala, offrendo ampia compatibilità hardware, numerose Api e un sistema di aggiornamenti software erogabile over-the-air grazie all’infrastruttura di Google. Al momento, le schede e i system-on-module (Som) supportati sono Qualcomm Sda212 ed Sda624, Mediatek Mt8516, Raspberry Pi 3 Model B, NXP i.Mx7d e i.Mx8m. È uscito invece dalle “grazie” di Big G il Som Nxp i.Mx6ul.
“I moduli”, scrive l’azienda, “sono certificati per l’utilizzo in produzione con una garanzia di tre anni, il che rende più facile portare prototipi sul mercato. L’hardware per lo sviluppo e i reference design saranno disponibili nei prossimi mesi”. Entro la fine dell’anno è attesa la prima generazione di nuovi prodotti intelligenti basati su Android Things sviluppati da terzi, come Lenovo, Lg e Jbl. Si tratterà di display e speaker smart, con Google Assistant integrato (presente a inizio anno su circa 400 milioni di dispositivi).
Big G è quindi pronta ad aggredire definitivamente il giovane mercato dell’IoT il quale, secondo dati di Gartner, sarà popolato nel 2020 da oltre venti miliardi di oggetti connessi. È molto probabile che Android Things rappresenterà uno dei momenti salienti del keynote di Sundar Pichai, Ceo di Google. Ad oggi il progetto ha ricevuto il supporto di oltre diecimila sviluppatori e l’Sdk del sistema operativo è stato scaricato centomila volte.
Un’altra novità in arrivo dal gruppo californiano, invece, riguarda la struttura organizzativa. L’azienda ha infatti annunciato che una delle sue divisioni più importanti, Research, si chiamerà d’ora in poi Ai, vale a dire artificial intelligence. È un segnale di rilievo, in quanto Google non vuole più nascondere la rilevanza di questo insieme di tecnologie per il proprio business. Il cambiamento investirà non solo i prodotti consumer, ma riguarderà anche tutti i progetti di ricerca scientifica.
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