Apple ammette difficoltà dell’iPhone in Cina, stime ribassate
La società di Cupertino ha rivisto al ribasso, per la prima volta dal 2007, una stima di fatturato trimestrale. E Tim Cook ha ammesso l’esistenza di un problema cinese.
Pubblicato il 03 gennaio 2019 da Valentina Bernocco

Per Apple il 2019 è cominciato insolitamente male: con un ritocco al ribasso delle stime di vendita. Per colpa, secondo Tim Cook, del rallentamento della domanda di iPhone in Cina, la previsione per il trimestre terminato al 29 dicembre scorso non mostra più la forbice compresa tra 89 e 93 miliardi di dollari di fatturato, precedentemente ipotizzata, ma si ferma ad appena (si fa per dire) 84 miliardi di dollari. Lo ha comunicato la stessa società di Cupertino ieri, provocando un calo del titolo del 7,7% in Borsa nella contrattazione after-hours.
Il dato sui ricavi trimestrali previsti è inferiore non solo alla precedente stima di Apple ma anche ai 91,5 miliardi di dollari stimati dagli analisti, ed è degno di nota perché per la prima volta dal lancio dell’iPhone nel 2007 l’azienda ha rivisto in senso negativo una propria proiezione di fatturato. Già nel novembre scorso, nel commentare i risultati non esaltanti del primo trimestre fiscale, l’amministratore delegato aveva citato a giustificazione il rallentamento di tre mercati emergenti, cioè Brasile, India e Russia.
Specificando, però, che la Cina non rientrava tra le sue preoccupazioni. Ora è stato costretto ad ammettere l’errore di valutazione, scrivendo in una nota rivolta agli investitori che “Ci aspettavamo alcune sfide in mercati emergenti chiave, ma non avevamo previsto l’entità del rallentamento dell’economia, specialmente nella Grande Cina”.
Problemi ed errori dell’iPhone
Per Apple il Paese del Dragone è stato fonte di grandi gioie e rappresenta ancora uno sbocco commerciale irrinunciabile, ma con parecchi dolori associati. Il rallentamento della corsa allo smartphone, generalizzato in tutti i mercati avanzati, in Cina si è sommato all’affermazione decisa di marchi nazionali anche nella fascia alta, quella presenziata dall’iPhone: Huawei e Xiaomi, innanzitutto.
L’annosa battaglia legale con Qualcomm è recentemente sfociata in una richiesta di blocco delle vendite di iPhone sul territorio, blocco che Apple sta cercando di aggirare. L’azienda di Cupertino si è anche dovuta piegare al compromesso, delegando la gestione dei dati di iCloud cinesi a provider filogovernativi, pur di rientrare nei termini delle leggi locali.
A tutto questo si aggiungano anche le possibili conseguenze del recente arresto in Canada, voluto dal governo statunitense, della chief technology officer di Huawei, la figlia del fondatore, Meng Wanzhou: come raccontato da Tim Cook in un’intervista a Cnbc, alcuni consumatori cinesi hanno scelto di non acquistare più iPhone e altri prodotti Apple in una sorta di boicottaggio delle tecnologie di società americane. Ma “il problema più generale”, ha sottolineato il Ceo, “è il rallentamento dell’economia, seguito dalle tensioni nel commercio ulteriormente accentuate”.
L’iPhone in Cina arranca però da qualche trimestre, quindi da prima dell’arresto di Wanzhou e della guerra dei dazi intrapresa da Donald Trump. Nell’interpretazione degli analisti, fra le molte cause della difficoltà ci sarebbero gli elevati e non più giustificati prezzi del melafonino. “Parte della motivazione è che il price point è salito troppo, oltre i mille dollari”, ha detto fra gli altri Kiranjeet Kaur di Idc. “Cioè quasi tre volte il costo dei telefoni di altri produttori che affollano il mercato di massa”.
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